La Cicciona
di Romano A. Fiocchi
Guy de Maupassant, La Cicciona, traduzione e cura di Stefano Lanuzza, Stampa Alternativa – Nuovi Equilibri, 2013.
Il 6 luglio di centoventi anni fa moriva Guy de Maupassant. Moriva pazzo, causa la sifilide contratta da giovane, forse ereditata dal padre, forse trasmessagli dalle assidue frequentazioni di prostitute. Stampa Alternativa l’ha celebrato con un volumetto che non poteva uscire se non per i suoi tipi: La Cicciona, titolo originale Boule de suif, letteralmente Palla di sego, Palla di grasso, o anche Pallina, come suggerisce nella postfazione Stefano Lanuzza. È un libretto curioso, di cento pagine, con un opulento nudo di Renoir protagonista della copertina. Curioso e che incuriosisce a prima vista. Provate a leggerlo in metropolitana, su un tram o su un autobus e vi accorgerete di quante persone (soprattutto donne) notano il nudo in copertina, sbirciano il titolo e vi osservano cercando di carpire il contenuto. La Cicciona, specie in una società dove l’anoressia è la normalità, fa il suo effetto.
Lo farebbe ancora di più se si sapesse che la Cicciona è una prostituta e che tra i compagni di viaggio con cui sta fuggendo da Rouen, occupata dalle truppe prussiane, è il personaggio che più catalizza la benevolenza del lettore. Sì, una prostituta è meglio del conte de Bréville e signora, dell’industriale Carré-Lamadon e signora, del commerciante Loiseau e signora, ma anche del “rivoluzionario” Cornudet, idealista solo in apparenza, e delle due suore, pronte ad aiutare soldati contagiati dal vaiolo ma incapaci di riconoscere il bene in una prostituta. L’idea di rappresentare in pochi elementi caratteriali l’archetipo della borghesia francese dell’epoca (e non solo) è un’idea vincente, tanto che oltre all’adattamento cinematografico del 1945 di Christian-Jaque con una Micheline Presle affascinante e niente affatto boule de suif – alcune sequenze si possono vedere qui qui -, personaggi e microcosmo psicologico del racconto tornano in uno dei più celebri film dell’epopea western: Ombre rosse di John Ford del 1939 – per chi non l’ha mai visto, o avendo una certa età ne ha un improvviso richiamo nostalgico, il lungometraggio completo in lingua originale è visionabile qui qui –. Ombre rosse è a sua volta tratto dal racconto La diligenza per Lordsburg dello scrittore americano Ernest Haycox, che si rifà al racconto di Maupassant. Il finale del film è ovviamente adattato al pubblico dei western: la prostituta Dallas si riscatta andandosene a vivere con il bello e onesto fuorilegge – equivalente eroico di Cornudet – impersonato da John Wayne. Il perbenismo americano non avrebbe accettato una prostituta con il volto rigato dalle lacrime dell’umiliante irriconoscenza. Immagine invece, quest’ultima, che vela il personaggio di tenerezza sino a farlo più bello di quello che è.
Veniamo ora agli aspetti più letterari. La Cicciona è un racconto breve ma potente, scritto da un Maupassant di appena trent’anni. Pubblicato nel 1880 in un’antologia che rappresenta il manifesto del naturalismo (con racconti di Zola, Huysmans, Céard, Hennique, Alexis), riesce a coniugare la straordinaria capacità di osservazione con l’evocazione di sentimenti (e risentimenti) attraverso un linguaggio distaccato e realista, quasi anticipasse di settant’anni l’école du regard di Robbe-Grillet. Racconto simbolo, racconto considerato perfetto da Zola, “capolavoro destinato a durare” da Flaubert, La Cicciona è in sostanza un libro di denuncia: da un lato dell’assurdità della guerra, dall’altro della meschinità degli uomini ricchi o arricchiti, che pur essendo di condizioni sociali diverse si sentono – come scrive Maupassant – “affratellati dal denaro, membri della grande massoneria degli abbienti”.
C’è dell’altro. Tutto il libretto è attraversato da una sottile incessante ironia che non risparmia neppure i disturbi respiratori dell’albergatore: “I suoi polmoni, sibilando, esprimevano l’intera gamma dell’asma: dalle note gravi e profonde fino alle note acute dei galli giovani che provano a cantare”. Ma anche i nomi: dallo stesso albergatore, signor Follenvie ossia pazzo-nella-vita, al buffo Loiseau, in francese letteralmente “l’uccello”, ai nomi degli eroici e briganteschi reparti francesi che battono in ritirata: I Vendicatori della Disfatta, I Cittadini della Tomba, Gli Amici della Morte. È proprio da questi ultimi che prende inizio l’invettiva di Maupassant contro la guerra, contro le ambizioni di Badinguet – nomignolo di Napoleone III – e le vanaglorie del nuovo impero. Le prime dodici pagine sono una sorta di ouverture storica costruita con l’occhio acuto e sarcastico di un cronista di guerra (del resto Maupassant vi partecipò in prima persona). Sfilano allora i componenti di un’armata allo sbando che non dà affidamento neppure in chi la comanda: vecchi commercianti di stoffe e di granaglie, ex commercianti di grasso o di sapone a cui è stato conferito il grado di ufficiali solo per il loro denaro. Da questa moltitudine di personaggi sbiaditi, la patriottica Cicciona emerge come una delle poche figure vere e sincere.
Sono passati centotrentatré anni dall’impietosa fotografia scattata da Maupassant, eppure le cose non sono cambiate, così in Francia come in Italia e nel resto del mondo occidentale. Ecco perché se Ombre rosse resta soltanto una bella fiaba western, La Cicciona continua ad esercitare il suo fascino con la sua potente dose di attualità. Mettete un pulmino al posto della grande carrozza trainata da sei cavalli diretta a Dieppe, collocatela in una diversa zona di guerra al posto della Francia post Sedan, e vi renderete conto di quanto il racconto sia fresco e contemporaneo.
Stefano Lanuzza presenta un’ottima traduzione corredata di note particolareggiate e aggiornate (ad esempio il nomignolo Badinguet utilizzato anche per Sarkozy), talvolta persino eccessive (come le note esplicative sul mito di Tantalo e sull’alea iacta di Cesare).
Veste tipografica sempre originale, come è tipico delle edizioni Stampa Alternativa. Attenzione, nonostante tutto della Cicciona ci si può anche innamorare.
Che cosa significa ironia? In che senso “I suoi polmoni, sibilando, esprimevano l’intera gamma dell’asma: dalle note gravi e profonde fino alle note acute dei galli giovani che provano a cantare” è ironico?
Come si inseriscono i Follenvie e Loiseau di Maupassant in una tradizione onomastica che va dal Quaresmeprenant di Rabelais all’Asterix di Goscinny?