MICHAIL ROMM Il fascismo ordinario [1965]

di Orsola Puecher

Ho molto, forse troppo, evocato voci e storie a me molto vicine, ma a volte la malinconia chiede distanza, silenzio, cerca quiete nella dimenticanza, vuole addolcire la sofferenza individuale in un dolore comune, in una reazione ad esso razionale e “politica”.

Qualsiasi mezzo attraverso il quale lo spettatore è costretto a guardare inquadrature familiari come se non le avesse mai viste prima, o con il quale la mente dello spettatore si fa più attenta al significato più ampio dei vecchi materiali, questo è lo scopo di una corretta compilation.

[Jay Leyda (1964), Films Beget Films, London: Allen & Unwin.]


Il Fascismo ordinario, documentario del regista Michail Romm, assemblato nella Russia post staliniana con spezzoni di pellicola requisiti dopo la fine delle Seconda Guerra mondiale a Berlino, è una lunga meditazione sul fascismo, sul nazismo, sui fascismi e sulle dittature in genere, e quindi, in controluce, sullo stesso totalitarismo russo; offre molte immagini, alcune ormai familiari, altre ancora inedite, che riescono a sorprendere e ad aprire nuove prospettive di riflessione nella attuale, spesso un po’ ripetitiva e involontariamente retorica, ridondanza di commemorazioni e testimonianze per il Giorno della Memoria.


Il racconto è affidato principalmente al montaggio, ai fermo immagine significativi e alla contrapposizione mirata dei vari spezzoni d’epoca, materiale propagandistico di cinegiornali e Kulturfilm nazisti, fotografie, con l’aggiunta di alcune parti girate al momento, in tempo di pace, che ampliano la scala temporale e creano un effetto emotivo particolarmente efficace e proiettato nel presente.

Ho cominciato a raccogliere materiale secondo il seguente principio: quello più rilevante su Hitler è stato messo in un rullo, Göring è entrato in un’altro, un terzo rullo era riservato a gente che posava corone, un quarto alle parate militari, un quinto alle folle plaudenti, un sesto alla vita quotidiana dei soldati, e così via. Ho diviso il materiale fino in 120 possibili temi civili e militari, fra temi dal periodo pre-Hitler e del periodo di Hitler. Il materiale è stato organizzato in questi argomenti e poi messo insieme in singoli episodi.

[Romm 1965: 4]

Abbiamo montato il film come un film muto. Ho improvvisato il commento sezione per sezione, senza pensare alla sincronizzazione, senza perseguire effetti standardizzati «documentario», come fosse un monologo dell’autore, come se stessi pensando al materiale in quel momento, invitando lo spettatore a pensarci, contemporaneamente. A mio parere è stato proprio questo mezzo artistico – l’interazione fra la carica emotiva, il montaggio artistico e il monologo dell’autore – che ha dato al film la sua speciale qualità.

[Romm 1975: 279]



Il commento non è un testo scritto affidato alla voce fuori campo manierata di uno speaker professionale e impersonale, ma quella che si sente è la voce dello stesso Romm, che chiosa con tono discorsivo, a volte ironico, a volte solenne i singoli spezzoni, in presa diretta.

Il documentario inizia e finisce in un asilo moscovita. I disegni di alcuni bambini sono il simbolo della creatività naturale, innata in ogni uomo, che sempre viene brutalizzata dal concetto di massa inerte e non pensante, insito in tutte le dittature. L’individualismo borghese non era uno dei peggiori peccati, punito con il Gulag anche dal regime sovietico?
Attraverso l’analisi storica dell’ascesa del nazismo e della sua caduta, i filmati di propaganda, delocalizzati dal loro contesto originale, finiscono per essere rappresentazioni tragicomiche. Romm le commenta in prima persona, spesso riferendosi direttamente al suo pubblico con domande, e arriva a impersonare, nel Capitolo Otto, Hitler stesso che narcisisticamente sfoglia il suo album fotografico di pose improbabili.
Dopo la fabbricazione del monumentale tomo mistico del Mein Kampf, con pergamena e acciao, destinato a durare mille anni come il Reich, ecco le parate militari con svastiche e tamburi, prima ancora dell’avvento del nazismo, e le feste popolari con milioni di salsicce. Ed ecco che viene analizzato un’aspetto particolare della questione razziale: il tentativo di ottenere una razza pura attraverso l’inseminazione programmata di donne fertili ad opera di soldati e SS, per ottenere i perfetti pargoli “Doni al Führer”, con la buffa dotazione di culle portatili con cui i soldati venivano equipaggiati, quando andavano in licenza, per spingerli a fare il loro dovere di inseminatori ariani.
Non può mancare una fugace ma pregnante apparizione del nostro Mussolini, l’inventore della parola fascismo e del gesto, il saluto romano, che Hitler gli ha solo bellamente copiato con un angolo leggermente diverso, e campione assoluto per il martellamento della propaganda.
Qui è protagonista di un tipico filmato al balcone, con la solita gestualità demenziale, di cui Romm dice:

Il contenuto del discorso e’ irrilevante. E’ necessario vedere la sua faccia, piuttosto che ascoltare quello che sta dicendo.

Alla sua sinistra ondeggia una specie di fantasmatico alone nero, messo dal montatore per nascondere un certo tal personaggio che gli stava accanto e che, in quanto a lui particolarmente inviso, era stato cancellato se non dalla Storia, almeno dalla pellicola.
Il plagio e l’imbarbarimento della massa, che doveva essere pronta a obbedire agli ordini più terribili, inizia dall’infanzia e investe ogni aspetto della vita tedesca. Perfino i crani dovevano essere regolari e corrispondere a rigidi parametri ariani.
L’ordinarietà del fascismo, la sua quotidianità sta, quindi, sia nell’essere consapevolmente instillato e permeato in ogni aspetto della vita, stimolando gli istinti peggiori dell’essere umano, che nella conseguente convivenza di vita normale e barbarie, attraverso cui si acquisisce una stolida, ottusa insensibilità dei limiti dell’umano.

Dal diario del dottore in medicina e filosofia, professore straordinario Josef Kramer:

Ho partecipato a una speciale attivita’ oggi.
Era piu’ terribile dell’Inferno di Dante.
Abbiamo dovuto ordinare nuovi pantaloni, stivali e una giacca da Berlino.
Abbiamo dovuto assistere nuovamente un’attivita’ speciale.
Questa volta, sono state selezionate donne denutrite per lo sterminio.
Sapevano cosa stava per accadere e le SS hanno un po’ faticato con loro.
Il menu del pranzo e’ zuppa di pomodoro, mezzo pollo, birra a volonta’ e gelato alla crema di vaniglia.
Di sera – una piacevole cena presso la casa del comandante.

 

Il lungo percorso attraverso le immagini e gli orrori della guerra finisce là dove era cominciato, con i bambini dell’asilo moscovita, perché:

Non esistono bambini cattivi.
Tutti i bambini del mondo sono buoni.
Tutto dipende da come formeremo i loro caratteri, da come li trasformeremo.

Il documentario termina con una piccola fiaba raccontata da una bambina:

C’erano una volta un vecchio e sua moglie. Avevano una gallinella maculata.
Un giorno la gallina depose un uovo, e non era un semplice uovo, ma uno d’oro.
Il vecchio cerco’ di romperlo e non ci riusci’.
Hanno continuato a cercare di romperlo, ma inutilmente.
Un topo corse e agito’ la sua piccola coda; l’uovo cadde e si ruppe.
Il vecchio pianse, e la moglie pianse, ma la gallina disse: “Non piangere vecchio,non piangere vecchia donna! Faro’ un nuovo uovo, questa volta non uno d’oro, ma semplice.

[trad. sottotitoli inglesi di Orsola Puecher]

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8 Commenti

  1. grazie per questo documentario rarissimo, da quel che ho capito, e per i sottotitoli. E per la pagina nel suo complesso. Per la tipografia digitale che è elegantissima. E per la giustapposizione di citazioni e racconto/spiegazione che, a mio parere, ha un impatto didattico notevole.

  2. in tema di utilità,i fascisti,gli integralisti,sono roba da documentario(sempre tenendo presente che gli stessi sapendo che in campo aperto non possono nutrire grosse aspettative hanno da tempo ripiegato dietro le quinte e seguono alla lettera il capitolo 13 dell’arte della guerra,quello che parla dell’utilizzo delle spie,per cui ora i fronti democratici sono pieni di infiltrati che provano a rovesciare il senso delle cose.Provate a dormire con un occhio solo)

    http://www.youtube.com/watch?v=LUNwCiAw_Lo

  3. Interessante davvero, grazie. Il titolo ricorda il saggio di H.Harendt (banalità del male), la cui prima edizione è del 1963. I russi (o il solo Michail Romm) potrebbero aver prestato qualche attenzione all’ottica proposta dalla studiosa tedesca.

  4. Q quando Orwell parlava della società del controllo, non parlava del comunismo, ma proprio del dominio delle banche, del controllo continuo dei servizi segreti. Così sarà la nuova società, etero diretta, rincretinita dalla tv e dai mass media, dalla smania dei soldi e del mercato che non si faranno mai. Di un’ologarchia dominante, mentre i poveracci, giovani vecchi vengono mandati via e non avranno mai un lavoro.
    E gli Usa che non semetteranno mai di fare guerre per il petrolio. Mai. E di un liberalismo di nome, che non è libertà ma oppressione dei ricchi sui poveri schgiavi della miseria e del lavoro sottopagato. Dei paesi in cui i bambini muiono di fame, dei paesi con muri, delle migranze, della corruzione. E delle donne offese e stuprate,non solo nei paesi in cui c’è laguerra, ma ANCHE NELLE NOSTRE CEMENTIFICATE CITTa’. Era questo che volevamo, era questa la LIBERTà IL SOGNO DI UN MONDO IN CUI tutti partivano dalle stesse condizioni? E’ questo il vostro Occidente? E parliamo di Pinochet, di Franco protetto dalle potenze occidentali, di Lumumba ucciso dai sicari. Tutto un mondo che si stava liberando, ma poi….conta di più il benessere dell’occidente e di pochi nell’occidente. Dov’è la banalità del male? Hannah Arendt avrebbe voluto vedere i palestinesi miserabili chiusi nella striscia di GAza? e IL M URO CHE DVIDEI COLONI RICCHI DAI POVERACCI, I DANNATI DELLA TERRA. cHE CI SARANNO SEMPRE., FINCHè NON SAREMO AFFASCINATO DAL mALE, ANCHE DALL’INTEGRALISMO DI ALTRE RELIGIONI. pENSIAMO A COME SALVAREGLI UOMINI, QUELLI COME NOI, DI DIVERSI COLORI DI PELLE, DI DIVERSELINGUE, RELIGIONI. pENSIAMO A UN MONDO DOVE I BAMBINI NON MUOIANO. nON MESCOLIAMO TUTTO.

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orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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