lo stato terrorista
di Antonio Sparzani
che cosa vada esattamente inteso con il termine terrorista può essere oggetto di discussione e di interpretazione; io proverò a dire, cautamente e minimalmente, che, se applicato a uno stato, l’aggettivo indica uno stato che, incurante di leggi interne ad altri singoli paesi e di convenzioni internazionalmente sottoscritte, eserciti un potere derivante soltanto dalla propria potenza militare con il preciso e unico fine di perseguire propri interessi nazionali, economici e politici, e proprie aspirazioni di conquista e di controllo di sempre più estese aree del pianeta. L’aspetto terrorista deriva ovviamente dal fatto che il resto del pianeta, data questa prassi, non si sente più protetto da leggi e convenzioni, e vive nel terrore di finire nel mirino dello stato supposto militarmente più potente.
Che questo sia di fondo il programma politico globale degli Stati Uniti d’America emerge, ce ne fosse bisogno, da una delle ultime dichiarazioni di Barack Obama, il Grande Presidente Democratico, nero sì, ma laureato alla Columbia University e alla Harvard Law School, che, come già ricordavo qui, ha molto chiaramente decretato, in un suo caratteristico mix di improntitudine e delirio di onnipotenza:
«The cause of securing our country is not complete but tonight we are once again reminded that America can do whatever we set our mind to.»
Naturalmente questa dichiarazione, non certo nuova, è in perfetta continuità con tutta la storia dello stato, dai suoi inizi all’alba del XVII secolo in poi, a cominciare dallo spietato, efferato e sistematico sterminio delle popolazioni autoctone incontrate dai primi coloni nei territori dell’America del Nord.
I successivi passi di questa prassi oggettivamente e soggettivamente terrorista sono troppo numerosi per stare in un breve riassunto. Ma giusto per rinfrescare la memoria a qualcuno che rimanga soltanto abbagliato dalle meraviglie tecnologiche del Grande Stato Democratico, cui si arriva dall’Europa passando sotto (o sopra) la Statua della Libertà, fatemi proporre questo simpatico florilegio:
11 settembre 1973: gli USA, attraverso i loro vari organi istituzionali ― presidente Richard Nixon ―, servizi segreti, ecc., organizzano un golpe militare in Cile contro un presidente democraticamente eletto, Salvador Allende, con le conseguenze che tutti sappiamo nei decenni successivi.
25 ottobre 1983: i marines degli USA ― presidente Ronald Reagan ― invadono lo stato autonomo dell’isola di Grenada ― operazione “Urgent Fury” ― rovesciando il governo appena salito al potere di Hudson Austin, nel timore che si riveli un’altra spina nel fianco, dopo Cuba. Invasione peraltro subito condannata dall’Onu (col solo voto contrario statunitense) come un attentato alla sovranità di Grenada ed una violazione del diritto internazionale.
7-12 ottobre 1985: crisi di Sigonella, conseguente al dirottamento della motonave italiana “Achille Lauro”. Chi voglia un’adeguata cronistoria della vicenda può leggere qui. Tutta la vicenda è una continua testimonianza dell’arroganza, prepotenza e illegalità del comportamento delle forze USA presenti nell’area ― presidente ancora Ronald Reagan ―, cui solo una notevole fermezza, in quel caso, del governo italiano, Bettino Craxi regnante, pose un freno, qualsiasi siano state poi le ragioni che spinsero Craxi a tale atteggiamento.
20 dicembre 1989: invasione di Panama ― operazione “Just Cause” (sic!) ― ordinata dal presidente George H. W. Bush contro il regime panamense di Manuel Antonio Noriega, certo non un immacolato angioletto, ma comunque capo di uno stato sovrano.
17 febbraio 2003: Abu Omar viene sequestrato a Milano, in pieno giorno, come risultato di un’operazione del tipo detto “extraordinary rendition” gestita da 25 agenti della CIA (vedi qui su questo stesso blog).
La giustizia italiana ha perseguito il crimine, individuando almeno gli esecutori materiali dei quali ha chiesto l’estradizione, ovviamente negata dagli USA: ultimo episodio: l’ex capocentro Cia a Milano dell’epoca, Robert Seldon Lady su cui pende un mandato di cattura internazionale, viene catturato a Panama, l’Italia chiede l’estradizione, ma Panama rifiuta adducendo l’incompletezza della documentazione e mette felicemente il signor Lady su un aereo diretto nella sua patria; non vogliamo neppure immaginare le gentili pressioni esercitate dal governo USA su quello panamense.
2004: la denuncia degli orrori della prigione di Abu Ghraib, prigione centrale di Baghdad, dove le forze armate statunitensi si sono abbandonate a comportamenti autenticamente terroristici, indegni di qualsiasi convivenza civile. Del resto, in fatto di terrorismo nelle prigioni, gli USA non sono secondi a nessuno: si ricordi che l’attuale presidente aveva promesso di smantellare l’orrore di Guantanamo — in sé un capitolo a parte nell’articolato quadro del terrorismo di marca USA –, ma che, povero, “non c’è riuscito”.
2 maggio 2011: Osāma bin Lāden, amico storico di casa Bush per anni, ma poi caduto in disgrazia in quanto ritenuto capo di una organizzazione terroristica rivale, Al-Qāʿida, è stato ammazzato nel corso della cosiddetta operazione “Neptune Spear”, azione militare ovviamente al di fuori di qualsiasi legalità internazionale, si potrebbe così dire, tra opposti terrorismi. Ma su questo ho già appunto detto qui.
3 luglio 2013: gli USA fanno pressione sulla periferia dell’impero, in questo caso, Francia, Italia, Spagna e Portogallo, che prontamente scodinzolando ubbidiscono, affinché neghino diritto di sorvolo e rifornimento di carburante all’aereo che sta riportando in patria, da Mosca, il Presidente Evo Morales di uno stato sovrano, la Bolivia, per timore, rivelatosi del tutto infondato, che l’aereo trasporti un cittadino cui gli USA avevano testé annullato il passaporto, Edward Snowden, che finalmente aveva rivelato alcune delle pratiche illegali con le quali gli USA acquisiscono informazioni. Azione di vero terrorismo, diplomaticamente inaccettabile.
Inoltre:
Gli Usa ritengono doveroso e legittimo avere basi proprie nei territori di altre nazioni, “alleate”, o meglio “suddite”. Sul suolo italiano vi sono almeno sette, probabilmente di più, basi USA. L’Italia quante basi ha in territorio USA? E una qualsiasi altra nazione “alleata”?
In queste basi vale il diritto USA e la legge italiana non ha potere. Il 3 febbraio 1998 un aereo militare USA della base di Aviano trancia una fune della funivia del Cermìs e uccide 19 persone, tutti cittadini europei. Nessuno dei responsabili, tutti ben noti, è punito in Italia o, per quel che se ne sa, negli USA: leggete qui gli aspetti giudiziari del caso in Italia, che sono interessanti, compreso il giudizio finale della nostra Corte di Cassazione.
Senza contare naturalmente l’uso arbitrario e dissennato del patrimonio naturale che in questi luoghi extraterritoriali viene loro permesso, vedi la più recente vicenda degli impianti MUOS in comune di Niscemi, dove pure il nostro governo, per tramite del presidente della regione Sicilia, scodinzolando si adegua, malgrado l’evidente e legittima ostilità della popolazione locale.
Sempre in tema di voli illegali, sembra ormai normale la pratica dei cosiddetti “droni”, aerei senza pilota che scorrazzano nei cieli di paesi amici o nemici e, a seconda dei casi, fotografano, controllano o bombardano, nemici reali o immaginari, militari o civili, non importa.
Sono stato un anno negli USA per motivi di studio e ricerca, poco più di 40 anni fa. Ho imparato fin d’allora che è un paese politicamente detestabile, come bene canta Giovanna Marini.
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Solo negli ultimi 25 anni hanno bombardato la Somalia, il Nicaragua, Haiti, El Salvador, la Repubblica Dominicana, Panama, la Libia, il Sudan, l’Afghanistan, l’Iraq, la Jugoslavia. Il 5% della popolazione civile irachena e’ morta a causa dei bombardamenti e dell’embargo economico decretato dagli Stati Uniti nel 1990. L’ex segretario di Stato Madeleine Albright, quando si senti’ chiedere che necessita’ ci fosse di far morire 500.000 bambini iracheni a causa dell’embargo di cibo e medicinali, rispose che dal punto di vista americano ne era valsa la pena. Noam Chomsky invece disse altre cose che il terrorismo e la violenza sono soprattutto l’arma dei potenti, e che quando si sostiene il contrario cio’ avviene unicamente perche’ i potenti controllano anche gli apparati ideologici e culturali che consentono di far passare il terrore per qualcosa di diverso.
Jean Baudrillard ha offerto una spiegazione interessante del fenomeno grazie al suo saggio “Lo spirito del terrorismo”…
Più che gridare al terrorismo, andrebbero meglio spiegate ai cittadini le origini della padronale presenza americana nel territorio e attuate opportune azioni politiche (nazionali e internazionali) per controllarla e ridurla. Una minore acquiescenza degli “alleati” ostacolerebbe parecchie iniziative.
Quanto agli apparati di Niscemi, Crocetta ha dichiarato che la favorevole relazione tecnica (non ho capito da chi redatta) sui danni ambientali non gli lasciava altre possibilità d’intervento…
Su queste cose ha scritto cose definitive John Kleeves nei suoi libri. È tutto lì quello che c’è da dire sugli Usa riguardo all’argomento della violenza politica (interna ed internazionale).
Kleeves (alias Stefano Anelli) riteneva l’attentato alle torri una mistificazione, sullo stile di Capricorn1… Quando morì – il “curioso” caso di omicidio- suicidio con balestra/e – alcuni ambienti ipotizzarono una longa manus d’oltreoceano. Non penso possa costituire una fonte “definitiva”.
Molti suoi testi sono comunque interessanti e vale la pena di leggerli. Ecco una selezione (http://byebyeunclesam.wordpress.com/2010/10/01/john-kleeves-selezione-ragionata-di-articoli-ed-interviste) e anche una citazione. “Gli USA sono (…) un argomento complesso e difficile”
Beh, dovresti leggere *Vecchi Trucchi*, un libro molto interessante. Di certo più spietato ed oggettivo delle argomentazioni di Chomsky che da americano in parte si auto-censura o non coglie alcuni aspetti.
Che Kleeves fosse un paranoico non c’è dubbio, eppure i suoi libri sono molto argomentati e strapieni di informazioni. Sull’11/9 non saprei che dire, nei suoi libri non lo cita; mi atterrei a quelli più che alle sue cose auto-pubblicate.