Voci dall’oltrepolitica

http://www.youtube.com/watch?v=MXYK7VT6Umk

(Michele Monina ha pubblicato oggi, su El Pais, un articolo che qui ripropongo nella versione italiana. Un grazie all’autore. G.B.)

di Michele Monina

Alla fine l’ondata nuova, il tanto temuto (da alcuni) Tsunami ha travolto la politica italiana. O meglio, come uno tsunami che si rispetti, ha cominciato a travolgerla, e nelle prossime settimane, finirà di compiere la sua implacabile opera. Se questa tornata elettorale ha detto qualcosa di concreto è la vittoria del MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo. E già il chiamarlo così, il movimento di Beppe Grillo, suona decisamente ingeneroso nei confronti dei tanti, tantissimi attivisti che lo animano, e dei milioni di elettori che hanno deciso di dare un segnale molto deciso alla classe politica italiana.

In realtà, questa tornata elettorale di cose ne ha dette anche altre, altrettanto decise. Ha detto che la nostra classe politica, invece di cogliere segnali di malcontento tanto evidenti, non ha saputo fare di meglio che dar vita a quella che verrà ricordata come la più brutta campagna elettorale dalla nascita della Repubblica. Una campagna elettorale che non si è svolta tra la gente, fisicamente, ma in televisione, e dove i programmi elettorali sono stati sostituiti dagli insulti, o da trovate di marketing al limite dell’imbarazzo. Bersani che imita il suo imitatore, finendo per parlare più che altro di giaguari da smacchiare, Monti che si ritrova a bere birra e accarezzare cuccioli di cane in televisione per sembrare più umano di quanto non sia, Berlusconi che gioca l’ultima carta da imbonitore, smentito dal Governo Svizzero rispetto alla possibilità di un accordo che avrebbe dovuto coprire la restituzione dell’Imu, Giannino che, da noto notista economico, si scopre ciarlatano cum laude, e nel mentre, loro, i cosiddetti grillini lì, a riempire le piazze, a muoversi, atti a cambiare le cose. Che il MoVimento 5 Stelle non fosse una sciocchezza, ma la vera incarnazione italiana di una voglia di cambiamento, loro, i partiti tradizionali, l’hanno capito alla fine, troppo tardi, e l’ultimo giorno di campagna elettorale ne è la prova provata. Bersani a parlare a qualche centinaio di militanti in teatro, Berlusconi colpito da improvvisa e salvifica congiuntivite e loro, con Grillo, a riempire la roccaforte della sinistra e dei sindacati, Piazza San Giovanni a Roma.

Parlare di Rivoluzione, in Italia, è sempre difficile. Non ne abbiamo mai fatte, noi, di rivoluzioni. E quando qualcuno ha protestato, levato la testa, è sempre stato per mimesi con le altre nazioni europei, mai per spinta interna. Anche recentemente, niente Indignados, qui, niente Occupy. Stavolta sembra che qualcosa possa essere cambiata.

Preso atto che un quarto degli italiani aventi diritto di voto non ha esercitato questa funzione, grande segno di scontento, quel quarto dei votanti che ha scelto questa nuova forza politica, partita dal basso, autofinanziatasi e libera da parentele e coalizioni, è il vero dato importante, anche più del ritorno, fatuo, del Cavaliere. Con questi numeri anche solo pensare a un voto di protesta è ingenuo quanto supponente.

Chi oggi dichiara di aver vinto, che sia il Pd, alla Camera, o il PDL al Senato, sa in realtà di aver racimolato molti meno voti che in precedenza. Per quel che riguarda Monti, beh, è scomparso all’orizzonte, probabilmente con il suo nuovo amico, il cane Empatia. Hanno perso tutti quanti. Chi era inseguito e chi inseguiva.

Chi dice il contrario mente, sapendo di mentire.

Chiaro, ora potrebbe regnare il caos, ma tant’è, sono inconvenienti di una fase di transizione. Probabilmente si dovrà tornare a votare entro l’anno, ma, si spera, con facce diverse da quelle che ci hanno accompagnato negli ultimi vent’anni. Da uomo di sinistra, poi, mi auguro che da questa parte si smetta di guardare con supponenza e superiorità un movimento che quantomeno ha regalato un’idea di futuro una generazione fantasma. Basta parlare di populismo, citare Gramsci a sproposito per dimostrare che Grillo è il nuovo Mussolini. Siamo nel 2013 e certi paragoni offendono il presente e anche la memoria.

La sinistra torni a guardare alle piazze, invece che ai palazzi e ai giaguari. Berlusconi, invece, è auspicabile cominci a godersi la sua vecchiaia. Noi, sicuramente, ce la godremmo fino in fondo.

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14 Commenti

  1. Si sicuramente, ma continuo a pensare che certi modi plebiscitari siano inconciliabili con la mia persona. Ed il suo assolutismo democratico, o tutti con me o tutti contro di me, è tristemente già noto. Inoltre del video qui allegato (sempre straordinario) la cosa che mi fa riflettere di più, sapete qual’è? La gioia dei mezzi di comunicazione al capire che il messaggio è passato, che la rivolta è iniziata. Chissà se anche casaleggio sta festeggiando a quel modo! “Abbiamo fatto centro!” dice la donna del video correndo dallo studio televisivo.

  2. Non ho capito cosa c’è da godersi fino in fondo, per Michele Monina. Come genitore, non ho alcuno spettacolo da godermi, pensando a mia figlia che ha votato per la prima volta. Come intellettuale (se posso), non credo che il mio compito sia di sedermi in poltrona a guardare il film e fare l’analisi critica della tela della sdraio sulla tolda del Titanic. Come militante, ossia come cittadino (mi permetto di pensare che le due cose coincidono), credo che il mio compito non sia di affacciarmi alla finestra sopra la piazza per vedere se il PD stavolta arriva o manda avanti Moretti o Vendola, ma di sbattermi per riempirla, quella piazza, con contenuti che non vengono dall’alto: in modo che non sia la piazza del vaffanculo che si infilla nell’imbuto della rappresentanza politica dalla cui critica aveva preso le mosse, ma la piazza che si appropria del potere costituente e del diritto/dovere di costruirlo, il mondo del domani.

    • Mi sono occupata un bel po’ di storia e confesso di trovare la situazione attuale piuttosto interessante. Sul piano dell’analisi e della critica, ovvio.
      Come cittadina non vedo motivi di compiacenza, quanto piuttosto di mortificazione. Nella sfacciataggine come nella supponenza, nella cecità come nella demagogia. Del termine “rivoluzione”, appunto perché non ce ne sono mai state, da noi si fa un uso spesso improprio.

  3. Scusate se ritorno con una di quelle pippe da intellettual emorlaista convinto che le parole siano importanti e che chi parla pensa male. Quando l’allora presidente della regione Lombardia ha commentato l’elenco dei reati attribuitigli con un “mancano solo omicidio e strage”, io mi sono incazzato: il presidente di una regione che ha al suo centro Milano, che vive e dirige(va) da Milano, luogo della strage di piazza Fontana, non può usare la parola “strage” così. È uno sputo sulla memoria delle vittime della strage di Stato. Pippe moralistiche, l’ho già detto. Lo stesso penso di chi usa in tono festoso o gioioso la parola “Tsunami”, che gli italiani conoscono (ad eccezione di qualche geografo o studioso di moti marini) per la strage di centinaia di migliaia di abitanti delle coste dell’Oceano Indiano nel dicembre 2004: penso che abbia, chi parla di Tsunami a cuor leggero, la stessa levatura morale dell’ex presidente della regione Lombardia.

  4. Girolamo, le parole sono importanti, appunto. Io ho scritto che noi ci saremmo goduti la vecchiaia ritirata di Berlusconi (non saremo goduti, saremmo goduti, per altro). Non un risultato elettorale che analizzo, ma che non mi ha visto partecipe come attore.
    Riguardo la levatura morale di chi usa la parola Tsunami con gioia, se ti riferisci a Grillo, credo che tu, da intellettuale, non abbia colto affatto il suo stile oratorio. Se ti riferisci a me, invece, ti pregheri di spiegarmi dove leggi la gioia nel mio citare la parola Tsunami. Detto questo, mi sembra, il tuo, un modo molto retorico di porsi. Ma contento tu…

  5. Mi riferisco a Grillo, infatti. Se le parole sono importanti, la retorica non è solo forma, è anche contenuto. Beato te che pensi di avere una vecchiaia da goderti, io al massimo penso di dovermela costruire strappandola a morsi dalla gola del leone.

  6. Noi ci godremmo la vecchiaia di Berlusconi, se finalmente si decidesse a ritirarsi. Ho 43 anni, la vecchiaia è un lusso che non credo mi potrò permettere.

  7. “non è il percorso a rendere dura una corsa ciclistica ma i corridori”,diceva qualcuno.Allo stesso modo si potrebbe pensare che se non si popolassero le zone costiere soggette a fenomeni quali tsunami o tifoni potremmo semplicemente goderci lo spettacolo a distanza di sicurezza.e quindi..e quindi(ok,mi sono perso.Troppi anni di depistaggi culturali sparpagliati a piene mani dai persuasori occulti hanno smagnetizzato le nostre bussole interiori)

    http://tofusaur.us/tpt/Forza%20Horizon%20Licensed%20Soundtrack/CD%201%20-%20Horizon%20Bass%20Arena/12.%20Mord%20Fustang%20-%20Lick%20The%20Rainbow%20(Original%20Mix).mp3

  8. davvero divertente vedere tutti contro tutti, vedere i propri cervelli etichettati in una sigla, in un nome, in una idea condivisibile ma comunque e sempre dettata da un alto non scelto; ma sì lo dico, i grillini in queste ore stanno confondendo giustizia (la loro) con arroganza; a me pare, non sia mai.

    vi lascio questa simpatica musichetta che mi fa da colonna sonora ai tanti (troppi?) discorsi megalomani che sto sentendo sull’italia ed europa (addirittura!) futura
    http://www.youtube.com/watch?v=DzrgSWZieXM

    un abbraccio

  9. Leopardi, di fronte al doppio pericolo di una politica ridotta a buona amministrazione che non suscita passioni (Bersani, nel suo primo discorso dopo il voto, due ore fa, ha puntato ancora a presentarsi come l’uomo pacato della responsabilità e del buon governo: abbiamo visto come è andata, gli italiani non si fidano del buon amministratore) e del puro delirio di illusioni (Berlusconi, ça va sans dire; io sostengo valga anche per Grillo, però so anche che il suo movimento è cosa assai complessa), scriveva che “per li fatti magnanimi è necessaria una persuasione che abbia la natura di passione, e una passione che abbia l’aspetto di persuasione” (Zibadone 125).

    Capisco che chiamare a raccolta i giovani è possibile solo innalzando la bandiera del sogno. Grillo ne è stato capace e un giovane che sogna è assai meglio di un giovane che si abbandona al cinismo.

    Tuttavia qui non si tratta più di “sostenere le buone idee di chiunque”, cioè di esercitare il potere legislativo, come diceva ancora ieri la capolista M5S in Lombardia, ma di esercitare il potere esecutivo. E’ lì, sulla soglia tra sogno e realtà, tra “resistenzialità della realtà” (Heidegger)e nostre possibilità di cambiarla, che tutti devono prima o poi passare. Quella è la cruna.

    Bello il sogno ed è da formichina scema e cinica dire a posteriori a un sognatore fallito “te l’avevo detto”. Bisogna sognare. Ma poi anche reggere la botta del risveglio.
    Chi sa sognare e svegliarsi senza odiare chi l’ha illuso (di solito poi consegnandosi a un altro illusionista), è un uomo o una donna che sa somministrarsi la giusta dose di passione e persuasione.

    Quanti votanti grillini sapranno svegliarsi?

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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