Articolo precedente
Articolo successivo

Videogame: Doom3

di Jan Reister

Negli ultimi 15 anni i videogiochi hanno raggiunto un ruolo nella nostra società pari a quello del cinema: successi commerciali con milioni di giocatori, lunghe produzioni con budget milionari, enormi investimenti tecnologici, un sofisticato lavoro di squadra tra competenze diverse: sviluppo software, progettazione di livelli di gioco, design dell’interazione, arti visive, design del suono e composizione musicale, scrittura e sceneggiatura. Allo stesso tempo si tratta di un mondo ancora aperto, con molto spazio per piccole case indipendenti che non di rado riescono ad avere successo con le loro sole forze.

doom3_icon_desaturatedDoom3 (2004) è un buon esempio di questa industria e delle forze e debolezze del videogioco moderno. Giocarci ora, 9 anni dopo la sua prima pubblicazione (2004), ha inoltre alcuni vantaggi: costa meno, si gioca meglio su hardware moderno ed economico, si può apprezzare di giocare un classico che ha superato la prova del tempo e che ha influenzato profondamente la tecnologia ludica.

E’ un First Person Shooter (FPS, sparatutto in soggettiva) per computer, controllato da mouse e tastiera e con la grammatica di controllo standard in questo genere di giochi. Il protagonista è un soldato inviato nell’anno 2145 su Marte nella base della Union Aerospace Corporation (UAC, un conglomerato militare-industriale) per svolgere una missione legata a una strana serie di incidenti. Ben presto assiste ad episodi di follia, esplosioni e aggressioni da parte di zombie, militari ostili ed esseri mostruosi da affrontare e sconfiggere con le armi a disposizione.

doom3-2004-08-15-11-58-04-5L’interazione del giocatore con l’ambiente avviene attraverso il movimento spaziale, le armi e manipolazioni semplici. Il gioco segue uno schema a missioni, che consistono nel muoversi da un punto a una destinazione in ambienti ignoti, raccogliendo oggetti e risolvendo enigmi fisici. A intervalli regolari delle missioni chiave con boss di livello permettono di avanzare nello schema del gioco.

La storia viene raccontata attraverso tagli di scena in video e con gli artefatti incontrati durante le missioni: email e audioappunti di soldati, scienziati e amministratori, filmati di addestramento della UAC, manuali tecnici. Le narrazioni secondarie sono talvolta assai dettagliate: vi si percepisce la personalità dei personaggi incontrati (ingegneri, soldati, ricercatori), l’ambiente disfunzionale, burocratico e compartimentato in cui lavorano, il cinismo della UAC, ben descritti negli anodini video di addestramento che si incontrano nella base marziana.

flashlightIl gioco si richiama a Doom (1993) nella storia e nell’ambientazione: gli ambienti sono spesso bui, labirintici ed opprimenti, gli esterni sono inospitali. Deve molto anche ai successivi Quake e QuakeII di ID Software, per la dimensione esplorativa negli ambienti, le architetture monumentali, i problemi fisici (i classici salti, piattaforme mobili e movimenti a tempo). Viene usata abbondantemente l’oscurità come elemento di incertezza per coinvolgere emotivamente il giocatore: molti livelli sono in penombra e alcuni assolutamente bui, la torcia elettrica non è utilizzabile insieme ad un’arma e ciò costringere il giocatore a scegliere se vedere o sparare, o a snervanti cambi di mano tra pila e fucile divenuti ormai proverbiali.

doom3-2004-08-20-06-06-50-6La storia si dipana in aree sempre più profonde della base marziana, svelando man mano le cause sovrannaturali e al contempo concretamente umane degli incidenti in corso nella base, con effetti grafici spettacolari e talvolta nauseanti. Le scelte artistiche di disegno grafico sono rigorose dando all’intero gioco una consistenza unitaria ed esteticamente interessante, che rende ancora più impressionanti le scene a tinte forti gore e splatter. Il tutto è accompagnate da un design del suono molto attento che contribuisce a creare un’atmosfera opprimente, solenne e disperata.

doom3-2004-08-20-06-42-49-5Nonostante gli elementi di spaesamento, le narrazioni collaterali e l’interesse artistico, l’esperienza di gioco è lineare, alla portata di tutti giocatori. I corridoi apparentemente labirintici della base UAC sono in realtà percorsi obbligati in cui è impossibile perdersi, le interazioni con gli avversari seguono schemi riconoscibili e ripetitivi, i bivi della storia portano a conclusioni standardizzate. Il gioco realizza così un compromesso accettabile tra lo sparatutto puro e semplice, il survival horror, la narrazione di fantascienza ed il gioco esplorativo.

doom3-2004-08-15-15-19-42-0Ogni gioco ha una componente simbolica e porta allo sviluppo di specifiche competenze: per gli scacchi la strategia militare nello scontro fra eserciti, nel go il controllo del territorio e l’influenza sull’avversario, nel mancala i cicli e la gestione delle risorse.

Se il solo modo per giocare è sparare, i giochi FPS insegnano che uccidere l’avversario è naturale e che la guerra riguarda solo i soldati, mai le popolazioni civili. In Doom3 curiosamente l’ambientazione militare contrasta con lo svolgimento della storia, che propone un forte scetticismo nei confronti dell’autorità e del potere. Rimangono comunque gli aspetti ideologici tipici del genere: la sparizione dei cadaveri degli uccisi allo scopo di rendere più accettabile l’azione (in Doom3 solo per gli esseri demoniaci), le medicazioni con cui si può rigenerare all’infinito il proprio stato di salute, l’identificazione degli avversari con mostri alieni nel più classico cliché di disumanizazione del nemico.

Doom3 ha avuto un enorme successo commerciale e un impatto profondo sulla cultura popolare. Nel 2005 è uscito un pessimo film basato sulla trama del gioco, un seguito del gioco (Doom3 Resurrection of Evil) piuttosto divertente da giocare, ma artisticamente inferiore, e nel 2012 una edizione speciale (BFG Edition) dedicata all’arma più grossa dell’arsenale di gioco, il big freaking gun.

Il motore software del gioco (id Tech 4) è stato successivamente usato in vari giochi commerciali (tra cui Quake 4, Prey, Enemy Territory Quake Wars). Nel 2011 il codice sorgente è stato rilasciato con licenza aperta GPL, come tutti i precedenti motori di ID Software. Il progetto più interessante ad avvalersi di id Tech 4 GPL è finora The Dark Mod, un gioco stealth di ambientazione settecentesca con incursioni cyberpunk, sviluppato indipendentemente da una comunità di appassionati e distribuito in modo aperto e gratuito.

Doom3 su Wikipedia in inglese

Una recensione e guida visiva che mi ha molto influenzato: Doom3 walkthrough di Mike Mangold. Le immagini sono tratte da lì, tranne la prima che non riesco ad attribuire con precisione.

Doom3 BFG su Steam (la migliore opzione per giocarci su Windows)

Doom3 su Amazon per gli amanti del DVD nella custodia

Giocato su un PC con Linux, il DVD originale e leggendo la documentazione.

Print Friendly, PDF & Email

11 Commenti

  1. E’ vero quanto scrive Reister ma sul mercato mobile (quello dei dispositivi tablet e smartphone), il trionfo è dei giochini casual, i vecchi ammazzatempo, oggi Candy Crush Saga e un paio di anni fa Angry Birds. Voglio dire che la pervasività del pop lascia ogni forma di pensiero strutturato in retroguardia, esteticamente, anche nei videogiochi. Io sono un residuato dei primi anni ’80, Apple //c e avventure solo testo, sulle quali ho iniziato a conoscere il mondo, poi sono passato alla poesia e oggi che ho 40 anni non scrivo più poesie ma giochetti casual. Dell’ambito riportato da Reister se ne parlava tanto nei primi anni 2000 con Lara Croft & cloni. Dovreste provare a sentire qualche gamer professionale dei tempi, oggi avranno più o meno 30-35 anni e girano su piccoli gruppi dedicati in Facebook, anche italiani.

  2. A Giuseppe, ipotizzo: I giochi su computer (e suppongo console) offrono un’esperienza coinvolgente (immersiva), grazie a grande schermo, controllo dell’ambiente e della postura, danno la possibilità di giocare a Doom3 al buio con le cuffie senza essere disturbati, a Civilization con una mappa di grandi dimensioni, a WoW organizzando in parallelo la propria gilda su un forum.

    Sui dispositivi mobili lo spazio è ridotto e le occasioni frammentate, quindi vivono giochi brevi, passatempi, puzzle, parolieri, sorter, platformer, gestionali. In parte è così perché il mobile è un fenomeno nuovo, in fortissima crescita, e non si è ancora capito quale modello d’affari funzionerà. Nascono giochi nuovi, come Ingress.

    Altro tema da considerare è il modelo d’affari del videogame classico, che è vendere il gioco al giocatore, mentre quello del gioco mobile gratis e del quickie su facebook è più o meno vendere il giocatore e i suoi dati a qualcun altro.

  3. Ho smesso di frequentare i videogame, nel senso che ho optato per l’astinenza. Mi catturavano troppo in effetti. Ore e ore su Civilization, o Diablo a fine anni 90, o i giochi Lucas un po’ prima. UN amico mi ha regalato il cd di WoW ma non l’ho mai installato per non ricadere nella dipendenza. MI resi conto che dovevo comportarmi così quando, a 36 anni suonati, mi misi a giocare a Civilization una sera dopo cena e all’improvviso m’accorsi che cantavano gli uccelli, albeggiava.

    • Ho giocato a Civilization I molti anni fa per notti intere, facendo a turno puntando la sveglia per dividersi il tempo davanti a un vecchio pc. Con Civ III mi accorgevo di aver giocato troppo dai tremendi dolori posturali a schiena e spalla.

  4. sono un appassionato di FPS, giocavo in clan ad Unreal e successivamente a UT2k7 e CS. Ultimamente sono passato a Team Fortress 2 e le differenti modalità di gioco mescolate con le caratteristiche peculiari di ciascun personaggio, mi hanno bloccato lì già da qualche anno…

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (4/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards 8. LA TERRA PROMESSA What happens to a dream deferred? Does it dry up like a raisin in...

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (3/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards RAZZISMO AL CONTRARIO Boston, Massachusetts. 29 maggio 1987. La partita tra i Celtics ed i...

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (2/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards ZEKE THE FREAK Quando nell’estate del 1979 il mitico Bobby Knight, dalla cui corte Bird...

The clutch – canestri e razzismo sotto pressione (1/4)

di Riccardo Valsecchi - @inoutwards “Dal momento che l’uomo bianco, il vostro “amico”, vi ha privato del vostro linguaggio sin...

Etan Thomas: We matter – racial profiling in USA

Da ragazzino, il basket era tutto per me. Per la verità, non avevo un gran talento, ma conoscevo ogni...

Tre incontri sulla letteratura elettronica a Genova

Fabrizio Venerandi, autore dell'ebook Poesie Elettroniche coedito da Nazione Indiana, terrà a Genova tre incontri a ingresso libero sul...
jan reister
jan reisterhttps://www.nazioneindiana.com/author/jan-reister
Mi occupo dell'infrastruttura digitale di Nazione Indiana dal 2005. Amo parlare di alpinismo, privacy, anonimato, mobilità intelligente. Per vivere progetto reti wi-fi. Scrivimi su questi argomenti a jan@nazioneindiana.com Qui sotto trovi gli articoli (miei e altrui) che ho pubblicato su Nazione Indiana.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: