Il telefono dell’incendiario

di Giacomo Sartori

Oggi su Repubblica è riportata l’intercettazione di una comunicazione di un “globetrotter della violenza” (così il titolo) presente in Piazza San Giovanni, intercettazione nella quale il giovane chiama l’amico rimasto al paesello (nel corso dei fatti stessi, e quindi più che a caldo), per metterlo al corrente delle prodezze alle quali sta partecipando. “Ma come, era già sotto ascolto, prima ancora di commettere il fatto?” si chiede il lettore. Poi arriva la spiegazione, anche se pochissimo convincente: essendo il ragazzo consumatore di spinelli, è incappato in una normale indagine per droga. “Che colpo di fortuna hanno avuto!”, pensa il lettore. Al giornalista non sembra passare per il capo un’altra ben più verosimile ipotesi, e che cioè che il ragazzo fosse già tenuto sott’occhio. Nel qual caso ci sarebbero delle responsabilità per quanto è successo a Roma: se queste persone erano ascoltate, sembra difficile pensare che non si conoscessero nei dettagli le loro intenzioni e le loro strategie, il che avrebbe permesso di reagire, se ci fosse stata la volontà, in modo efficace. Pensandoci a mente fredda, sembra anzi molto probabile, che fossero controllati: in molti casi sono gli stessi soggetti che hanno commesso anche molti altri atti (lo vedo qui in provincia di Trento), e sono conosciutissimi dalle forze dell’ordine e talvolta dagli stessi media. Io non so se questa intercettazione sia veritiera o meno e se sia stata riportata fedelmente (il dubbio in questi casi resta sempre), e non posso certo escludere che non si tratti davvero di una normale inchiesta per droga (mi sembra però pochissimo probabile, visti i milioni di consumatori), e certo non voglio lanciarmi in azzardate dietrologie, dico solo che questo modo acritico di trattare la notizia mi ha fatto venire in mente come venivano riferiti e commentati i fatti violenti sui quotidiani degli anni ’70, quasi che la logica e il buon senso non fossero più di casa. La violenza non solo chiama violenza (e contrazione di democrazia), ma si accompagna sempre a un’involuzione dell’informazione (nel nostro caso non potrebbe essere che ulteriore). È anche per questo che non la vogliamo. Tutto qui.

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23 Commenti

  1. Ogni volta che nel nostro paese una svolta di segno riformista sembra possibile, compare la violenza. Bombe nelle banche, sui treni, nelle piazze e poi gli anni di piombo. Possibile che non impariamo mai niente?

  2. Il ragazzino è stato intercettato perché aveva telefonato al suo pusher, non perché era lui stesso l’oggetto dell’intercettazione (un po’ come è capitato in passato al povero Silvio che telefonava sempre sui cellulari di gente intercettata, che sfiga!). Al di là di questo, è risaputo che i cosiddetti black blok sono controllati e conosciuti dalle forze dell’ordine: solo che, come argutamente ha evidenziato il “comico” Enrico Brignano durante il suo monologo televisivo, chissà che non li abbiano lasciati ‘scorazzare’ liberamente alla vigilia degli scontri proprio per delegittimare la manifestazione degli indignati e per spostare l’attenzione dei media sui fuochi… I black blok lavorano per il governo!

  3. Mi fa piacere questo articolo di Sartori che condivido e che mi porta a denunciare ancora una volta la pericolosità non dei ragazzi in se (tanto per evitazre equivoci) ma della tecnica che usano:
    Il fatto che agiscano clandestinamente che intervengono in forma anonima e mascherata è un invito a nozze per quanti tra le forze più autoritarie del governo e dei dirigenti delle forze dell’ordine, volessero strumentalizzarli.

    E’ un gico da ragazzi per eventuali poliziotti stile Genova, infiltrarsi tra questi ragazzi (basta vestire di nero e mettersi una amschera); qualsiasi fascista puo’ infiltrarsi in mezzo a loro per provocare una tragedia.

    Ma cavolo gli anni delle stragi non ci hanno insegnato niente?.

    chi manifesta deve essere riconoscibile come persona o movimento, deve cioè assumersi la responsabilità della sua partecipazione a quella forma di lotta.

  4. L’esercizio dietrologico ci sta, ma occorre valutarne le conseguenze logiche: che utilità può avere il credere a manovre di Stato se non quella di alimentare una forma di rivolta nichilista (“se il nemico è troppo forte per essere sconfitto, noi diamo fuoco ai suoi simboli”)?
    La sostanza dei fatti non cambia: una minoranza di ‘sfasciacarrozze’, come li chiama Bernocchi, ha rovinato una manifestazione. Chi porti trecentomila persone in piazza DEVE arrangiarsi e garantire la sicurezza del corteo e dei luoghi da esso attraversati. E’ una prima, necessaria forma di responsabilità politica senza la quale non si può parlare di alcun “movimento”. Non so quanti si accorgano della contraddizione di chi racconta la solita storia dell’autorganizzazione e poi si lamenta perché il monopolista della violenza non gli toglie le castagne dal fuoco (è stagione di caldarroste, ormai).
    La violenza esiste in forma autonoma, sta a noi creare le condizioni perché non prevalga. E tuttavia è impossibile, secondo me, portare avanti qualunque riflessione sulla violenza se prima quello che viene chiamato movimento degli “indignati” non comincia a strutturarsi politicamente in qualche modo. Per ora non vedo molto più che una confusa folla di scontenti/incazzati per molte sacrosante ragioni.

  5. vi copioincollo l’articolo di cui parla sartori.
    La cosa che mi ha colpito di più è la dedica. Si cerca di far bruciare vivo un essere umano e poi a freddo si dedica la prodezza all’amico d’infanzia lontano, dispiaciuti solo che l’essere umano sia riuscito a scappare in tempo dal mezzo incendiato. Siamo davero alla follia depravata e malavitosa, altro che rabbia e violenza levatrice di vita (come dice ng) bleah.
    Ha ragione marco questi non sono nostri nemici. I nemici devono avere ancora cose che riconosciamo, e rifiutiamo, altrimenti non possono essere nemici. Questi sono crminali fascisti e non nemici.
    Se poi sono compagni di strada di marco mi dispiace davvero per lui.
    Io sarò all’antica ma continuo a preferire canzoni dedicate, ai falò umani.
    E non mi raccontate la solita fola della stampa mainstream e bla bla bal … , perchè bonino potrà anche essere fazioso ma le intercettazioni sono quelle.
    geo

    E il globetrotter della violenza disse al telefono Volevamo dare fuoco anche al carabiniere
    Incastrato dalle intercettazioni:Ho incendiato la camionetta te la dedico
    .
    CARLO BONINI

    ROMA –
    C’è una voce stravolta dall’adrenalina che racconta meglio di ogni possibile immagine l’odio dei «neri». E con lui, il rogo del blindato dei carabinieri che, in piazza san Giovanni, deve diventare un forno crematorio per il militare che ne stringe terrorizzato il volante. È la voce di Leonardo Vecchiolla, il ragazzo sannita studente a Chieti cui, ieri pomeriggio, è stato negato l’ultimo palcoscenico: la Val di Susa. Sono pochi secondi di una conversazione telefonica intercettata, che valgono due vite. La sua (la telefonata è la prova che accusa Leonardo di tentato omicidio). Quella del ragazzo in uniforme – «il bastardo» che «scappa» – che da Leonardo e i suoi compagni d’odio era stato condannato ad ardere vivo in un pomeriggio di sole. Eccole dunque quelle parole.
    Sono le 18.20 di sabato 15 ottobre. Piazza san Giovanni brucia delle fiamme delle molotov, come prima di lei hanno bruciato via Cavour e via Labicana. Nel carosello impazzito di mezzi, uomini, sassi, lacrimogeni, un blindato dei carabinieri viene isolato. Una trave ne sfonda l’abitacolo, sfigurando il guidatore. Tre, quattro mani, accendono il trofeo di lamiera come un albero della cuccagna, dopo averne marchiato i portelloni posteriori con un acronimo – Acab – di cui conoscono il significato (All cops are bastards, tutti i poliziotti sono bastardi), ma non, forse le antiche stimmate naziskin. Leonardo è lí. Gode di quel rogo che ha appiccato, ma chi sa – lui che è studente di psicologia- se ha mai ragionato su quella rabbia che lo mangia, sulla violenza che gli guida la mano. Certo, non può ignorarne il tratto narcisista, feticista. Perché Leonardo, in quegli istanti di baraonda, di urla, sirene, sangue, ha un’urgenza. Afferrare il suo cellulare e chiamare “Mariolino”, l’amico con cui è cresciuto e che è rimasto al paese, ad Ariano Irpino, quello che Leonardo si è lasciato alle spalle, senza un solo rimpianto, il giorno in cui si è iscritto all’università di Chieti. Già, Leonardo sa che le cose accadono solo a chi le sa o può raccontare. E lui non può aspettare un solo istante. Anche perché non immagina che “Mariolino” ha i “telefoni sotto” per una storia di droga su cui indagano la Procura e i carabinieri di Ariano.
    Squilla dunque il cellulare di «Mariolino».
    M: «Pronto»
    Leonardo: «Oohh… Abbiamo incendiato una camionetta. Te la dedico a te, Marioli’»
    M: «E quelli che stanno dentro?».
    L. «Eehh. Se n’è scappato al volo. Al volo… Scappato… Bastardo! Altrimenti mettevamo a fuoco anche lui».
    Alle 18.21 di sabato 15 ottobre, il carabiniere che doveva ardere nel suo mezzo è, per un caso, «solo» una maschera di sangue. Ma è vivo. Mentre il tempo di Leonardo comincia a correre alla rovescia. L’intercettazione ascoltata ad Ariano Irpino viene trasmessa con urgenza al procuratore aggiunto di Roma Pietro Saviotti, che procede per le violenza del 15. E nell’atto c’è un altro frammento del paradosso italiano. Il presidente del Consiglio che, sabato sera, chiede con piglio corrucciato di assicurare alla giustizia i «neri»e pensa, con il suo ministro dell’Interno, a norme eccezionali, non immagina neanche, infatti, che la caccia a Leonardo può cominciare grazie all’opposizione che una parte del Paese ha fatto alla sua riforma della legge “ordinaria” sulle intercettazioni telefoniche. Con quella riforma, infatti, quanto involontariamente scoperto in un “ascolto” disposto per droga su un violento che ha appena tentato di commettere un omicidio non sarebbe una prova utilizzabile. Con questa legge “ordinaria”, sì. E dunque la caccia comincia.
    Dura pochi giorni. Il tempo, per il Ros dei carabinieri di accamparsi davanti alla casa dello studente di Chieti. E rigirarsi per le mani, in lunghi pedinamenti e ascolti telefonici, le giornate e le notti interminabili di un narciso di 23 anni, che il giorno in cui nacque la seconda Repubblica cominciava a frequentare la prima elementare. Un ragazzo con una passione per le canne, che frequenta a tempo perso un centro sociale e non resiste all’idea di raccontare alle sue amiche quello che fa o ha in animo di fare. Già, parla, parla, parla Leonardo. Il 21 ottobre, venerdì, vorrebbe tornare a Roma per la manifestazione della Fiom, ma capisce che non è aria di casino. «Meglio domenica in Val di Susa», confida. Anche perché lì è già stato. La decisione è di venerdì a mezzanotte. Chiama di nuovo un’amica, per informarla. E quindi si rimette al telefono alle 3 del mattino di sabato. Ancora con una ragazza. In Piemonte, sale da solo, almeno così fa capire, con un treno che parte da Pescara nel pomeriggio. Ha bisogno di uno strappo in macchina fino alla stazione. Nello zaino, Leonardo infila quello che gli troveranno i carabinieri al momento del fermo. Degli occhialetti da piscina, una piccola tronchesi, dei guanti da carpentiere, delle bandiere e dei volantini con il logo «No-Tav». È un viaggio che non farà.
    Repubblica, 24 ottobre 2011, p. 13

  6. @ Georgia
    confermo la mia impressione: non sai leggere!

    Ho scritto “la violenza è la levatrice della storia”, non “della vita”; è tutta un’altra cosa. Ma è anche, quella frase, una delle frasi più famose di Marx (Cap XXIV, Il Capitale). Insomma, oltre che non essere in grado di capire ciò che gli altri scrivono, non hai neppure la cultura adatta a discutere di certe questioni. Comunque, animato da materialistica pazienza, ti consiglio di prendere in mano “Per la critica della violenza” di Walter Benjamin: è tutto già scritto.

    Ultimo appunto: tu continui a riferirti nervosamente a me, ma in realtà ti stai riferendo a una maschera che ti sei costruita.

    NeGa

  7. Come dice un mio amico, noto ultras del Toro, quelli più spiazzati dalla “violenza” di sabato 15 sono gli aderenti al partito di Repubblica, compresi dentro quell’area che da Sel arriva all’Idv. E chissà cosa avrà pensato ieri Bonini della manifestazione No Tav; me lo son visto mangiarsi le mani davanti alla prova di maturità dei “violenti”, capaci di essere radicali senza alzare un dito. Ci ha provato in tutti i modi, il Bonini, a demonizzare i No Tav, così come ci ha provato a demonizzare quanti, nel movimento, non rietrino nell’area che fa riferimento al Partito di Repubblica. Ma il suo virus non sembra che abbia attecchito molto. In molti, infatti, smaltita l’adrenalina, stanno riprendendo a ragionare e a uscire dalla puerile contrapposizione violenti-non violenti. Al di là delle frange disposte a consegnare parti cospicue di movimento nelle mani della polizia o di fantasmatici servizi d’ordine, esiste un pensiero collettivo che sta provando a leggere politicamente quella rabbia, per cercare di farla maturare verso forme più radicali, magari contribuendo a renderla consapevole della posta in gioco. Bene, bene così.

    Quel ragazzo, quell’incendiario che tanto vi piace denigrare, anche se fosse arrivato in Valle di Susa, non avrebbe compiuto nessun gesto “violento”; al di là delle idiozie di Bonini, e delle sue evidenti campagne criminalizzatrici, il movimento No Tav è più maturo dei singoli: ripercorrete cosa hanno scritto, in questi giorni, tutti i quotidiani, quale terrorismo verbale hanno praticato, e guardate cosa è successo ieri. Chissà, magari imparate qualcosa …

    NeGa

  8. Ho scritto “la violenza è la levatrice della storia”, non “della vita”

    certo che è levatrice di storia (il mio è un errore come tanti che faccio, ho scritto anche davero invece che davvero, :-)

    Mi riferivo a te solo casualmente e lateralmente, la frase l’avevi detta tu riferito al 15 ottobre perchè sei istintivo e citazionista, ma l’avrebbero potuta dire altri.

    Marx naturalmente con quella frase intendeva ben altro che 4 BB da stadio, ma questo lo sai pure tu ;-)

  9. perché gn confondi tutti i no tav con i BB, mi sembra un procedimento infingardo il tuo e che offende i no tav, molti di noi, che odiano la violenza per la violeza, appoggiano il movimento no tav.
    Ad ogni modo da ora in poi ti prometto che non ti leggerò più :-)

  10. @ Georgia
    no, di nuovo no; io la frase di Marx non l’ho riferita ai BB, bensì all’insistenza di Lorenzo Galbiati sul discorso della non violenza (per altro, come semplice battuta e non come discorso compiuto). Così come la confusione BB-No Tav non l’ho fatta io, ma il Bonini che citi benevolmente; e l’ha fatta il Ministro Maroni in Parlamento e molti altri che sono avversi a quel movimento. Visto che anche tu guardi con simpatia alla lotta No Tav, rileggiti il loro comunicato sui fatti di sabato 15 …

  11. A Nevio, ti ho risposto al tuo commento duplicato nell’altro blog.

    Vorrei qui sinteticamente dirti, che a parte la questione violenza/nonviolenza, e il giudizio da dare all’intervista di Vendola, mi trovo molto in linea con le considerazioni che fai.

    Solo che:

    1 se decidi di quale sinistra fai parte da quel che dice un politico su episodi di violenza, rischi di aspettarti solo una sinistra extraparlamentare. Io credo sia legittimo votare e militare in una sinistra per vocazione antisistema e extraparlamentare, ma penso che nel nostro pensiero debba trovare spazio anche la piena legittimità di una sinistra parlamentare pronta a fare accordi per governare (parlo appunto di Vendola, non certo del PD, che considero un partito di centro – che a differenza del PPI di don Sturzo non sa neanche se guardare a destra o a sinistra)

    2 sulla violenza: pare che tutti i tuoi riferimenti siano fermi al marxismo, come se l’era atomica, e le pratiche nonviolente diffusesi nel mondo con Gandhi e MLking non siano esistite.

    3 La disobbedienza civile, e quindi anche la forzatura di blocchi, gli atti di sabotaggio fatti a volto scoperto sono pratiche nonviolente.

    4 Repubblica cercherà pure di scovare i più violenti per criminalizzare i black bloc in blocco, e con loro il movimento no Tav, ma tu quando dici che le interviste sono bufale, e sono uno di loro e speriamo escano presto dal carcere, senza sapere chi sono davvero, “loro”

    – e nessuno di noi lo sa con precisione, ognuno sa solo, direttamente o meno, chi sono alcuni dei black bloc –

    fai una operazione di generalizzazione del tutto speculare.

  12. ng, mi è venuto un dubbio: ma davvero marx ha detto la frase da te citata così come l’hai citata?
    E dove l’avrebbe detta?
    Sembra invece che l’abbia detta Sorel.
    Per favore mi fai una rcerchina tu che ti ritieni marxista?

  13. allora ho trovato l’autentica frase di Marx nel Capitale, Libro I, sezione VII, capitolo 24, paragrafo 6.
    E’ diversissima, e a mio giudizio vuol dire ben altro
    va beh ve la posto

    […]
    I vari momenti dell’accumulazione originaria si distribuiscono ora, più o meno in successione cronologica, specialmente fra Spagna, Portogallo, Olanda, Francia e Inghilterra. Alla fine del secolo XVII quei vari momenti vengono combinati sistematicamente in Inghilterra in sistema coloniale, sistema del debito pubblico, sistema tributario e protezionistico moderni. I metodi poggiano in parte sulla violenza più brutale, come per esempio il sistema coloniale. Ma tutti si servono del potere dello Stato, violenza concentrata e organizzata della società, per fomentare artificialmente il processo di trasformazione del modo di produzione feudale in modo di produzione capitalistico e per accorciare i passaggi. La violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una società nuova. È essa stessa una potenza economica

  14. Considerazione marginale sulle pratiche nonviolente. A me pare che:
    – ridurre drasticamente i consumi,
    – disinvestire,
    – ritirare i propri risparmi dalle banche
    siano pratiche nonviolente che potrebbero avere, se fatte in massa, una certa efficacia. Se condivise da un gran numero di persone potrebbero avere più ripercussioni altri atti d’insubordinazione. Tutto sta a valutarne prima le conseguenze e decidere quando sia opportuno metterle in pratica.

  15. @ Lorenzo
    prendo al balzo le tue sollecitazioni e vedo di essere il più chiaro possibile sugli argomenti in ballo.

    1. Violenza/non violenza. La contrapposizione tra le due pratiche è puramente ideologica. Nello svolgersi dei movimenti, l’intelligenza collettiva ha sempre agito in relazione al contesto; sovradeterminare astrattamente una forma di lotta (disobbedienza civile o altro) non ha senso. Sintetizzo tutto ricorrendo a un’immagine che uso ormai da 35 anni: una volta Cristo porge l’altra guancia, un’altra impugna la verga e scaccia i mercanti dal tempio.
    2. Marxismo. Sì, è il mio riferimento principale; ma non è l’unico. Il movimento degli “indignati” usa uno slogan molto efficace: siamo il 99% e siamo contro l’1% che gestisce privatamente le risorse. Chi, meglio di Marx, ha spiegato le cause di questa divisione?
    3. Parlamentarismo. Per quanto abbia un debole per Bordiga, non sono un “estremista”; riconosco l’importanza del Parlamento e della democrazia. Gli accordi per governare che può fare uno come Vendola, però, non sono da valutare trascendendo il contesto; quegli accordi saranno, ancora una volta, “al ribasso” (ti dice niente che, nella confusione che regna nel PD, lui abbia stretto una sorta di “alleanza” con Veltroni?). Ti ricordo che già in passato l’inseguire questo tipo di accordi ha determinato l’esclusione della “sinistra radicale” dal Parlamento; e ciò perché quasi tre milioni di persone (e io tra queste, che infatti prima del 2008 votavo Rifondazione) si erano stufate del loro “predicar bene e razzolare male”. Perché ripetere lo stesso errore?
    4. Vendola & C. (sull’egemonia). Sono ormai di dominio pubblico i tentativi di sovradeterminare gli obiettivi di questo movimento da parte dell’area di Vendola, Idv, etc.. La rottura è stata causata anche per questa politica egemonica, la quale, per essere istituzionalmente credibile, ha puntato sulla sfilata innocua lontano dai “centri del potere”; tutt’altra cosa dagli “indignati” del resto del mondo. E’ facile dare del fascista a chi ha agito la conflittualità in piazza; più difficile analizzare quelle che sono le vere cause scatenananti. Ma è questo che dobbiamo fare.
    5. La violenza di Roma. Violenza? Io ridimensionerei tutto. Gli “indignati” che si sono indignati degli scontri non si sono indignati con la stessa forza per i 3 morti di lavoro al giorno, ad esempio; per non dire di quanti hanno taciuto o addiritura approvato quella che è stata definita “la macelleria libica”. Perché fanno tanta paura tre auto bruciate, qualche vetrina rotta e un blindato dato alle fiamme? Questo è un bel quesito, non trovi? E poi: violenza da parte di chi? Black Bloc? Semplificazione giornalistica. Anarco-insurrezionalistici? Sembrerebbe che siano dappertutto; anche se, di fatto, non esistono (o sono irrilevanti e certamente non in grado di determinare quanto successo a Roma). E allora chi sono? Per capirlo, parti dalla relazione di Maroni presentata al Parlamento; lì vengono fatti i nomi dei presunti responsabili degli scontri. Dopodiché, prova a trovare informazioni su cosa hanno fatto, in questi anni, queste componenti *importanti* del movimento. Potresti scoprire che sono gli stessi che hanno contribuito – e non poco! – alla lotta contro la Tav, o che hanno realizzato iniziative *pacifiche e di massa* sul precariato, sulla scuola, contro la guerra, sulla Palestina, etc., riuscendo, per altro, ad aggregare tante persone. Insomma, a differenza di quanto si è gridato in questi giorni, potresti scoprire che sono realtà che fanno *politica*.
    6. La violenza di Roma, II. In molti si sono chiesti perché solo Roma è stata attraversata da quel tipo di violenza … Questi molti sono ciechi. La causa di quell’esplosione di violenza è, principalmente, una causa sociale: per quei giovani il futuro non riserva altro che un precariato sottopagato. E allora perché non mettere in relazione quelle violenze con quelle di Atene o con quelle delle banlieues di Parigi e Londra? Vista l’entità della crisi, francamente quegli scontri non sono che poca roba.
    7. Violenza di Roma, III. La violenza ha offuscato il resto della manifestazione? Sì, è così. Ma questo perché i media hanno voluto offuscarla. La partecipazione resta il dato importante. E vedrai che nei prossimi mesi nessuno si tirerà indietro (già ieri, in Valle di Susa, è stato dato un segnale importante). E il soporifero tran-tran delle sfilate compatibili verrà incrinato sempre di più. I media mostrano solo la parte violenta, ma se lo fanno non è colpa dei “violenti”, bensì di loro stessi, e di Repubblica in primo luogo; e sì, perché questi signori – Bonini su tutti – se ne sbattono delle lotte quotidiane, dei micro-conflitti di chi resistere alla crisi …
    8. Le indignazioni. Chi si è indignato per le violenze? Guardati intorno, osserva chi sono i tuoi compagni di indignazione; non ti viene qualche dubbio?
    9. Le indignazioni, II. Quanti, tra quelli che non hanno gradito le violenze del 15, sono in cuor loro contenti per la rottura del clima di compatibilità? Io ho l’impressione che siano molto di più di quelle già discrete migliaia di giovani che si sono scontrati con la polizia. Avrai notato – o almeno lo spero – che molti che sono andati alla manifestazione di Roma non sono inquadrabili dietro nessuna sigla. In quanti hanno seguito gli inviti alal delazioni? Un’esigua minoranza! E se il corpo vivo dei manifestanti non fosse poi così dispiaciuto dell’esito? Ti dirò: io sono convinto che sia così.
    10. Gli sviluppi. I movimenti che stanno attraversando le città del mondo (comprese le dimenticate rivolte dei lavoratori cinesi; solo nell’ultimo anno ne sono state contate qualcosa come 160!) hanno solo due possibilità: o rientrare nei ranghi della solita politica, decretando il proprio fallimento; o riuscire a darsi obiettivi e organizzazione conseguentemente radicali. Non c’è scampo.

    @ Georgia
    sul passo di Marx andavo a memoria; ma il senso, puoi girarla come vuoi, è il medesimo. Dovresti rapportare la frase a cosa Marx intende per “società”, cosa per “storia”, oppure, molto più semplicemente, metterla insieme a una frase analoga, sempre del Capitale (“Nella storia la parte importante è rappresentata, com’è noto, […] dalla violenza”). Ma potresti anche ricorrere a Engels (“Antidhuring”), oppure, se preferisci, alla Arendt, là dove, esattamente nel Vol II dell’Archivio (Feltrinelli, pag. 149) scrive che per Marx la violenza è “la levatrice della storia” (scrive proprio così: per Marx la violenza è la levatrice *della storia*)… Vado a memoria, perdona le eventuali virgole fuori posto; ciò che importa è il senso, non credi? Ah, dimenticavo; di violenza come levatrice della storia in relazione a Marx ne parla anche Lenin, ne parlano Korsh e Lucacs, Brecht ci dedica pagine immense, lo stesso Benjamin prima citato, e forse, se ricordo bene, anche … è impossibile menzionare tutti. Non credere a me, però guardati intorno.

    NeGa

  16. marx è ancor un gigante che dovremmo tutti leggere o rileggere (piuttosto che stra-citare in pillole), ma sono i marxisti, cominciando da engels, che sono ormai, per lo più, quasi tutti inusabili ;-)
    Hannah Arendt se dio vuole NON è mai stata una marxista e si è beccata svariate critiche qando ne ha parlato (anche in Vita activa).
    Io ho quasi tutti i libri di hannah arendt ma non ho i due dell’archivo feltrinelli. Potresti essere più preciso e dirmi di che articolo o saggio si tratta (forse c’è in altre raccolte) mi piacerebbe leggere dove cita la frase e soprattutto se la mette fra virgolette, infatti è difficile che la Arendt cada in errore perchè nel bellissimo e criticatissimo saggio Sulla violenza parla correttamente del concetto sulla violenza di marx che si trova nel pezzo che ti ho riportato, ma non ricordo la frase in versione sorel (che io non escludo sia di marx solo mi piacerebbe sapere dove si trovi).

    Se per caso si tratta dell’articolo La tradizione e l’età moderna, in effetti riportava la frase (quella del Capitale che ho riportato) FRA VIRGOLETTE. mentre la frase la violenza è la levatrice della storia è messa come una sua conclusione preceduta da ovvero (conclusione forse ispirata dalla lettura di sorel).
    A proposito di H.A. in Sulla violenza, c’è una sua bellissima frase sulla violenza
    La pratica della violenza, come ogni azione, cambia il mondo, ma il cambiamento più probabile è verso un mondo più violento

  17. @ Georgia
    La frase della Arendt è in “Religione e politica”: “La riluttanza di Marx a prendere sul serio ‘ciò che ogni periodo dice di sé e immagina di essere’ derivava dalla sua convinzione che l’azione politica fosse in primo luogo violenza e che la violenza fosse la levatrice della storia”. Ho il Vol II in versione di fotocopia e mi risulta a pag 149. Lo stesso saggio è presente in Antologia, sempre Feltrinelli (ho la versione in eBook e la frase è a pag. 219).

    La frase che citi della Arendt sarà pure “bellissima”, però è storicamente infondata. A meno che l’Italia basata sulla Costituzione nata dalla Resistenza – dalla Resistenza, la quale non ha esitato a usare anche il terrorismo – non venga considerata “più violenta” dell’Italia fascista … (ah, quanti esempi potrebbero essere fatti per smentire quella frase!)

  18. Nevio,
    1-2. La contrapposizione è ideologica tra il fare violenza il non fare violenza: quest’ultima pratica non è sinonimo di pratica nonviolenta. L’agire nonviolento non è una pratica che si possa improvvisare e che possa stare facilmente accanto alla pratica della violenza. L’uso strumentale delle pratiche nonviolente può essere valutato caso per caso tuttavia perde molto del suo senso e della sua efficacia se non avviene all’interno di una strategia nonviolenta studiata. Gesù che caccia i mercanti dal tempio fa parte della cultura nonviolenta, così come la provocazione fisica e il sabotaggio.
    Su Marx siamo d’accordo. Come ha detto Formenti, la novità di questo movimento, ben poco evidenziata, è quella di essere un movimento anticapitalista.
    3-4. Vendola si sta un po’ svendendo perché con quegli incapaci e rincoglioniti del PD lui e Di Pietro non sanno più come fare per costituire una coalizione a 3 con un leader e un programma che si mostri al paese pronta a prendere il posto di B. Purtroppo il problema principale è sempre il PD: se il più grande partito di opposizione è così rammollito da corteggiare gli ex alleati di B. ed è propenso a governi di grande intese pur di non fare la coalizione a 3, IDV e SEL dovranno scegliere tra l’isolamento (rifiuto delle grandi intese), col rischio di rovinare la possibilità di uno schieramento di centrosinistra, e il fare compromessi perdendo pezzi del loro elettorato. Non sono in una bella situazione.
    La politica egemonica di IDV e SEL è tutta da verificare. Questi due partiti sono gli unici che non hanno perso il contatto con la gente, e lo si vede dall’essere sempre presenti a cortei, manifestazioni, iniziative della società civile, dibattiti e referendum. L’accusa di volontà egemonica è l’altra faccia della medaglia. L’alternativa è l’inerzia del PD, che non fa nulla, non dichiara mai la sua adesione, salvo poi volersi prendere il merito delle vittorie per l’adesione dei suoi partecipanti. C’è in atto anche il tentativo trasversale (da Repubblica al Giornale) di collegare i Black Bloc a Vendola con fasulle notizie: figurati se Vendola si faceva vedere comprensivo coi BB cosa gli avrebbero attribuito.
    5-6. Gli “indignati” non si sono indignati con la stessa forza per i 3 morti di lavoro al giorno e neanche per l’acquisto dei cacciabombardieri previsto dalla manovra finanziaria, o per le centinaia/migliaia di civili libici uccisi con lancio di missili da aerei che partivano da Sigonella. Certo. E men che meno si sono indignati per questo i BB. Sull’identità degli arrestati sarei davvero curioso di saperne di più. Sono loro quelli più pericolosi? Dove è quel migliaio di Black Bloc sceso in piazza in due tronconi già pronti a devastare, rompere il corteo, condurre la polizia a piazza San Giovanni? Chi sono quei ragazzi ?Il ragazzo con l’estintore, per esempio, significa poco, ha solo lanciato un oggetto pericoloso in un contesto di guerriglia in cui si è trovato. Quelli però che incendiano una camionetta con a bordo un poliziotto per me sono criminali, e non mi interessa se poi organizzano cortei per la Palestina. Quelli che incendiano auto di privati cittadini di fianco di un corteo pacifico sono per me dei teppisti, e li denuncerei se fossi lì a vederli, così magari eviterei l’arresto di innocenti (la signora che gridava dalla finestra ai poliziotti: non sono loro!) o scoprirei che sono poliziotti infiltrati (articolo di Georgia) o altro.
    La causa di quell’esplosione di violenza di Roma e ad Atene è principalmente una causa sociale? Non saprei. Perché allora in Spagna non succede? Lì se la godono, non sono precari? Quali sono le cause della violenza italiana e greca mi pare un quesito molto complesso. In Grecia si sta molto peggio che in Italia, direi. Quest’estate ero in Spagna. Nella Plaza Mayor di Salamanca c’erano studenti universitari ogni sera. Seduti in cerchio, per terra, a discutere. Poi di notte mettevano le tende. Poi una notte sono stati caricati dalla polizia, che ha tolto le tende, l’ho visto e letto (insomma, ci ho capito qualcosa, non sapendo lo spagnolo) sul giornale della provincia; ci sono stati feriti lievi tra i ragazzi, che si opponevano alla rimozione delle tende. La sera dopo erano ancora lì seduti per terra, senza tende. In Italia succede una cosa simile nelle città universitarie?
    7-8. La violenza offusca le manifestazioni ma nello stesso tempo le rinforza mediaticamente. I Black bloc mai hanno avuto tante interviste sui media come ora. Così come i ragazzi della Sapienza sono andati ad Annozero dopo l’altro scempio di Roma, mesi fa. Ma queste vittorie sono solo apparenti, sono la reazione fagocitante del sistema. I media, siamo d’accordo, non considerano la partecipazione un dato importante: la notizia di una grande partecipazione pacifica per i media è una non-notizia. Dicono due parole sul corteo, e poi, delusi, che non ci sono stati scontri. Se ci fosse almeno una bandiera di Israele o degli USA bruciata, il servizio durerebbe il doppio. La colpa è dei media, certo. Ma se tu organizzi un corteo devi chiederti come fare per avere la notizia che vuoi sui media, dato che sei tu che ci vai di mezzo, e lamentarsi di quel che sai già non ha senso, occorre capire come fare a manipolarlo. Evitando solo di usare la violenza, fai poca notizia. Si può invece, ma non è facile, fare notizia con metodi nonviolenti, che prevedono la rappresentazione di un conflitto. E soprattutto una azione. Per esempio: il boicottaggio delle banche non solo armate per la finanza etica, delle multinazionali per il commercio equo e solidale; a scuola, per i docenti come me: il blocco degli scrutini, la rinuncia a ogni attività non obbligatoria, il non dire se si fa sciopero; il quotidiane, dei micro-conflitti di chi resistere alla crisi …
    9. Le indignazioni. E’ chiaro che le istituzioni di potere esecrano ogni violenza. Del resto, però, sanno che la violenza le rafforza. I partecipanti del corteo del 15 ottobre, secondo me, non hanno gradito le violenze e non sono contenti del clima che si è creato. Le delazioni sono poche, inevitabilmente, per questioni pratiche, anche volendolo fare solo pochi potrebbero.
    10. Gli sviluppi: sono curioso anche io, ma dato che in gioco c’è il sistema capitalista, credo che andremo avanti di movimenti in movimenti finché non ci sarà una valida alternativa teorica formulata e raggiungibile, verso cui fare politica.
    PS La frase della Arendt è fallace, nella valutazione immediata. La violenza ha portato, storicamente, a risultati tangibili, anche in senso di diminuzione di altra violenza, in contesti circoscritti. Diverso è il giudizio sull’efficacia della violenza se si legge la storia umana dall’antichità a oggi in termini globali. Da decenni siamo a rischio di una guerra totale nucleare, che si è sfiorato nel 1963, come minimo. Dal 1914, si può dire, siamo immersi in una guerra mondiale senza fine, in cui gli eserciti hanno un ruolo sempre più marginale e il terrorismo e la propria sicurezza personale sta venendo meno in ogni ambiente in cui siamo. Forse sarà il caso di dire che la violenza è un’arma primitiva, da sempre poco efficace, valutando benefici e costi a lungo termine, e oggi più che mai insostenibile, visto dove ci ha portato.

  19. ng grazie dell’indicazione precisa.
    Ho Antologia e quindi ho trovato l’articolo
    Avendo sotto gli occhi tutti e due gli articoli di Arendt che sono degli anni 50.
    Religione e politica, che suscitò moltissime polemiche su cui ritornò anche H. A. è del settembre 1953
    La tradizione e l’età moderna, del gennaio 1954 addirittura ricavato da precedenti conferenze.

    Vedo con interesse che nel saggio Sulla violenza che è una riflessione più tarda della fine degli anni sessanta Arendt analizza nuovamente la vera frase di Marx e, soprattutto, non usa più la versione soreliana come automatica spiegazione ;-).
    Chissà forse le molte polemiche l’avevano spinta a leggersi o rileggersi il capitale ;-)

    Riporto il pezzo da Su la violenza
    Più è diventata dubbia e incerta in quanto strumento nei rapporti internazionali, più la violenza ha guadagnato terreno in fatto di reputazione e di attrazione negli affari interni, specialmente in fatto di rivoluzione. La forte retorica marxista della Nuova Sinistra coincide con lo sviluppo costante di una convnzione assolutamente non marxista, proclamata da Mao Zedong, secondo la quale “il potere nasce dalla canna del fucile”. Certamente, Mrx era consapevole del ruolo della violenza nella storia, ma questo ruolo era per lui secondario; non la violenza ma le contraddizioni inerenti alla vecchia società ne provocavano la fine. L’emergenza di una nuova società era preceduta , non causata, da esplosioni di violenza, che egli paragonava alle doglie del parto che precedono, ma naturalmente non ne sono la causa, l’evento della nascita organica

    Il tutto non per sostenere o controbattere qualcosa (non ne ho la competenza) ma solo per sottolineare che simile frase marx non l’ha scritta e che il fatto che piaccia più la frase di sorel della profonda riflessione di marx è sintomatico di quanto noi moderni siamo stati più vicini alla violenza sloganistica e pubblicitaria del novecento che al vero pensiero di marx. Il che è naturale, ma io vorrei che la brutta abitudine di citare a casaccio fosse oggi meno virale. Prima non c’era la rete uno poteva anche far fare bella figura in una discussione orale, ma ora è solo fastidiosa.
    Citare meno, citare meglio!
    e magari …. verificare la fonte ;-)
    geo

  20. o vai traducicelo tu per benino! ;-)

    The more doubtful the outcome of violence in international relations, the more it has gained in reputation and appeal in domestic affairs, specifically in the matter of devolution. The strong Marxist flavor in the rhetoric of the New Left coincides with the steady growth of the entirely non-Marxian conviction, proclaimed by Mao Tse-tung, “Power grows out of the barrel of a gun.” To be sure, Marx was aware of the role of violence in history, but this role was to him secondary; not violence but the contradictions inherent in the old society brought about its end. The emergence of a new society was preceded, but not caused, by violent outbreaks, which he likened to the labor pangs that precede, but of course do not cause, the event of organic birth.

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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