NON POSSUMUS
di Michele Martelli
dal capitolo conclusivo di Italy, Vatican State, Fazi Editore
In occasione della proposta di legge Bindi-Pollastrini sui Dico, i cosiddetti Pacs all’italiana, nell’editoriale di Avvenire del 6 febbraio 2007 firmato «Av», attribuibile quindi all’allora direttore Dino Boffo, veniva riesumata la vecchia formula ottocentesca del «non possumus», «non possiamo», adottata dal papato di Pio IX nel 1871 per esprimere il rifiuto a riconoscere il neonato Stato unitario d’Italia. Boffo in realtà così anticipava il succo della Nota della Cei di Bagnasco, che nel marzo 2007 avrebbe chiamato i politici cattolici all’«impegno» di dissociarsi dai Dico, negando loro la facoltà di appellarsi al principio conciliare della «libertà di coscienza» e dell’«autonomia dei laici in politica».
A commento della vicenda, proviamo a fare un rapido elenco dei non possumus dei laici.
Primo. I laici non possono rinunciare alla separazione tra Stato e Chiesa. La Chiesa resti nel suo dominio, che è quello religioso e spirituale, e non invada il campo della politica. Che il cardinal Ruini coinvolga la Cei, fuori e dentro le chiese, nella campagna astensionistica nel referendum del 2005 sulla fecondazione assistita; che Ruini e Cei pongano il veto sui Dico, dando una spallata al Governo in carica con l’adunata di massa del Family Day; che il cardinal Bagnasco emani linee e direttive legislative contro il testamento biologico, proponendo al Parlamento un apposito disegno di legge che pregiudizialmente eviti l’eutanasia e altri casi Englaro; che l’episcopato, di cui l’Avvenire è il portavoce, solleciti un decreto-lampo del Governo per condannare (contro il dettato costituzionale e il parere dell’alta magistratura) il corpo incosciente di Eluana Englaro a restare indefinitamente attaccato alle macchine. Tutto questo e altre cose del genere sono inaccettabili per i laici.
Secondo. I laici non possono acconsentire a che lo Stato privilegi una qualche religione, seppure maggioritaria, perché si violerebbe il principio della tolleranza, della libertà e dell’eguaglianza giuridica dei cittadini, religiosi e non. Che la Chiesa goda di esenzioni fiscali per le sue attività di lucro e non di culto; che benefici del privilegio dell’“otto per mille”; che i suoi simboli appaiano nei luoghi pubblici, quali segni distintivi della presunta identità culturale della nazione; che i suoi prelati presenzino le manifestazioni e le cerimonie pubbliche; che il cattolicesimo sia insegnato nelle scuole statali. Anche questo è contrario al principio della laicità dello Stato.
Terzo. I laici non possono accettare la trasformazione del peccato in reato. Si farebbe un “salto mortale” all’indietro di cinquecento o mille anni, ripristinando in forme nuove e surrettizie la teocrazia medioevale e l’Inquisizione tridentina. Che divorzio, aborto, adulterio, pratiche sessuali pre-matrimoniali o extra-matrimoniali, contraccettivi, rifiuto di terapie mediche invasive, fecondazione eterologa, omofilia e unioni civili, che tutto ciò sia punibile come reato, o sia oggetto di legislazione e regolamentazione restrittiva da parte dello Stato, solo perché è peccato per la Chiesa, è incomprensibile e terribilmente retrogrado per i difensori dello Stato laico e dei diritti umani, nonché dell’indipendenza e del primato della giurisdizione civile su quella ecclesiastica.
Quarto. I laici non possono subordinare la ragione alla fede. Se la fede non è «fede dubbiosa», fragile, incerta e senza dogmi, ma sistema compiuto e articolato di verità indefettibili e imperfettibili, e la ragione è invece scienza e conoscenza fallibile e perfettibile, ricerca critica senza fine e senza verità definitive, allora tra fede e ragione c’è totale inconciliabilità. Che la Chiesa pretenda di condannare Galilei per le sue osservazioni astronomiche; imporre che sia poco o non scientifica la teoria di Darwin per la sua scoperta dell’evoluzione delle specie, solo perché contrasta col racconto vetero-testamentario e neo-testamentario del primo e del secondo Adamo; dettare limiti esterni, religiosi, eteronomi alla libera ricerca e sperimentazione biomedica e biotecnologica; rifare della filosofia l’ancilla theologiae, ergendosi a giudice del pensiero libero. A tutto questo i laici sono indisponibili.
Quinto. I laici non possono far propria l’“etica della Verità”, perché sono per un’etica senza Dio, empirica, storica, relativistica. Anche per i laici, come sappiamo, ci sono valori e verità non negoziabili; ma non discendendo da Dio e dai Sacri Testi, bensì dalla storia e dall’evoluzione della specie umana, sono perciò aperti, migliorabili, disponibili a correzioni, ampliamenti e integrazioni. Che la Chiesa possa imporre il suo assolutismo etico, i suoi dogmi di fede, le sue ricette catechistiche di ciò che è “Bene” e di ciò che è “Male”: non divorziare, non fornicare, non usare contraccettivi, nemmeno se sei uno delle migliaia di africani malati di Aids, non abortire, condannare l’omosessualità e le unioni civili. Ecco ciò che è irriducibilmente estraneo ed opposto alla mentalità, ai costumi e all’etica laica.
Sesto. I laici non possono plaudire alla privatizzazione o alla lenta distruzione della scuola e dell’università pubblica, perché sono queste le sedi privilegiate della formazione critica, culturale, pluralista, umanista, scientifica, civile del cittadino democratico. Che la Chiesa pretenda, o ottenga di fatto, il privilegio esclusivo dell’insegnamento della religione nelle scuole statali; che le scuole cattoliche ottengano in meno di due ore il finanziamento pubblico negato dal Governo alla scuola statale, mandandola in malora; che le università cattoliche, come il campus biomedico opusdeista di Roma, possano beneficiare dei soldi pubblici, pur subordinando ricerca e didattica al dogma bellarminiano; che la scienza non può mai contraddire la fede, pena il suo precipitare nell’errore. Ecco un altro gruppo di pretese teocratiche e clericali che i sostenitori della laicità non potranno mai accettare.
Settimo. I laici non possono rinunciare a difendere la democrazia liberale, il pilastro dei pilastri della laicità, la somma delle conquiste politiche della modernità. Che la Chiesa, gerarchica e sacramentale, non riconosca le regole antidispotiche della divisione dei poteri e del Governo della maggioranza; che trami, come nel caso Englaro, contro i pronunciamenti e l’indipendenza della magistratura dall’esecutivo; che non si sottometta alla supremazia della giurisdizione civile, condannando sommessamente intra moenia i preti pedofili come don Cantini, e tentando così di sottrarli ai tribunali dello Stato; che non cessi di intromettersi pesantemente nella vita politica, con diktat, consigli, suggerimenti non richiesti, veti e ultimatum. Tutto questo è davvero intollerabile per i laici, credenti o non credenti, che hanno a cuore la Costituzione democratica.
Sette non possumus, sette principi irrinunciabili del laicismo. Sette essenziali motivi per cui «non possiamo non dirci laici». Per cui non possiamo non sentirci che liberi cittadini dell’Italia laica e repubblicana. Di un’Italia non vaticano-dipendente, ma autonoma e sovrana. Il cui inconfondibile indirizzo e denominazione per un visitatore e osservatore straniero possa essere Italy. Non Italy, Vatican State.
“Che la Chiesa goda di esenzioni fiscali per le sue attività di lucro e non di culto” non so se capisco bene, ma mi pare ovvio che la chiesa non debba godere di alcuna esenzione fiscale, né per attività di lucro, né — se questo comporta entrate finanziarie — per attività di culto, o in generale che debba godere dello stesso regime fiscale di una qualunque altra associazione.
Sì, è ovvio, soprattutto in un moderno stato laico. Ma evidentemente non lo è in Italia, paese nel quale la Chiesa cattolica gode di ampi privilegi esclusivi.
Hotel da quattro o cinque stelle travestiti da case del pellegrino in regime di totale esenzione fiscale…
http://www.youtube.com/watch?v=xdRuA5ka2Ag
yeah my dad will like this
testardamente ripropongo la mia idea strampalata;
si stabiliscano tre punti irrinunciabili, ai quali la sinistra non puo’ e non deve derogare.
Si chieda ai candidati alle primarie del pd di aderirvi pubblicamente.
si chieda il boicottaggio delle primarie del PD qualora cio’ non avvenga.
La sinistra non puo’ pensare di costruire un’alternativa per esempi orinunciado al principio di laicità dello stato.
si abbia il coraggio di credere che in questo paese è possibile la costruzione di una politica fondata sulla laicità, l’inclusione, l’eguaglianza, la cultura, la qualità.