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Ombra di bestia

di Giusi Drago

[Giusi Drago è nata a Trento e vive a Milano, dove lavora nell’editoria. Traduttrice dal tedesco, ha ricevuto il Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria 2011. Le sue poesie sono apparse nell’antologia 7 poeti del premio Montale, Scheiwiller, 1995. Ha pubblicato il volume La pazienza della mano (Nicolodi, 2004) e diretto per cinque anni la rivista «Dialogica. Semestrale di ricerca e culture letterarie». Pubblico qui molto volentieri una selezione di sue poesie. a.s.]

OMBRA DI BESTIA

I

in tre modi ha la meglio la paura:
in forma di battito pressante
anche muto o morituro,
in miseria occultata che riesplode
senza far testamento, il terzo modo
ha natura strana, si converte
in ombra da assecondare,
chiede indulgenza, confonde
ombra con ombra
e vede bestia
quando è solo ombra,
ombra vicaria
forse di faggio o quercia
o di nessun albero
che sia noto

(poco lo spazio
dentro gli occhi
per frammenti di realtà
e variazioni d’albero)

nascita a vuoto, vita ipotecata, pensiero
non in atto: si è vinti da viltà

II

primo argomento in guerra è
la paura, argomento d’amore
la natura, in comune
fra natura e paura
a volte una nota bassa, ripetuta
con insistenza di sangue
con paura nel sangue
quando goccia a terra, sui muri,
o fiotta contro tamponi e mani

ora non lo si vede, meglio non vederlo,
resti nel chiuso del corpo
– se si spande fuori
se all’esterno trabocca
macchia

III

tutti sono nervosi e anch’io ho fretta
(come sempre prima di un temporale)

stabilità mancata
nelle forme che il mondo assume

siamo a corto di lumi
(per giunta neanche immuni
da nostalgia)

nessuno è immune a ciascuno è dato
in un solo gesto più di un addio

in attesa che si sciolgano certi responsi
o si raccolgano i dettagli
per l’alibi che scagionerebbe il pieno
dai suoi vuoti

(dèi di granito un tempo sulla terra
peso di monoliti, montagne smosse
dal profondo a separare
continenti interi)

luce che si attenua si fa
scura porta il lutto

IV

una casa vecchia proprio dentro,
o dietro, quella nuova

va a finire che è lei, la vecchia,
a imporsi

anche se la nuova le si stringe intorno
come durante un assedio, prendendola
per fame o assideramento

comunque ne ricalca
proporzioni e rientranze,
angolature e altezze

e quando cala notte non si sa
in quale casa sono accese le luci
che attraversano le vene
di muri antichi e più recenti

nuova casa non si dà
per abbaglio di tetti
svettanti contro il cielo
o di pavimenti
illuminati a giorno
da lampade a stelo

nuova casa si fa
osservando la vecchia
che pare alla nuova:

a) un paesaggio noto, nidificato
su discordie
b) un incidente in seguito al quale
si è franati a valle

casa nuova non è mai finita
finché morte non arriva

V

anno dopo anno gli alberi e le paure
diventano imponenti

il noce che faceva ombra
alla casa nuova (che si tiene dentro
quella vecchia)
è stato abbattuto dal vicino
e il faggio centenario in un altro giardino
ha rischiato l’avvelenamento
per mano di un parente

(avvertiti, siamo stati avvertiti
che senza fine che sempre l’invidia si ramifica
in direzione della morte)

quanti anni ha la terra?
l’età migliore in relazione al sole
che è stella a metà di sua vita
e forse sarà lui a spegnersi per primo
(fra miliardi di anni, comunque)

un albero abbattuto è un contrattempo
nella lunga vita della terra
(che è superficie instabile e quando vuole
si apre e ci inghiotte)

una paura superata lascia una traccia
minima, dal punto di vista cosmico:
corriamo il rischio di crepare sotto il peso di rami
e case morte – se è trascorso il loro tempo
e non il nostro

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2 Commenti

  1. Quando l’uomo abbatte l’albero di un tempo, l’anima non trova sonno.
    Quando l’uomo non riconosce più la sua casa natale, non ha spazio
    per parlare e vivere;
    Mi sembra avere capito un po’ di questi belli frammmenti,
    forse hanno un senso più simbolico- case morte sono farfalle morte, inchiodate.

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antonio sparzani
antonio sparzani
Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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