La difficile manutenzione social-liberale
di Andrea Inglese
In Italia, c’è l’ingovernabilità, l’antipolitica e tutto quanto. Ma, si sa, noi abbiamo il baco antropologico, il guasto nazionale ereditario. La Francia, però, difetta di questo alibi. I francesi mica hanno patito vent’anni di fascismo, quaranta di democrazia cristiana, venti di berlusconismo e due mesi di Grillo. Essi si godono un presidente della Repubblica socialista e un governo a guida socialista nelle due camere dal maggio 2012. Inoltre Hollande, come ha ribadito fin dall’inizio del suo mandato, è un presidente normale, che non dice parolacce né urla ai microfoni. Tutto sembrerebbe quieto sul fronte della governabilità. Il progetto di legge sul matrimonio e l’adozione per tutti/e continua il suo iter parlamentare, nonostante le convulsioni della destra cattolica e l’occupazione delle piazze da parte di famiglie omofobe e per bene. Naturalmente, qualche incidente di percorso ha turbato l’attuale governo. C’è stato il caso dell’ex Ministro del Bilancio, Jérome Cahuzac, rivelatosi un evasore fiscale di tutto rispetto e un convinto spara palle di fronte al parlamento. Il solito fulmine a ciel sereno per i socialisti francesi, che sembravano usciti dalla lunga convalescenza del caso Strauss-Kahn. E un vero peccato, per una personalità così idonea ad un governo socialista in tempo di austerità e crisi. (Cahuzac non è stato solo un chirurgo estetico di successo, che ha creato con la moglie una clinica per impianti capillari, ma anche un brillante consulente di industrie farmaceutiche. Ed è forse in un contesto professionale così disinvolto, che è nata l’esigenza di mettere al riparo dalle tasse i propri copiosi guadagni.) D’altra parte, l’ombra del crimine finanziario e dell’evasione fiscale si prolunga sull’intero arco parlamentare, inclusa l’estrema destra lepenista, come risulta da alcune inchieste recenti. Hollande da presidente non solo normale, ma anche onesto – come gli si riconosce unanimemente – ha reagito con misure atte ad aumentare la trasparenza e il controllo sul patrimonio della classe politica, cominciando dai ministri del governo. Misure che se non potranno ristabilire una generale e definitiva onestà, si spera ritardino almeno l’insorgenza dell’antipolitica.
Quanto alla politica vera, quella che vola ben più alto di queste faccende d’ordine puramente morale, non sembra fornire al governo socialista particolari opportunità di successo. I sondaggi dicono che il Presidente è sempre meno amato dai francesi e, soprattutto, le statistiche indicano un tasso di disoccupazione prossimo al record storico del paese, toccato nel gennaio del 1997. A fronte di queste torve notizie, il 28 marzo Hollande ha deciso di giustificare in televisione gli esiti e gli obiettivi della sua politica. In tale occasione, la sua volontaristica fede nel sistema si è tradotta nella ripetizione frequente di formule apotropaiche quali “il nostro obiettivo è la crescita” o di metafore tecnocratiche quali “tutti gli attrezzi sono sul tavolo”. Si tratta, insomma, di preghiere laiche, che presuppongono il rito della buona manutenzione al fine di realizzare la salvezza produttiva ed economica del paese. Per consolidare la fede degli elettori, però, Hollande e il suo governo dovrebbero potersi appoggiare sugli officianti del rito, gli economisti in cattedra, scientifici e inappellabili. Ed è proprio questa alleanza che, in Francia, sembra essere oggi particolarmente fragile. I carismatici esperti di economia, di varie scuole e tendenze, stanno disertando in massa il fronte della produzione del consenso. In alcuni casi si tratta di una diserzione attiva e militante, come quella dei 630 firmatari del Manifesto degli economisti sgomenti, pubblicato nel 2010 e venduto a 80.000 copie. Questi ultimi non cessano di ricordare che nessun autentico governo della crisi sarà possibile senza aumento della spesa pubblica e dei salari, ovvero senza una ridiscussione radicale dei vincoli del trattato europeo di stabilità. (Sul sito Sbilanciamoci è disponibile una versione e-book del loro ultimo lavoro, L’Europa maltrattata, che analizza gli effetti economici, sociali e politici dell’introduzione del “Fiscal compact”.) Ma in Francia sono davvero molteplici le figure che portano avanti anche in ordine sparso e non da una prospettiva esclusivamente marxista una critica delle istituzioni economiche europee e dei suoi presupposti ideologici: dai seguaci della decrescita a personaggi anomali come Paul Jorion, antropologo di formazione, o Emmanuel Todd, sociologo e demografo.
In conclusione, la manutenzione politica social-liberale della crisi – quella condotta da Hollande in Francia e quella che sogna il PD in Italia – pare sempre più difficile, per via degli elettori reticenti o protestatari, o per la dissidenza degli esperti in economia, che contribuiscono all’indebolimento del dogma liberista, o semplicemente per l’andamento della realtà sociale stessa, che scivola verso miseria e disoccupazione, e non verso il rilancio produttivo ed economico. Intanto, però, in Italia si può ancora sperare. Si può sperare che tutto dipenda solo da Grillo, come ieri dipendeva tutto da Berlusconi. Questo vale soprattutto per la sinistra istituzionale, che si appella al senso di responsabilità e di normalità, mirando a svolgere una buona manutenzione del disastro, e in forme ben educate, se l’atavico carattere italiano glielo permettesse. Forse, guardando al di là dalle nostre frontiere, appare più chiaro che non c’è buona manutenzione della follia e del sopruso che tengano. Dall’inizio di questa crisi cinque anni or sono, la civiltà capitalistica sembra non essere stata in grado di perseguire altro obiettivo che il prolungamento della propria agonia. Questo fatto non determina, d’altra parte, né la scomparsa della fede nei miracoli né la sicurezza che un qualche destino migliore ci attende a fine corsa.
e comunque alla francia dobbiamo anche la rete,a dispetto del fatto che per uno sciovinismo declinato alla scazzo,ho sempre sostenuto che senza video on line di grauso tutto questo non sarebbe potuto succedere.In realtà oltralpe mentre noi armeggiavamo ancora coi baracchini con lo spirito da pionieri monomaniaci loro si erano portati avanti col lavoro organizzandosi col Minitel.Faremmo bene a non sottovalutarli mai
http://www.youtube.com/watch?v=W1dTNzGR09s
Questo fortunoso intervento di Vandana Shiva nella paludosa platea di Ballarò credo che possa racchiudere il senso di questo articolo in maniera molto concisa, rende meglio ancora di una voce dalla Francia, una voce dall’India:
https://www.youtube.com/watch?v=-N0CclTTIBg
Mah, i francesi non si dichiarano al momento felicissimi del loro Hollande, ma le loro faccende sono quanto meno gestite. L’avere degli avi che hanno issato le teste mozzate sulle picche li ha resi più cittadini e meno sudditi?
Battute (e grillini) a parte, la defezione degli economisti non sorprende, essendo la dannosa obsolescenza di certe teorie -spacciate per buone nei palazzi fino all’altro ieri-, abbastanza conosciuta. Mi piacerebbe vedere più in evidenza notizie, che credo circolino (ovviamente potrei impegnarmi a cercarle) su un’ipotesi di distribuzione ottimale della ricchezza e della forza lavoro in un’Europa “risanata”
Ma perché ostinarsi a non dire la verità fino in fondo, a tirare sempre in ballo il fascismo, la DC e il berlusconismo per descrivere il degrado morale, politico ed economico dell’Italia attuale. E’ un’analisi inadeguata. E il PCI prima e i Ds attuali dov’erano? Non mi si dica che erano all’opposizione. Altrimenti bisognerebbe rispolverare i concetti di partitocrazia, di lottizzazione e di manuale Cencelli di ingloriosa memoria di cui tutti si sono nutriti. La verità è che tutti i partiti italiani dell’arco costituzionale sono rami di uno stesso albero: incapaci di interpretare la realtà e di fra prevalere gli interessi generali su quelli privati. Appunto, una casta arroccata sui suoi privilegi.