Byron – Le ultime poesie
di Franco Buffoni
Ancora oggi si ritiene che “On This Day I Complete my 36th Year” sia l’ultima composizione di Byron. Invece è la prima di un breve ciclo – che potremmo idealmente intitolare “To Lukas” o “To Luke”, come avrebbe preferito Lord Byron – in un pendant col giovanile ciclo “To Thyrza”, dedicato al primo amore John Edleston. Altre due poesie vennero infatti scritte nei giorni successivi in quella fatale primavera greca del 1824, ma l’esecutore testamentario John Cam Hobhouse le tenne con sè fino alla morte, avvenuta nel 1869, impedendo a chiunque di leggerle. La prima si compone di soli dieci versi e richiama l’andamento di un sonetto shakespeariano, sia nell’intonazione sia nel tema. Più il giovane amato (il patriota greco sedicenne Lukas Chalandritsanos) rifiuta col suo cipiglio le profferte amorose del poeta, più il poeta ne è irretito e soffre e gli offre doni. Se confrontati con la “maddening fascination” per Lukas che lo fa impazzire, sia il destino politico della Grecia, sia la stessa gloria poetica, non significano più nulla. L’atmosfera costrittiva dovuta alla malattia, al tempo orrendo, all’innamoramento ossessivo si percepiscono in particolare nel verso centrale
I am the fool of passion – and a frown of thine…
Sono lo scemo dell’amore e il tuo rifiuto…
e nel verso conclusivo
So strong thy Magic—or so weak am I…
Tanto potente è la tua magia, e tanto debole sono ormai io…
che descrive perfettamente la disparità delle forze in campo. Il giovane dio stupendo, narciso, cinico e calcolatore; il poeta sfatto, indebolito, vittima dei fantasmi di sempre che stanno per sopraffarlo definitivamente.
Mentre la terza composizione del ciclo era una sorta di lancinante diario delle disavventure vissute con Lukas nei disgraziati mesi greci, in cui il doppio registro di sofferenza – fisica e morale – si trascinava per sei quartine con un’intonazione poetica molto vicina a quella di “On This Day…”. Esplicito il finale:
Thus much and more—and yet thou lov’st me not,
And never wilt—Love dwells not in our will,
Nor can I blame thee—though it be my lot
To strongly—wrongly—vainly—love thee still.
Sempre di più, sempre di più… eppure non mi ami,
E mai lo farai, perché alla volontà non obbedisce Amore.
Ma non ti biasimo, anche se so bene ormai
Che il mio destino è amarti, e sempre più sbagliando, e invano.
Hobhouse custodì gelosamente queste due ultime poesie, che apparvero a stampa solo nel 1887, con gli arbitrari titoli di “Last Words on Greece” e “Love and Death”, apposti dall’editore Murray, il figlio del Murray di Don Juan e distruttore con lo stesso Hobhouse dei Diari del poeta. Accompagnate da una pietosa chiosa dell’amico: “In una nota allegata da Lord Byron a queste composizioni si legge che questi versi non sono dedicati a una persona in particolare, e che vanno letti come un poetico Scherzo”.
Ulteriore beffa grandiosa alla memoria del poeta, l’invenzione dell’inesistente nota, spiegabile solo nei termini di un totale pessimismo di Hobhouse nei confronti del possibile cambiamento delle condizioni di vita degli omosessuali in Gran Bretagna. Ricordiamo che nel 1887 quando gli inediti vennero pubblicati, Oscar Wilde era già un poeta famoso e si aggirava per Londra con un garofano verde all’occhiello. Era il suo momento anche di sposarsi e di diventare padre. Ma l’Inghilterra non era cambiata: aveva solo sostituito la gogna con i lavori forzati. Difatti, nel 1895, mentre veniva condotto in prigione, Wilde fu oggetto di improvvisata gogna da parte di una folla inferocita.