Ci vuole molta lotta nella classe: una lettera aperta

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di
Chiara Di Domenico 1

Cara Giulia,
quando penso a te e a me mi viene in mente uno strano collage che forma due donne. Tu col tuo lavoro, e io col mio. Mi viene in mente, a pensare questo, che abbiamo una grande responsabilità verso chi oggi un lavoro non ce l’ha, o rischia di perderlo (a dire il vero anche io ho un contratto a progetto, come sai, ma sono serena e fiduciosa nel futuro). Abbiamo più o meno la stessa età. Siamo nate nello stesso periodo, ma siamo cresciute in maniera diversa. Qualcosa però nonostante tutto ci ha accomunate. Gli anni Settanta in cui siamo nate, l’amore per i libri, i nostri padri. Tuo padre è stato minacciato dalle Brigate Rosse, mio padre nel 1978 rischiava la pelle mentre faceva il suo lavoro, chiamato a presidiare come poliziotto le strade di Roma, nei giorni del rapimento Moro. Chiamava ogni sera, per fare sapere che era vivo.

In questi giorni dove per fortuna l’unico piombo è quello della carta, quegli anni in cui siamo nate sono stati evocati più volte. Io, a parere di alcuni, sono stata una terrorista a fare il tuo nome: non ho lanciato una bomba, ho lanciato una frase. Che in un paese attinto da venti anni di televisione spazzatura e di risse in tv si è trasformata in una slavina. Non mi sento vittima per le offese dozzinali e volgari, per le sentenze alla sottoscritta costruite sui sentito dire: è stato detto che sono un’idiota, una cretina, una prezzolata dal PD, una forcaiola. Qualcuno ha anche scritto che, a guardarmi bene, Lombroso non aveva tutti i torti. In quel famigerato intervento a “Le parole dell’Italia giusta”, mai concordato con nessuno, ci tengo a ribadirlo per l’ennesima volta, ho citato una tua intervista di qualche anno fa, in cui tu dicevi di essere stata assunta a 23 anni. All’epoca non eri neanche laureata, e come tanti altri che non l’hanno detto ma l’hanno pensato, sono rimasta sconcertata.

Non voglio più entrare in merito a questo caso velenoso e stupido, buono a togliere l’attenzione dal quasi milione di precari presenti in Italia e a dare la scusa per parlare sui giornali dell’ultimo scandalo piuttosto che dei problemi che stanno affossando questo paese. Per questo motivo non ti chiedo scusa (così come non chiederò le scuse di chi mi ha strumentalizzata e ricoperta di insulti in questi giorni), ma ti dico grazie. Grazie per avermi aiutata a riportare in primo piano questo problema drammatico.

Proprio oggi è uscito un comunicato sulla trattativa in corso per 51 precari in Mondadori. Bene. Augurandomi che queste assunzioni prevedano un’ effettiva acquisizione dei diritti impliciti in un contratto a tempo indeterminato, mi viene in mente che nell’azienda dove lavori, in tutto il gruppo editoriale Mondadori intendo, la Rete Redattori Precari di cui faccio parte ha rilevato un numero di precari ben maggiore. Uomini e donne che da anni lavorano in azienda ricoprendo diverse mansioni, donne e uomini meritevoli se un’azienda così importante si è avvalsa del loro lavoro per lungo tempo. Molti di loro avevano un contratto a progetto. Con la legge Fornero, come sai, questi contratti sono arrivati a un punto di svolta: o l’assunzione, o la consulenza tramite partita iva, o il licenziamento senza nessun paracadute sociale, che sai meglio di me che se un contratto a progetto non viene rinnovato non è previsto nessun TFR e nessun sussidio di disoccupazione.

Ieri i tweet di Monti cinguettavano ottimi propositi per i giovani, il lavoro e la meritocrazia. Ottimo, cara Giulia. Qualcosa mi dice che in tutto questo ci sia il nostro zampino. Tuo, tirata tuo malgrado in questo “catfighting” come l’ha definito qualcuno (e devo dire che in questi giorni di politici e cani non mi dispiace questa definizione) e mio, che comunque sto ancora sentendo dei bei sassi planare sul mio scudo.

Mi dispiace sinceramente per gli inconvenienti che ci sono arrivati addosso da questo strano caso, ma vedo che tu stai bene, che la tua reputazione ne è uscita rinforzata, e anche io ho ricevuto un tale calore e incoraggiamento da tanti, per quell’intero discorso, che ogni mattina invece di svegliarmi preoccupata sorrido, e sono quasi felice a vedere che questo paese non è morto e ottuso come ce lo dipingono.
Pensavo che tanta disattenzione alla vita quotidiana della gente avesse ucciso definitivamente la partecipazione, e invece riscopro con gioia che la gente interviene, dice la sua, addirittura in molti mi hanno detto che torneranno a votare, nonostante tutto.

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Cara Giulia, dobbiamo fare un altro passo, un passo importante. So che per entrambe non è facile conciliare tanto lavoro con l’impegno, ma chi fa cultura in un modo o nell’altro prima o poi è chiamato, per forza, a fare qualcosa per quel paese che ci ha dato istruzione e possibilità.Facciamo in modo che queste possibilità siano per tutti. Che tutti abbiano la loro chance. Che sia davvero, e senza nessuna ombra, un paese democratico basato sul lavoro.

Dobbiamo ridare fiducia a questo milione di persone, che si stanno avvicinando pericolosamente alla soglia dei quarant’anni, quella soglia che un mercato del lavoro spietato ha segnato come il punto di non ritorno per guadagnare uno stipendio ed essere quindi dei liberi cittadini, capaci da soli di pagarsi un affitto e mantenere una famiglia. E non possiamo deludere quegli altri che ogni giorno, appena usciti dalle università, ci chiedono come si fa a entrare in questo mondo incantato dell’editoria. Verso di loro abbiamo una responsabilità ancora più forte. Non dobbiamo illuderli, e allo stesso tempo non dobbiamo deluderli.

Sappiamo entrambe che la flessibilità, nell’anno di crisi 2013, è indispensabile. Lavoriamo ogni giorno a fianco di situazioni difficili. Conosciamo entrambe persone che in questi mesi hanno perso lo stipendio. Dobbiamo lavorare anche per loro. Esercitare la nostra posizione per riportare ogni giorno sui giornali e nel quotidiano queste storie. Senza vittimismi (ecco, se c’è una parola che mi ha colpita di quelle che hai usato parlando di me e che non mi appartiene è proprio questa), mediando con chi può migliorare le condizioni dei nostri colleghi, rendendo il linguaggio difficile del mondo del lavoro alla portata di tutti. Spronando i numerosi intellettuali che conosciamo a tenere alto un dibattito civile e costruttivo sul valore della cultura pubblica e dell’uguaglianza sociale, a ricordarla e praticarla ogni giorno.

Così ho pensato che sarebbe bello davvero, se ci fossi anche tu sabato prossimo ad un incontro pensato proprio per i lavoratori precari. Si chiama “Alta Partecipazione”, l’ha organizzato un gruppo di associazioni che da più di un anno si batte per una flessibilità giusta, per dare stabilità a tutti ma senza perdere i nostri diritti. Perché il lavoro è cambiato, e bisogna dare a tutti quanti i mezzi per conoscerlo e interpretarlo meglio. Perché non esistano più partite iva con un solo committente uccise dalle tasse, perché non si chieda più alle persone di lavorare dodici ore al giorno senza neanche lo straordinario, perché la maternità sia una gioia e non un problema.

Dobbiamo spazzare via questa rabbia, questo sconforto.
Alta partecipazione è una bella occasione. Potremo finalmente conoscerci, riappacificare gli animi, partecipare attivamente a un dibattito portato avanti da un anno in maniera produttiva. Al momento l’unica forza politica che ha aderito è appunto il PD, ma sarebbe bello e auspicabile, visto che il lavoro è un diritto di tutti, a destra e a sinistra, che anche le altre forze politiche partecipassero.

Bene, è tutto. Non ti rubo altro tempo in questo lunedì pomeriggio.
Spero di vederti a Roma. Lo so che stai a Milano e che il tempo libero è poco, ma sarebbe davvero un segno di qualcosa di nuovo, di diverso rispetto agli spettri degli anni in cui siamo nate e che a qualcuno è tanto piaciuto rievocare, a sproposito.
Conto su di te. E perdonami se questa è una lettera aperta, ma non c’è niente da nascondere tra noi. Non più.

Ti aspetto sabato prossimo, al Centro Congressi Frentani, a Roma.

Un saluto, e intanto buon lavoro, a te e a tutti.

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NOTE
  1. Questa lettera ce l’ha scritta Chiara per Nazione Indiana in riferimento a quanto è successo così come è possibile leggerlo qui

44 Commenti

  1. Cara Chiara, è molto bella questa lettera e fa piacere vedere che nonostante tutte le ingiurie e le schifezze lette nei giorni scorsi, tu abbia trovato la chiave per reindirizzare il discorso in maniera costruttiva. Come sai ho criticato il tuo intervento (un po’ duramente) ma nel merito e non certo su quella parte finale, e come sai sono ancora parecchio in dubbio – e come me lo sono i precari della rete con cui mi confronto – sull’opportunità di aderire a questa iniziativa. Dici che l’unico partito ad avere aderito è il PD, e d’altronde il tuo intervento è stato pronunciato nel seno di un seminario del PD, quindi la cosa non stupisce. Oggi leggo un post in cui vieni definita “la precaria del PD”, definizione che la settimana scorsa ti era stata appioppata arbitrariamente da non so più quale illustre esponente del mondo culturale che prendeva le parti della Ichino, irritandoti, e oggi invece la accetti con più faciltà. A questo punto sarebbe opportuno, per chi come noi stiamo a guardare come si evolve questa cosa, che esplicitassi se il tuo intervento si sta risolvendo sostanzialmente in un supporto alla campagna elettorale del PD oppure no. Non facciamo finta di non sapere che siamo in piena campagna elettorale e che le strumentalizzazioni sono dietro l’angolo, perché per quanto tu le possa rifiutare, la percezione rimane quella. Forse mi è sfuggito qualcosa, ma non mi sembra che negli ultimi giorni ci siano state dichiarazioni di Bersani nel senso di un maggiore interessamento del partito verso la questione contrattuale e normativa in genere, e se ci sono state ti prego di segnalarle. Forse – e lo voglio sperare – proprio l’occasione dell’evento Alta partecipazione sarà un punto di partenza per agire in maniera sostanziale sull’orientamento del PD in materia di politiche del lavoro precario; qualcosa mi dice di no, ma non mettiamo limiti alla provvidenza. Per il momento, rispondendoti qui a una domanda molto diretta che mi ponevi altrove, rimane una parte, piccola e senza dubbio ininfluente, del cognitariato operativo in rete, che continua a porsi la questione se il PD fagociterà tutto questo impulso nella sua solita maniera, o se non trovando corrispondenza politica alle istanze che giustamente con RRP portate avanti, andrete a porle altrove senza che vi sia vincolo di appartenenza. Grazie per la risposta, un caro saluto

    • Claudia, anche a me fa piacere leggere questa tua nota. Poni degli interrogativi giusti e soprattutto accogli con la tua solita lucidità e sensibilità l’apertura di gioco e di partita di Chiara. effeffe

      • claudia sono io la colpevole del titolo :-) e ci tengo a precisare che ora,dopo che chiara ha fatto la precisazione, l’ho cambiato, non avevo letto gli attacchi a chiara dei giorni precedenti e quindi il mio titolo non voleva assolutamente essere polemicomo altro, ma solo mettere in risalto il suo intervento al seminario del pd (che sia pd o altro cambia poco). Infatti l’intervento è fondamentale e secondo me chi avesse ascoltato l’intervento prima di leggere le due lettere, non avrebbe mai criticato chiara, neppure il più prevenuto :-)
        Chiara ha usato intelligentemente uno spazio per dire qualcosa, e dirlo bene, in maniera forte e appassionata, ha usato quel seminario per parlare di un problema che forse denunciato altrove sarebbe passato inosservato.
        Ma possibile che si sia diventati tutti cosi autolesionisti da dover distruggere SEMPRE anche le cose migliori?
        Non si tratta di dare o meno solidarietà alla figlia di ichino (la possiamo anche dare, ma ci sarà tempo per farlo, perché secondo me NON è stata attaccata, è solo stata usata per antonomasia per denunciare un problema che in italia nessuno può negare) semmai si tratta di dare voce al problema che chiara ha spiegato e denunciato molto bene. Chi non si rende conto di questo non percepisce appieno la tragedia italiana e forse è anche in malafede (come molte delle critiche ho letto in rete).
        Perché le raccomandazioni, le facilitazioni familiari, le relazioni ambientali, ci sono da che mondo è mondo e ovunque, quindi non ci sarebbe certo da farci sopra eccessivi moralismi, ma in italia, soprattutto dopo il ventennio tossico di berlusconi, hanno raggiunto un tale livello sistematico, che stanno bloccando ogni sviluppo, ogni ricerca, ogni innovazione, ogni creazione.
        Poi magari sarà la figlia di ichino a creare, innovare ecc. e non chiara (io non conosco nessuna delle due), ma questo è del tutto secondario perché al di là delle singole persone il problema è la dilagante devastazione del fenomeno che è come le alghe che, in eccesso, levano ossigeno al mare.
        geo

  2. Cara Claudia, ho precisato, non mi ricordo più se su facebook o sul blog, che non sono del PD, aggiungendo che l’unica tessera che ho al momento è quella dell’Arci per andare a sentire i concerti… Abbiate anche un po’ di pietà ogni tanto, cerchiamo di stemperare questo processo costante. Detto questo, vorrei capire per quale motivo avrei dovuto rifiutare due inviti così importanti, grazie al primo dei quali oggi il precariato è tornato a far parlare di sè. Fino ad ora nel PD ho trovato dei validi interlocutori, che non mi hanno censurato e non hanno voluto concordare il mio intervento. Sono stata chiamata a “Le parole dell’Italia giusta” perché da tre anni porto avanti a viso aperto una lotta per i diritti nel lavoro editoriale. Ne approfitto per rispondere così anche a chi ha fatto illazioni sul mio merito: ho cambiato molti lavori perché quando provi ad alzare la testa vieni bollato per testa calda. Questo lo saprai bene anche tu. Aggiungo, che anche nel lavoro di più di un anno dell’Associazione 20 maggio che si sta battendo per dare regole alla flessibilità selvaggia e che ha organizzato “Alta partecipazione”, il PD si è mostrato un buon interlocutore, rappresentato dagli under 30 del partito. é la verità, non mi faccio censurare. Da nessuno. Non sto facendo campagna elettorale, vorrei solo invitarti a non aprire inutili fronti polemici in questo momento delicato. é chiaro adesso? Ho aderito a suo tempo a Rete Redattori Precari perché sono una precaria editoriale, e non sono tesserati del PD neanche loro. Detto questo, non si può discutere in rete di cose così importanti. Se ti va, mandami la piattaforma su cui state lavorando, o fammi prendere contatto con qualcuno di Precarie Menti a Roma. Mettiamoci a un tavolo comune. E veramente, finiamola con ‘sto processo. Aspetto le proposte, sono a tua disposizione. Invitatemi a un dibattito, discutiamo. Fate in modo che il PD non sia l’unico interlocutore, come è stato fino ad ora. Un abbraccio, e grazie. C.

    • chiara, io ti ho capito, in tanti ti abbiamo capito e siamo con te.
      non contro giulia, sia chiaro, semplicemente con te e con chi, come te, appartiene ad una generazione alla quale è stato cancellato il futuro, che è stata lasciata sola, anche da quegli stessi che, in platea, ti ascoltavano ed annuivano, ipocritamente pensosi: ma quanti di loro avevano già messo al sicuro mogli, figli, amanti, mentre si battevano il petto per il triste destino tuo e di tanti altri come te?
      hai avuto una forza che pochi avrebbero saputo tirare fuori, quella di gridare:ed hai scelto, questo è sicuro, il luogo più adatto per farlo.

  3. Titre : Partisans du Front populaire.

    Auteur : André KERTESZ (1894-1985)
    Date de création : 1934
    Date représentée : 1934
    Technique et autres indications : photographie
    Lieu de Conservation : Jeu de Paume (Paris) ;

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  4. Grazie a te per la risposta esauriente. Niente processi, nessuno qui ha giudicato il tuo operato e men che meno ti ha suggerito quali inviti accettare o rifutare. Tuttavia, questa tua definizione di “inutili fronti polemici” di fatto è un liquidare una questione che non è affatto secondaria, e cioè il fatto che i precari non sono tutti under 30 del PD. Ci sono anche gli over 40 che politicamente magari stanno da un’altra parte, o magari non stanno proprio da nessuna parte per scelta. Si tratta di una larga fetta di lavoratori della cultura che magari non solo non sono elettori del PD, ma che essendo precari da quindici anni proprio grazie al PD, gli fanno battaglia politica su altri fronti. Ora è abbastanza chiaro che per l’associazione che rappresenti (che peraltro non è mai stata citata né nell’intervento di Roma né altrove, e questo è abbastanza anomalo per chi parla in rappresentanza di un’associazione) un interlocutore vale l’altro. Questa, è un’impostazione che noi qui si condivide poco. Seguiamo comunque con interesse e speriamo che otteniate qualche risultato. Ciao e buon lavoro, Claudia

  5. Scusa Claudia mi spieghi questo passaggio?
    “Questa, è un’impostazione che noi qui si condivide poco.”
    Noi qui dove?
    E soprattutto perché questo dovrebbe pregiudicare la creazione di un tavolo comune.
    La seconda osservazione riguarda il piano politico più che anagrafico e allora ti chiedo in che modo l’azione di Chiara come persona prima e come facente parte di un’associazione che si batte per i diritti dei precari, entri in collisione con il lavoro di altre associazioni, immagino la tua, ripeto immagino perché non lo so, e in che modo il supporto del PD sia pregiudizievole più di quanto non lo sia quello di altre forze politiche.
    effeffe

    • Per rispondere alla prima, “noi” si riferisce a un certo numero di persone con cui mi confronto di solito nell’attività di mantenimento della piattaforma PrecarieMenti che è nata come blog – momentaneamente fermo – e continua la sua attività sui social media, in sodalizio con altre realtà della rete.
      Per quanto riguarda la seconda questione, il modo di agire di Chiara entra in collisione con altre realtà che si occupano di precariato nel momento in cui questa azione si trasforma in un monopolio che risulta respingente soprattutto sul piano politico. Per me (ora parlo a titolo personale), ad esempio, il fatto che il PD per una strabiliante alchimia all’improvviso si faccia vessillifero delle istanze dei precari al punto che il banner con la faccia di Bersani appare sulle locandine degli eventi delle associazioni di precari, di fatto creando un’associazione mentale fra le due cose, è più che sufficiente per prendere le distanze, visto che le associazioni di precari dovrebbero in teoria essere una spina nel fianco del PD considerate le enormi responsabilità che ha avuto anche solo nel sostenere Fornero e Profumo (ora però per cortesia non chiedermi cosa hanno fatto Fornero e Profumo, perché si rischia il grottesco). In campagna elettorale un partito dovrebbe esplicitare le misure che intende prendere per risolvere un problema, cosa che il PD non ha fatto e continua a non fare, ma il voto dei precari però gli serve. Ecco, il voto non si dà sulla base dell’illusione che per un paio di inviti concessi qua e là, in sede di governo le situazioni verranno veramente affrontate. Un voto e il supporto in campagna elettorale si danno in cambio di un programma chiaro, il mancato rispetto del quale possa funzionare da memento. Ad ogni modo, poco importa ormai se l’associazione in questione si farà o meno strumentalizzare da Bersani. Il comportamento assurdo tenuto in rete da Chiara, che ha tenuto molto a mantenere i riflettori puntati su di sé facendo perdere di vista la causa, ha fatto il resto, per cui PrecarieMenti di fatto ormai si dissocia.

  6. Non ho seguito nei dettagli tutta la vicenda. Ho letto questa lettera aperta e l’articolo apparso sul “manifesto” postato qui da Francesco Forlani. Ho apprezzato molto il tono e anche la voglia di non escludere fin da subito confronti e rapporti con il PD. Ormai si pensa ai partiti solo come macchine oscure di strumentalizzazione e corruzione, e non si pensa che i partiti sono anche un pezzo di società e come tale possono essere influenzati – con tutti i limiti e rischi del caso, certo – da pezzi di società. Più le questioni del precariato si moltiplicheranno in ambito pubblico, andando anche al di là degli angusti limiti del “cognitariato”,meglio sarà.

  7. Cara Chiara sono contento che sei riuscita ad accorciare la distnza che c’è tra politica e persone comune ,sollevando il problema del precariato e delle raccomandazioni .Sei stata brava per come l’hai esposti questi due problemi.Spero che altre persone esponcano i loro problemi come hai fatto te.Vorrei scrivere tante cose ma non sono capace, non ho fatto nemmeno la scuola media perche dovevo lavorare ,e come tanti edili che hanno lavorato come precari per una vita oggi a 62 anni devo aspettare ancora cinque anni per andare in pensione.TI SALUTO CON AFFETTO ENZO .

  8. Cara Chiara,
    mi chiamo Chiara Pontoglio e lavoro alla Mondadori da circa undici anni; dopo circa sei anni di contratti a progetto comprendenti due sostituzioni di maternità sono stata assunta a tempo indeterminato nel 2008. Ho solo un anno più di Giulia Ichino e con lei condivido un percorso professionale simile, almeno per quanto riguarda l’ingresso in casa editrice; entrambe abbiamo cominciato a lavorare come correttrici di bozze quando ancora studiavamo all’Università, proseguendo poi come redattrici e, nel caso di Giulia, continuando come editor. Come me e Giulia, in quegli anni altre donne e uomini della nostra generazione sono stati assunti in diversi settori dell’azienda dopo una fase più o meno lunga di precariato; oggi la situazione è profondamente diversa e questo destino è molto meno comune tra coloro che cominciano pieni di legittime speranze il loro percorso professionale in Mondadori.
    È evidente che in poco più di dieci anni il mondo, non solo quello del lavoro, è profondamente cambiato, ma non sono qui a scriverti di questo. Volevo invece attirare la tua attenzione sul fatto che mio padre è un operaio metalmeccanico da qualche anno in pensione e mia madre è casalinga. Provengo da una famiglia umile e senza pedigreee in cui io e mia sorella siamo le prime laureate. La mia assunzione dipende dal fatto che, in anni in cui la stabilizzazione dei lavoratori precari era una prospettiva decisamente più realistica di quanto non sia oggi, sono stata evidentemente ritenuta una risorsa utile per l’azienda, che si disponeva quindi a sostenere i costi onerosi di un contratto a tempo indeterminato per restituirmi in termini di garanzie e sicurezza ciò che io ho dato e continuo a dare in termini di produttività e affidabilità.
    In questi anni infinite volte io e Giulia ci siamo dette con una buona dose di amarezza di sentirci delle privilegiate rispetto ai molti nostri colleghi che, entrati in azienda con le nostre stesse legittime ambizioni, non hanno potuto vedere il loro percorso professionale raggiungere l’agognata stabilizzazione; stabilizzazione che non è arrivata a causa del profondo dualismo che interessa la condizione dei lavoratori e delle lavoratrici in questo paese, e che nell’ultimo decennio anni si è accentuato in maniera drammatica. Tuttavia, il che è ben diverso, sia io che Giulia Ichino non siediamo dietro le nostro scrivanie in virtù di privilegi; come la stragrande maggioranza delle persone che lavorano nel settore dell’editoria (mi sorprenderebbe sapere che per te non è stato lo stesso), sia io che Giulia abbiamo avuto la nostra opportunità, che si è materializzata sotto forma di un colloquio, e poi di una prova di correzione, e poi di un primo lavoro esaminato con acribia dai nostri responsabili, che poi ci hanno chiesto via via di dimostrarci all’altezza di compiti sempre più impegnativi. In questi undici anni in Mondadori io non ho fatto una carriera paragonabile a quella di Giulia; lavoro in un settore che in questi anni non ha avuto una propulsività assimilabile a quella della Narrativa italiana e inoltre sono meno talentuosa e meno stakanovista di lei. La figlia del giuslavorista di grido e la figlia del metalmeccanico hanno avuto analoghe opportunità in ingresso, e i diversi esiti delle loro carriere dipendono dai meriti individuali e da variabili riferibili all’organizzazione aziendale.
    Cara Chiara, scusa se te lo dico, ma credo proprio che tu ti stia sbagliando di grosso, e che la polemica che hai accesso con tanta imprudente sicumera ammantata del presunto coraggio di “fare i nomi” sia fuori luogo, oltre che di nessuna utilità. Nepotismi e favoritismi continuano a esistere e certo non fanno bene al nostro paese ma per fortuna il mondo è molto più vario e più complesso di come lo dipingi tu.
    Forse, approfittando dei tanti autorevoli interlocutori disposti ad ascoltarti, da quel palco avresti dovuto chiedere ai dirigenti del PD di spiegarci quali strategie intendono concretamente mettere in atto per combattere seriamente il problema della precarietà del lavoro. Lo dice una che ha sempre votato a sinistra, che lo farà anche in queste elezioni, nonostante le molte omissioni di una campagna elettorale troppo spesso occupata da odiosa demagogia e polemiche sterili invece che da risposte serie.
    CP

  9. Oddio, sarò tonto, ma mi sfugge la logica di tutto questo applaudire.
    Ora, non mi sembra che nel PD ci sia un ripensamento sulle politiche del lavoro fin qui avvallate; tutt’altro. E allora non capisco come si possa ritenere il PD un interlocutore credibile.
    Diamo più peso alle parole, per di più dette in campagna elettorale, o ai fatti concreti?
    Stiamo parlando di precarietà. Certo, il PD non l’ha inventata (questo primato spetta ad altri); il PD l’ha però sposata in toto, dandole sostegno istituzionale, fin dal famigerato accordo del luglio 1993 con Amato. Da quella data in avanti, il PD (nelle sue varie trasformazioni) è stato sempre in prima linea, sposando le istanze della precarizzazione dei rapporti di lavoro (in nome della flessibilità!) e difendendole ogni volta che se ne presentava l’occasione.
    Mi piacerebbe essere smentito su ciò; ma temo che nessuno potrà ragionevolmente farlo.
    E allora davvero non c’è logica nel voler contrapporsi alla precarietà in maniera credibile e, allo stesso tempo, ritenere il PD un interlocutore.
    Ripeto il dubbio: ci si basa sulle intenzioni espresse in campagna elettorale o su scelte programmatiche concrete?

    PS: attenzione ai contesti linguistici. Digitando il link di “alta partecipazione” è evidente che l’iniziativa collima, direi in maniera indubitabile, con la campagna elettorale del PD. Hai voglia a dire che non è così …

    PS: è significativa questa frase: « Sappiamo entrambe che la flessibilità, nell’anno di crisi 2013, è indispensabile». Indispensabile per chi? Se si prova a dare risposta a questa semplicissima domanda, non si potrà fare a meno di notare che la flessibilità coincide, non può non coincidere, con la precarietà …

    (ex) Stan. L.

  10. Peraltro, bastava qualche secondo di lavoro con un motore di ricerca per ricostruire l’effettiva carriera di Giulia Ichino ed evitar di fare un esempio sbagliato, utile a togliere l’attenzione dal quasi milione di precari presenti in Italia e a dare la scusa per parlare sui giornali dell’ultimo scandalo piuttosto che dei problemi che stanno affossando questo Paese.
    Consiglio la lettura anche di questo articolo di Michela Murgia, che mi pare una buona descrizione di ciò che è successo.

  11. Eppure basta qualche secondo di lavoro con un motore di ricerca per capire come l’intervento di Chiara sia stato utile ad attirare l’attenzione sul quasi milione di precari presenti in Italia
    effeffe

  12. Andatevi a leggervi “la buona descrizione secondo Murgia” di quanto è accaduto. C’è una bella tirata sulla “rabbia”. A cui io ho risposto cosi’:

    “Un appunto sulla rabbia.
    La rabbia, in ogni caso, Michela, non va mai bene. La rabbia è sempre maleducata, stonata, un po’ criminale. Lo è quando nelle manifestazioni si sfasciano le vetrine. Lo è quando si fischia un personaggio politico (non lo si lascia democraticamente parlare), lo è anche quando uno decide di parlare in seno al maggior partito d’opposizione, perché allora è troppo docile. Il nepotismo non è IL problema del lavoro, oggi? Certo, ma è UNO dei problemi. E ben venga la maleducazione di ricordarlo. Ben venga che cio’ sia fatto in mezzo ai papaveri del PD, che anche loro avranno raccomandato a più non posso. E’ l’unica lotta di classe? No, ma è anche lotta di classe. Giulia – che immagino sarà una squisita e seria persona – lo dico senza ironia – deve scusarsi per qualche giorno di avere un lavoro? Poco male. Lo ha forse perso? Non mi pare.

  13. Giulia il lavoro non l’ha certo perso. La sua dignità personale è stata lesa e ancor oggi leggo tonnellate di fango che finiscono su di lei. Non mi piacciono queste tirate dannunziane sulla rabbia, sulla maleducazione etc etc. La politica dovrebbe essere un esercizio nel quale le ragioni della cuore e della pancia vengono incanalate dalle ragioni della testa: per tutto il resto c’è il wrestling

    • Gentile Edoardo,
      per come la vedo io Giulia Inchino non è colpevole di nulla, ha avuto solo un vantaggio che altri della sua generazione non hanno avuto, un padre influente. Tutta la questione democratica affonda le radici sui vantaggi e gli svantaggi di partenza. In una società democratica sana vantaggi e svantaggi di classe dovrebbero essere il più possibile livellati, per neutralizzare appunto la determinazione del destino sociale dell’individuo. In una società democratica non sana come la nostra, questi “naturali” vantaggi e svantaggi sono di giorno in giorno meno tollerabili. L’averli additati con un esempio concreto non lascia soddisfatti e felici nessuno. Primo, perché molti non saranno stat in grado di utilizzare il concreto per cogliere la questione generale. Ma poi perché è in qualche modo “brutto”. Solo che tanti di noi nella bruttezza sono costretti a viverci giorno per giorno. Che ce la si divida un po’ ogni tanto. (Senza con questo giustificare “ogni” tipo di bruttura…)

      • Gentile Andrea; condivido al 98 % quello che scrive. Non condivido l’utilizzo del termine “influente” riferito a Pietro Ichino perché ai miei occhi pare suggerire al lettore l’idea della raccomandazione (che non c’è stata in nessuna forma). L’altro 1% è sul fatto che nell’intervento di Chiara Di Domenico – se le parole hanno ancora un senso e un valore – quando ha fatto riferimento a Giulia e a suo padre non si parlava di vantaggi e svantaggi di classe ma di raccomandazione: E’ questo il passaggio infelice che ha rovinato l’intervento, da un lato dicendo una cosa non vera e offensiva, dall’altro spostando il discorso da un problema di condizioni di vantaggio e svantaggio inaccettabili in una società democratica a una mera (e quantomai errata) denuncia di un abuso individuale. Tutto qui

      • Giulia posso chiederti di pubblicarla anche qui nei commenti? molti lettori, e parte dei redattori di NI non hanno un account facebook
        effeffe

        • Ciao Francesco, eccola qui. g.

          Cara Chiara,
          hai scelto di ribadire pubblicamente l’invito alla giornata di “Alta partecipazione” che entrambe avevamo ricevuto lunedì: così anche la mia, ora, è una risposta aperta.

          Ho deciso di non essere con voi, sabato, perché dopo il clamore di questi giorni sento il bisogno di un momento di pace, da dedicare al mio bimbo visto che il suo papà, mio marito, è in viaggio all’estero.
          Non sarò con voi perché ho l’impressione che la mia partecipazione a un evento pubblico in questo momento non possa che amplificare e rilanciare la polemica personale che sia tu sia io vorremmo si spegnesse, per lasciare il posto a un confronto su questioni ben più importanti.
          Libertà è partecipazione: la mia è quella che mi vede impegnata nel lavoro editoriale, a cui ogni giorno dedico le mie competenze, benché da qualcuno siano ritenute tanto dubbie che nella mia casella di posta elettronica è giunto inavvertitamente uno scambio nel quale si propone una mia “crocifissione” (sic) politica e culturale. (Questo per segnalarti che alle voci di coloro che mi hanno espresso amicizia, in questi giorni anche per me si è unito un piccolo coro di insinuazioni e aggressioni.)

          Come te sono convinta che “chi fa cultura”, e non solo, sia “chiamato a fare qualcosa per quel Paese che gli ha dato istruzione e possibilità”. A lottare perché “queste possibilità siano per tutti”. Tu ricordi l’anno 1978, in cui tuo padre era in prima linea sul fronte delle BR e io venivo al mondo. È di quell’anno La chiave a stella, in cui Primo Levi scrive che “se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra”. Questo è il vero privilegio che io mi riconosco, e il diritto che rivendico per tutti. Questo ho sperimentato nella grande casa editrice in cui sono fiera di lavorare e a cui dedico passione e lealtà, e per questo sono senza ombre al fianco dei lavoratori precari che lottano affinché si trovino soluzioni volte a superare il dualismo che in tutto il Paese divide in modo sempre più dannoso e ingiusto noi lavoratori.

          Ai miei comportamenti affido di testimoniare ogni giorno le mie idee.
          A te e all’assemblea di sabato il mio saluto pieno di speranza, con la certezza che non mancheranno occasioni per proseguire di persona il nostro dialogo.
          Giulia

  14. provo a dire. A me sembra il lavoro pubblico si tutela con i soldi di tutti, chi rimane fuori è tenuto a bada dal manganello con lo stipendio, è facile vivere e versare contributi con i soldi del contribuente anche disoccupato, il sacrificio del posto fisso è diventato una dittatura dei borghesi piccoli piccoli contro quelli che rimangono fuori dalle oppurtunità.Societa civile a numero chiuso.

  15. Come auspicato da molti nei giorni scorsi, Chiara Fortebraccio Di Domenico e Giulia Ichino con classe, ancora una volta, e generosità si sono confrontate in vis à vis. So che per molti si tratta di una questione secondaria in tutta la faccenda. Per me era importante invece scardinare tutti quei dispositivi e automatismi di schieramento e attacco ad personam che in rete e con torti maggiori sulla stampa nazionale, si sono letti e visti in questi giorni. Poichè credo che se c’è un valore che non vada precarizzato, questo è il buon senso, penso di poter dire che “seppure” professionali nei loro lavori e giuste nelle loro vite personali, Chiara e Giulia abbiano dato un contributo importante a quella che Orwell definiva “common decency”, Spero che serva da lezione agli uni e agli altri effeffe

  16. Come ho avuto modo di scrivere anche sul Blog di Michela Murgia (anche lei schierata contro Chiara) ci si sta dimenticando che il 90% dell’intervento di Chiara è dedicato a bacchettare il PD per non aver fatto abbastanza e chiamando per nome e cognome Bersani e compagnia e chiedendogli di prendersi la responsabilità di questa situazione e la responsabilità di cambiarla.
    Tutti quei giornalisti, dopo mesi che si denuncia da più parti la situazione dei precari dopo la legge Fornero, se ne sono usciti solo ora guarda caso su questa polemica e invece di parlare degli oltre 300 precari che lavorano in Mondadori a Co pro o a partita iva da minimo 5 anni fino a 10/12 anni non solo non gli si propongono assunzioni ma gli si chiede di aprire partita iva, lavorare da casa e pagare l’affitto del computer per 400€ annui.
    La Casa editrice che anche sul lavoro di quei precari ha fatto fior di utili, che ha usato e abusato delle leggi e della ricattabilità delle persone bisognose di lavorare, che ha mandato a stendere i sindacati che gli chiedevano di regolare correttamente la flessibilità facendo veri contratti a progetto o a p. iva con diritti e tutele eque e sostenibili dall’azienda. Quella casa editrice, quel datore di lavoro, così come RCS e tanti altri non hanno nessuna responsabilità? E tutti assieme i tanti editorialisti e giornalisti che si sono precipitati a fustigare Chiara, li tengono sempre fuori dalla discussione.
    Come se il problema sia sempre la politica e non chi concretamente abusa delle regole e calpesta ogni diritto ed ogni dignità delle persone.
    La colpa non è mai degli evasori, non è mai di chi abusa del lavoro, non è mai di chi forza le regole per trarne vantaggio a danno di altri. La colpa è sempre della politica. Troppo comodo.
    Nel libro che ha portato al successo Michela Murgia e nel film di Virzi tratto da quel libro si denuncia giustamente il comportamento dei datori di lavoro perchè nelle parole di questi giorni quelle responsabilità non ci sono più e la colpa è solo dei politici?
    Come se il vero problema siano Giulia o Chiara e non i comportamenti irresponsabili e da medio evo che ci sono negli ambienti imprenditoriali ed editoriali.
    E non mi si dica che non ha fatto i nomi dell’Azienda perchè invece i problemi sono nati prorpio perchè ha fatto il nome dell’azienda e non solo quello di Giulia Ichino. Ritengo che tutti gli strali dei grandi giornalisti che se la sono presa con Chiara che ha detto quello che è sotto gli occhi di tutti, sono nati proprio perchè tutto andava nascosto sotto gli insulti per non mettere in imbarazzo il grande gruppo Editoriale proprio in un momento in cui sta massacrando centinaia di bravissi lavoratori precari.
    Perchè nessuno, e dico nessuno, di tutti i giornalisti che si sono scagliati contro Chiara ha mai citato ne fatto riferimento al comportamento di Mondadori? A come Mondadori si è comportata in modo diametralmente opposto in centinaia di altri casi? Se degli altri lavoratori che lavorano a collaborazione o a partita iva anche da 10/12 anni non c’è nessuno bravo quanto Giulia perchè continuano tutti a lavorare da così tanto tempo. Se invece sono così bravi da lavorare per tanto tempo per la Mondadori perchè non li hanno assunti come Giulia?
    La verità è che l’unica che ci ha messo la faccia rischiando di persona il proprio posto di lavoro e mettendo a repentaglio il proprio futuro è proprio Chiara. Tutti gli altri rimarranno al riparo del rassicurante ombrello dell’editoria italiana senza più occuparsi, fino alla prossima polemica, di precari, di merito, di responsabilità in capo a chi commette ingiustizie.
    Un abbraccio.
    Davide Imola

    • Caro Davide,
      il fatto è che non si può cercare di attirare l’attenzione su un problema serio col metodo degli attacchi personali e della diffamazione. Chiara ha sbagliato proprio perché il nome che ha fatto ha assorbito tutta l’attenzione che doveva essere rivolta ai contenuti veri. A mio parere, se Chiara Di Domenico teneva davvero a suscitare una riflessione seria e approfondita sul tema dei lavoratori precari doveva risparmiarsi la sparata su Giulia Ichino e parlare di cose che conosce davvero. Che ho ragione io lo dimostra il fatto che in questi giorni è la polemica che ha tenuto banco sui blog e sui giornali e non il tema della precarietà.
      Qualcuno ha scritto tra i commenti su questo sito che Giulia Ichino non ha diritto di pretendere delle scuse perché dopotutto il suo lavoro non l’ha perso a seguito di quell’attacco; e ci mancherebbe, dico io. Ma che paese è un paese in cui uno viene diffamato e poi rischia pure di perdere il lavoro? Davvero vi piacerebbe vivere in un posto con una ghigliottina in ogni piazza da azionare alla bisogna?
      C’è davvero pochissima classe in una lotta condotta così.
      Chiara P.

  17. Mi ha fatto molto piacere leggere su queste pagine l’approfondimento di una questione che ritengo importantissima, e per questo mi sento di ringraziare la franchezza con cui le due protagoniste hanno saputo confrontarsi.
    Nonostante l’intervento “chiarificatore” della collega di Ichino, secondo cui le due lavoratrici, pur essendo di estrazioni sociali differenti, abbiano avuto in realtà le stesse opportunità di carriera, il senso di smarrimento e frustrazione alberga ancora in me.
    E mi domando allora: se c’è QUALCUNO che può impersonare il lavoratore culturale di successo non raccomandato, non “figlio di” eccetera, il problema è tutto mio, tutto di noi precari, siamo davvero incapaci, non meritevoli di successo, carriera? qual è la SINTESI che può tenere insieme le aspirazioni comuni di persone così diverse?
    Ecco, io non ho la risposta, però credo che la lotta non abbia senso senza l’impegno di chi “ce l’ha fatta”, e senza il riconoscimento della liceità delle richieste dei precari. Troppe volte il PD sembra vergognarsi di stare con i lavoratori, e non mi riferisco solo a noi che stiamo al caldo davanti a un computer con stipendi miserrimi quantunque “tutelati”, ma anche ai tornitori, ai magazzinieri, ai verniciatori, ai lattonieri. Dobbiamo inventarci una nuova unità dei lavoratori, io ci spero.

    • PAR73839

      Robert Capa © International Center of Photography

      FRANCE. Paris. October 1936. Man and boy at Popular Front rally.

  18. Vorrei solo brevemente ribadire, per conoscenza e esperienza diretta, che Giulia Ichino ha messo sempre tantissimo impegno di tempo, energia e precisione nel suo lavoro. Il resto della storia è già stato testimoniato da Chiara Pontoglio. Quindi Giulia è l’esempio sbagliato per la discussione sulle disparità di opportunità e trattamento in ambito editoriale.

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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