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I poeti appartati: Eliana Deborah Langiu

La silloge del disonore

La Silloge del Disonore

Giovedì 3 ottobre, alle 21, Eliana Deborah Langiu ha presentato alla libreria Trebisonda, La Silloge del Disonore (Galassia Arte Edizioni), da Malvina, eroica libraia di San Salvario a Torino.

Di questa sua opera ha scritto Maria Grazia Calandrone sul numero 284 (Lugio Agosto) di Poesia

“Eliana D. Langiu analizza la sventura di essere creatura umana in territorio di guerra, ovvero in luoghi completamente disertati dalla grazia. E lo fa inserendo il gergo tecnico militare in una lingua dell’umanesimo.
La Silloge del Disonore – dedicata alla missione in Afghanistan come centro del vissuto bellico più prossimo – si divide in tre sezioni, anticipate da una introduzione, aspra abbastanza da farci aprire le orecchie, come avvertiti da un’iscrizione sul cancello: qui non si usano simboli o lirismo, qui si analizzano i resti, si avanza frantumati tra i frantumi di ciò che è stato umano. Le quattro parti del ragionamento di Langiu, ciascuna aperta da una citazione da L’arte della guerra di Sun Tzu, possono essere applicate a qualsiasi conflitto: la stessa autrice precisa di avete scelto l’Afghanistan a causa della quantità di notizie diffuse proprio a ridosso di noi, che le ha offerto l’occasione di mettere al lavoro la leva silenziosa della poesia. in un discorso divulgativo confezionato in anni recentissimi, nel cuore di un errore umano che è partito dalla definizione della nostra missione di pace.“

Ho chiesto a Eliana di dare la possibilità ai lettori di Nazione Indiana di leggere alcune delle poesie contenute nella silloge. Eccole. effeffe

 

Ouverture


Quando le forze delle stesso Stato si combattono a vicenda,
questo è territorio dispersivo. […]
Dunque, su territorio dispersivo, non combattere.

Sun Tzu, L’Arte della Guerra.

con il coltello

nel petto

apro

da far uscire esistenze

dal taglio longitudinale

perpendicolare al cesareo

si aprono vite a croce
a piste desertiche

deserto questo vivere
a pezzi
tessere dei tuoi ricordi ricucite
chiusi a chiave

bianche pagine non stampate
scritte con succo di limone
criptate
a profani

eretici del rigirare esistenze tra le righe
nell’opportunismo poetico
in questa forma scolpita in forma aperta

di porta socchiusa a spiare

una squarcio quadretto familiare acustico
fa valutare te
persona
quasi raggiungibile l’umanità
di cui ti liberi nei liquidi torbidi
di bottiglie agli sgoccioli

odio e fastidio declinano l’affetto
quel poco che basta al ribrezzo
della normalità cui ti riferisci
che quasi nella polvere
a linee orizzontali e un poco oblique
a sostenere oggetti neri longilinei
nel giallo sabbioso di una terra

rivedo la figura e il viso
che per errore ho cancellato
tanti anni trasmissioni video
per rivedere un volto ignoto e nitido

nella casuale registrazione del ricordo

PARTE I

Per sottomettere un nemico, devi valutare te stesso, valutare lui,
e ottenere il sostegno del popolo. Questo è tutto.
Sun Tzu, L’Arte della Guerra.

non ringraziarmi per le cattive parole
sono parole vere

è la verità l’evoluzione un divenire

dici non contare su di me per quelle buone
un male portatore di bugie e mezze verità
masticate nel chicco di caffè corretto
perduto nel sambuca
verde vetro del bancone

in tua presenza
tessi arazzi di cattivo gusto
con le dita
tenute appese dai capelli grigi

siete in tanti appesi ai fili
di un coiffeur a sorpresa
dalla forbice facile e distratta
che taglia rasoiate dalla strada
o da una torretta

non mendicare quindi la tua unicità
venduta a mazzi di generazioni e scelte
non sei unico nemmeno in questa strada

città fu bellica per antonomasia

dio tua patria e famiglia

nel rinnegarlo costante
nell’accusarlo negl’altri
tua allucinazione karmica
vomitata su parole secolari
che poco hanno a che fare
con esperienza ecclesiastica

lo sottolinei ad ogni pie’ sospinto
questo cristo questa chiesa
che ti stanno tanto a noia
dalla scatola stretta che ti muove
non avendo dubbi sull’essenza cristianica
dell’interlocutore

prendi le distanze capitano
distanze di pensiero
tra te e te dieci anni prima
persona persa fraintesa
in congelata adolescenza

dio patria famiglia
affondano radici in te come
radici di un ficus secolare
invadono la strada i marciapiedi le case
la necessità deflagrante
di uccidere il cristo e sue diramazioni
sublimano esplosioni di polvere e chimiche
esaltazioni di potere decisionale

occasionale incontro favorisce criptate
battaglie di urne contraddizioni
nel tuo mostrarti agile
nello schivare l’eredità pesante di un paese
immensamente chiesa
di cui rinnegandola sei parte

blocca la crescita una vita accademica
sono ore di scultura a inaridire
il punto di vista
l’equilibrio sul limite estremo
troppo presto
sul tempo di crescita

la bocca si accosta alla vita
stordita dal non oltre
l’oltre girandola a vortice
tentativi di banali trasgredire

ascolti ascolti oltre mai presente
nei giri veloci d’inchiostro nero
della penna ricercata

nei giorni di terra lasciata
a casa

PARTE II

Col termine terreno, intendo la distanza, e se il territorio da percorrere è agevolo

o arduo, se è ampio o ristretto, e le eventualità di sopravvivenza o di morte che offre.
Sun Tzu, L’Arte della Guerra.

neve o polvere senza continuità
questa terra ignara a chiazze
degli eserciti
degli amici dei nemici

di questo simbolo vivente di democrazia
acquisita ad occidente
per tutti quelli che stanno ad ovest dell’Afghanistan

karzai presidente a macchia di leopardo
karzai sindaco di Kabul

la concentrazione bassa di attentati
nei territori più calmi
della NATO

non cambia la disposizione mentale
in vista della personale esplosione

divise e mezzi blindati
sono sempre equivalenti della guerra
per una popolazione occupata

sebbene non siano mancati casi
di evidente discriminazione
delle basi

le trame che ci legano l’un l’altro
ci sfogliano per strada pezzi a pezzi
non più uomini o donne ricordi

il vivo continua la sua vita per istinto
la sopravvivenza a volte è solo
questione di scelta

al di qua di una professione
quasi morti bianche sempre omicidi
alla fin fine
commessi da mani trasparenti
nate senza impronte né segni
mani di bambole assenti di linee
tirano i fili e succede che le trame
non reggano si spezzino prima
del tempo

una morte bianca è sempre casuale
ti pesca come una roulette russa e cadi
nella polvere perdendoti in quello
che ti è accanto

come chiedere scusa e le scuse
non sono mai abbastanza davanti
al disonore dei fatti

il quotidiano preferito
restituisce la giusta indignazione
su misura per le nostre inclinazioni politiche
in tutto questo non capiamo è tutta
un’astrazione questa metrica d’articoli
questo gergo editoriale
segna vendite e titoli più che le notizie
e non sapere cosa fare è forse l’unico
senso

ci restituiscono i giornali notizie calibrate
senza sottotesto
e lo cerchiamo per morbosità della natura

forse è vero che non c’è complotto
è tutto semplice tutto naturale

una giungla di cemento armata
di segnali e mezzi

che se non li capisci sei il prossimo a cadere

poi succede nella previsione
del disgelo
il nemico sorprende d’esuberanza
il nemico senza forma
il nemico senza faccia

a scadenza annuale prevedibili
i mezzi i tempi
solo i gusti più teatrali
tirano a contrattazioni fuori sede
tirano a delegittimare

chiusi nelle basi
chiusi nelle basi finché passa
questa primavera
finché smette di saltare a zolle
questa terra

ed è ritorno

PARTE III

Quando sei inferiore in tutto, se puoi ritirati.
Sun Tzu, L’Arte della Guerra.

un tuffo

dall’argilla alla vita
nella vita d’asfalto
vortici colorati della movida
tutto distante e stinto e confuso
nella gradazione della ripresa
di coscienza civile

ritorni mai del tutto

pezzi lasciati a parte sulla pista
segnaletica enzimatica
nella mappa grigia

si allontana il malessere
della tua pelle

è un incendio lontano fa capolino
se provo a pensarci tra il giorno e la notte

è con mia nonna l’incendio della tua pelle

è con i morti

resta una traccia nella memoria
un rievocare soffocato di sensazioni

è rapido cambiare tra l’uno e l’altro viaggio
nel tempo che porta cambiamento

nella sua definizione

lascio laggiù
i quattro graffi nella memoria
corto circuito destinato a bruciare nella scatola nera

costruisco in difetto il contenitore

non esisti negli altri universi sei morto
è in questo che ti ostini a vivere
per tentare di uccidermi
snocciolo parole per esorcizzarti
per ricacciarti nella tomba
da cui vieni

assetato di sangue vitale povero
come questo mio sangue annacquato
da decenni mestruali
periodicamente la tua mano
mi lacera l’utero
periodicamente la tua mano
strappa ovuli maturi

ti ricaccio dentro all’aut aut mentale
affondo un pugnale passando
a misura
all’ingresso dell’utero

avverto l’apparato riproduttivo
del pericolo

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francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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