Milano ti ama
di Franz Krauspenhaar
Sono qui, nato e cresciuto nel noord, più o meno a sud del vero nord. In un punto imprecisato. Milano è imprecisabile. Non so nemmeno lontanamente dove davvero si trovi. Potrebbe essere Calcutta ad agosto, Londra d’inverno, e le poche volte che qui c’è vento potrebbe essere Bruxelles prima della solita pioggia belga da paese piatto. Da qualche parte sempre imprecisata, girando per il centro o anche imbastendo la tua via per le periferie, Milano sfuma, senza che tu te ne accorga, in un acquerello triste come un murale messicano notturno al quale certi soliti ignoti hanno tolto i colori caldi. Tonalità di grigio, circoli, spirali di grigio luminescente. Poche le vere luci, la notte, quasi tutte fioche, e le strade che si svuotano presto, e i tram che svicolano ciabattando su ferro a bassa temperatura, e snodi di mani, rasoi di passi, tacchi che secchi rotolano su pavimenti mobili, cigolare di biciclette astute con le auto, che a loro volta piegano a destra o a sinistra verso un chissà chi e un chissà cosa.
Milano è una puttana discreta. Non lo fa per la strada, lungo i viali e sulle vie ci transita, anzi si fa transitare in lungo e in largo. Milano è una puttana discreta che all’occorrenza riceve in casa tra la cocaina dei depressi che si deprimono ancora di più ad essere talvolta un po’ giù di corda, poveri diavoli, poveri loro.
Nelle parole della gente dei locali discretamente baluginanti dei Navigli questa città ha in parte perso lungo gli anni della crisi – da Tangentopoli in poi- il gusto della battuta alticcia e il gonfio brusio allegrone del dialetto locale. Però molti milanesi restano più fanfaroni e battutisti di quel che si pensa da fuori; sanno scherzare in un modo che a volte non ti aspetti, non raramente si tratta di veloci rasoiate dispettose, ma non ti fanno quasi mai male. Il vero milanese è generoso, quella del coeur in man non è una diceria autoprodotta da un cacciar balle vanaglorioso, è qualcosa che senti con una certa nettezza – sempre se lo vuoi sentire- quando chiedi un’informazione e questa ti viene data con tutti i particolari, quando qualcuno ti fa passare avanti con un sorriso gentile, quando in una certa tristezza sai leggere una profondità di campo che ti spinge verso sogni pieni di senso.
Lungo i Navigli, camminandoci a passo felpato come a voler braccare, da cacciatore di sensazioni, la preda dei tuoi ricordi, pensi a volte agli anni 80 deglutiti per sempre, spezzettati da fiumane caracollanti qui e ora di ragazzi in camicia bianco- entusiastico, di donzelle sculettanti a falcata doppia per voglia di vivere e bramosia dell’estate, da esposte birre lisce e cioè senza schiuma – e questa stupida mancanza è una delle poche assurdità che a Milano non perdonerò mai.
E’ una giostra un po’ più lenta, adesso, quella di questo passeggio interminabile.
Pagale! Mi disse un cinese, ridendo, una volta. Pagai. Glazie, disse lui. Plego, risposi io, milanese che sa adattarsi ai nuovi venuti.
Il cinese stava dalle parti dello stadio di San Siro, in un ristorante di sua proprietà vicino allo stadio: Trapattoni/ Mattheaus/ Ronaldo, gol. Una folla invisibile urla di gioia assurda, il rombo di questa grancassa di gola è come un tuono di Zeus che spezza in tronconi molli l’aria del mio quartiere per metà periferico. Nessuno ci fa caso, la Scala del calcio, la Mecca di troppi lavoratori precari, anche qui, ( e perché qui no?) e il polmone economico non è più tale, tossisce, sputa, o perlomeno respira da anni con molta più fatica di un tempo.
Fiumane di stranieri tra loro sempre più diversi, ogni anno che passa. Facce spesso scure spesso sorridenti, denti bianchi spiegati in sorrisi antichissimi e leggeri come la purezza che non può svanire se con la vera purezza si sta trattando. I peruviani sbronzi sul metrò che prendono a pacche sulla schiena altri peruviani sbronzi. Le mogli peruviane dei peruviani ridono dei loro mariti peruviani sbronzi e anche a me viene da ridere ma non so perché, l’importante non è sapere, l’importante è ridere soprattutto di noi stessi anche o soprattutto al cospetto degli altri.
Milano sa essere buona, sorridente e gentile con chi umilmente prova ad affrontarla a mani piene di voglia di comprenderla anche senza capirla. Forse questa città è una prova universale. Devi superarla, andare nel senso contrario rispetto alla fiumana degli umani che sembrano disumani soprattutto per via dell’ umanissima fretta che li abbindola. Una fretta però laconica. Dovuta forse a un bisogno di essere puntuali anche quando questo bisogno è solo un umano riflesso condizionato, un corrugamento del pensiero da umano cane di Pavlov sciolto, e gli impegni imprescindibili sono spesso degli alibi costruiti con cura per non pensare a fondo. Vai umilmente in controtendenza, se vuoi respirare meglio; salmone per puro spirito di sopravvivenza, nuoti controcorrente come il barcarolo romano, ma qui sei in un fiume in piena che non si vede ma si avverte nello svolgersi incrinato dalle ondate rifrangenti del traffico.
E’ più che possibile integrarsi in questa città conservando il proprio spirito veramente intatto, la propria fierezza d’origine denominata nel tuo intimo, nel tuo selvaggio cuore bandito di dove diavolo sei nato e hai vissuto fino a quando hai incontrato Milano, la puttana discreta, e ti sei fermato tutta la notte per rimanere nel suo letto, che la mattina viene da lei rifatto con lenzuola sempre nuove, perché i clienti sono sempre tanti.
Allora ci sei, allora sei già milanese anche se qui ci sei venuto per la prima volta soltanto un mese fa.
Milano sa essere buona, sorridente e gentile: e lo sa essere con chi ammette dentro e fuori di sé che questa città ha un’anima multitudinaria, che non è riassumibile, che se provi ad esprimerla in un concetto rischi di fare la figura del presuntuoso incosciente, che è camaleontica, che è spietata, spesso, con chi s’è fissato a vederla soltanto come tale. Una città cattivissima con i pedoni – ché spesso i piloti da teatrino accelerano proprio mentre stai attraversando la strada, anche qui per un riflesso condizionato che non ha spiegazione logica, o forse solo perché gli assassini a volte sono proprio i nostri gentilissimi vicini di casa; buonissima invece con chi prova a entrare in certi bar spesso da habitués per provare a parlare con un sorriso vero con la gente di qui, che è gente per la maggior parte fatta delle origini più disparate, che è gente di Calcutta, di Londra, di Bruxelles, di dove, dove non so, ma si, di dappertutto e di nessuna parte, Europa come minimo, Pianeta Terra senz’altro, Universo al cento per cento.
Milano è una prova. Se il timido ha qualche probabilità di venir fuori totalmente e definitivamente dalla sua impasse caratteriale qui davvero può farcela, e se ce la fa vuol dire che senza saperlo aveva proprio la stoffa, ora cucita perfettamente addosso al suo abito mentale, dell’estroverso. Non sapeva di poter vincere, tutto qui; e a Milano ne ha la prova provata, ha potuto lottare e vincersi, e da questo momento essere estroverso in qualsiasi altra parte del mondo sarà per l’ex timido una semplice passeggiata sotto un sole che è la luce del mondo, da qualsiasi parte questo mondo provenga.
Cattolica dal Duomo in giù e calvinista negli uffici che contano. Denaro che non si vede ma si sente sgorgare asmatico dagli scappamenti di certe Porsche morbidamente rombanti, ed enormi come cassapanche semoventi da 250 km /h, e nere come i corvi del malessere di Van Gogh all’ultimo quadro mobile della sua ultima stazione del delirio.
La metropolitana in discreto disordine, zeppa di gente stanca dal lavurà, e sicuramente anche d’altro che non dice. Pochi parlano, pochi altri parlottano. Fuori, i clacson urlano ricorrente nevropatia, mentre la gente tace, o parla con la sordina; non la senti, devi tendere l’orecchio alzando il volume al tuo stereo interno in quasi costante fruscio di sottofondo. La mia Milano in tanti momenti è una città-film con la colonna sonora del rumore ma senza dialoghi.
Un città amabile se c’è l’amore, come dappertutto. Se hai voglia di intristirti per tante ragioni tutte condivisibili, qui non c’è problema, puoi morire da solo senza un battito di ciglia che ti sfiori lo sguardo. Se hai voglia di essere allegro c’è qualche problema, si, ma di piccolo cabotaggio; tutto si può risolvere: Milano sa aspettare, ha pazienza, sa soffrire con dignità, soprattutto sa accogliere senza che tu te ne accorga, e allora certuni che a Milano hanno messo radici pensano superficialmente che qui ce l’hanno fatta da soli contro tutti, ma si sbagliano. Sai che ce la puoi fare, qui, se lo vuoi veramente, se qualcosa di veramente bello hai voluto intravedere in questa città dipinta con la fretta di un pittore distratto da chi non la conosce o non la vuole conoscere per un pregiudizio che è saggia verità, finché questa saggia verità si trasforma nella sua ancora più saggia sconfessione, e allora tutto ti può apparire del tutto diverso, sai che Milano ti può dare tanto, ti può dare persino tutto.
Milano la puttana discreta ti fagocita lentamente mordendoti i nervi del collo come un vampiro pieno di premure e si nutre della tua fretta di arrivare – se non altro a capire-, e del tuo marasma interiore, che è soltanto una delle tante espressioni della tua brama di vivere, e della tua fame di cielo.
Milano è come una donna che ti ama ma non te lo dice.
(Maggio 2006 – in un momento difficile)
Solamente un pezzo diaristico. Nient’altro.
Mi auguro che il momento difficile sia passato…
Iannozzi: è però un bel pezzo diaristico, no?
io amo Milano,
di lontano…..
Io amo Franz, scrittore di razza e anima grande.
Milano un po’ meno.
Ha il cuore in mano, fa ma in fretta a rimetterselo in tasca.
Sarà perchè sono un campagnolo cronico.
Uhm, non amo tutto ciò che è diaristico. Una mia idiosincrasia. :-)
Forte..nei momenti più duri, riversare la propria interiorità come un fiume in piena è liberatorio per l’autore, ma anche chi legge ne può giovare, assaporarandone l’energia, la potenza, l’imprescrutabile labirinto della mente e l’affascinante balenarsi di paesaggi e stati d’animo. E’ come scoprire meravigliati la vita pulsante, elettrica, e provo belle emozioni.
ciao e buona Fortuna!
Grande Franz. Sempre più padrone di una scrittura che affascina e avvolge, che stritola e accarezza, come solo gli autori veri sanno.
Iannox, certe volte non ti capisco proprio. O forse la poesia di Milano la può capire soltanto chi è venuto qui e ha trovato gente che gli ha dato la prima e la seconda chance? Se è così, Iannox, vieni a Milano (se già non ci sei). Magari perderai panorami e aria buona, ma guadagnerai qualcosa che è dentro di te (di ciascuno) e fatica a uscire fuori. Io la chiamo fiducia nell’umanità. Sono sicuro che Franz mi capisce.
uno dei pochi scrittori italiani che hanno dentro quello che scrivono, non vanno a cercarlo chissà dove, o chissà come. una scrittura che si sente, che ha qualcosa da dirti e te lo dice, in un modo che diventa poetico non per volontà, ma per natura. i titoli possono oscurare la sostanza. qui il vero titolo è la sostanza stessa.
La milano sotterranea di uno scrittore che é sempre un gran piacere
leggere.
A Milano si impara a vivere e a soffrire in disparte…
Milano non è più quella di una volta.
Le messe in piega della Moratti negli anni Novanta, eh?
Il modello pagoda, dico.
ma che dici?
OT
IL TG5 DISTORCE LE DICHIARAZIONI DI STRADA PER COLPIRE IL GOVERNO (ED EMERGENCY, OVVIAMENTE)
“E’ la prima volta che succede nella storia, la prima volta, che quando si fa uno scambio di prigionieri perchè due parti si mettono d’accordo e decidono di affidare a qualcun altro di mettere in pratica poi l’operazione. E’ la prima volta – ha aggiunto Strada – che chi poi la mette in pratica viene arrestato. E questa è un infamia di cui sono responsabili sostanzialmente due signori e tutto quello che loro rappresentano, Hamid Karzai e Romano Prodi”.
Accuse dirette a Prodi e Karzai? Sì, con spiegazione. “Ritengo Hamid Karzai e Romano Prodi responsabili della carcerazione senza alcuna motivazione di Ramatullah Hanefi. Non ho mai detto invece che li ritengo responsabili della morte del giornalista afghano Adjmal Nasqebandi”, ha precisato il numero uno di Emergency”
E infatti ho appena sentito quel servizio di disinformazione che si chiama TG5, che ha aperto con le accuse che Gino Strada avrebbe rivolto a Prodi e Karzai per l’uccisione di Nasqebandi.
Con furbizia poi nel servizio il tg5 ha fatto sentire le parole dalla voce di Strada che accusavano Prodi e Karzai, e dopo il giornalista ha parlato anche del mediatore di Emergency incarcerato, per la cui liberazione Strada si batte. Insomma, nei titoli ha detto che Strada accusa Prodi e Karzai dell’uccisione dell’interprete, poi manda la voce di Strada che, senza far riferimento all’uccisione dell’interprete, dà la colpa a Prodi e Karzai, secondo le parole scritte sopra tra virgolette, quindi il giornalista del servizio parla anche del mediatore di Emergency, mischiando così nel servizio le due questioni e lasciando all’ascoltatore l’impressione che Strada dia la colpa (gravissima) a Prodi e Karzai sia dell’uccisione dell’interprete sia dell’incarcerzione del loro mediatore.
Che vergogna, protestate, boicottate.
Lorenzo Galbiati
ommamma gli OT. esiste la bacheca figliuolo, lo sai?
Caro Lorenzo,
non sono una che non si batte, ma con i tg del TG5, Rete4 ed Italia1 ho smesso, conviene lasciar perdere.
A meno che uno non abbia una scorta inesauribile di fegati, che può mangiarsi ogni volta, io la mia l’ho esaurita invece….:o)
E poi conservo la pia speranza che la maggioranza degli italiani guardi le notizie sulle reti Rai, anche se sono come sono. O su LA7…:o)
Chiedo scusa alla Faccina-Che-Ride per il mio commento, che ha perserverato nell’OT…:o)
figliuola cara, io la perdono, ma se tutti facessero come lei…
Ma lei ha ragione, Padre-Faccina-Che-Ride…:o)
Sono veramente pentita..prometto che non lo farò più.
Un ultimo favore, posso ?
Se dovesse sentire l’autore del pezzo su Milàn, me lo può salutare cordialmente ?:o)
@ FERRAZZI
Ci sono stato a Milano. Più volte per periodi più o meno lunghi.
Brutta città, non per la gente, non per tutta, ogni città ha le sue mele bacate. Una città soffocante, cemento che brucia d’estate e freddo più del marmo in inverno. Claustrofobica.
Ci siamo pure incontrati…
Sì, Franz ti capisce sicuramente. ;-)
ehm iannozzi, vada, vada pure. stia a torino, neh? le piace la menta? sì? e allora stia là. milano è una città da duri. neh? capito? ciao bello di paparino.
Una descrizione molto intima di Milano. La città lancia una dichiarazione d’amore al viaggiatore.
Franz K fa un’analisi sottile dello spirito milanese.
Brucio dal desiderio di conoscere Milano.
Ma no, dai, un giorno vorrei trovarmi in compagnia di Riccardo e di Franz, una bella tavola per tre: anche lì ci sono delle pizzerie, mi pare, e gli sciroppi alla menta. Già. Mi piacerebbe che ci si incontrasse tutti e tre, così Riccardo mi spiegherebbe il pensiero di Franz e Franz quello di Riccardo, e poi Franz e Riccardo cercherebbero di psicanalizzarmi. E spero che poi lì si fermino. :-D
un textum intrecciato da tessitore raffinato
come diceva musil: quel che ci tranquillizza…è infilare un filo, quel famoso filo del racconto di cui è fatto anche il filo della vita…
proprio così.
a me non piace granchè, a parte le ultime sei righe. alcune belle immagini (la puttana discreta, i peruviani sbronzi), ma il resto mi sembra un po’ noiosetto, con un po’ di luoghi comuni che dicono poco. è la milano di un pendolare, almeno così sembra.
manca lo sguardo dentro i palazzi. milano sono quei palazzi di marmo grigio e spento, che guardi dentro e c’hai un giardino con l’agave e i fenicotteri rosa. gente che vive per accumulare profitto e piacere, ma che mai vorrà ammetterlo, men che meno a se stessa. milano è ancora figlia di quello strano calvinismo della spagnaustria di umore borromeo.
Beccalossi ha detto molto bene.
Comunque teniamo conto che d’una pagina di diario si tratta.
Non credo che sia un lavoro con delle pretese letterarie. Almeno spero.
ah sì, milano è quella dei fenicotteri rosa, sì… bravo, sì, vai a mangiare la pizza con iannozzi che l’è meji.
Se Franz e Riccardo riescono a far coincidere i loro impegni, io una pizza me la farei. Ho pure lo schioppo pronto per i fenicotteri. :-D
Milano è cemento, quello brutto, littorio: dovunque posi lo sguardo solo cemento grigio, palazzi alti, sembrano loculi l’uno sull’altro. Ti dà proprio l’impressione d’un lager-città. Mi spiace: ma città più brutta non ho mai visto.
Bel pezzo, fatto girare anche clandestinamente in famiglia, dove abbiamo un milanese.
FK, sei proprio un milanese.
su fenicotteri e cemento littorio: la casa coi fenicotteri rosa dentro sta dalle parti di via mozart ed è del cav. invernizzi, quello della stracchinella. lo citavo come iperbole ad esempio delle perle naturali che stanno dentro i grigi palazzi. (vedi il bel libro di fotografie: “Cortili di Milano”, di Mario De Blasi-Guido Lopez). qui sta il punto: dietro il cemento serioso, c’è dell’altro, che non vuole essere mostrato. è per questo che dico che i palazzi di milano, con i loro cortili, sono il miglior esempio di questo strano catto-calvinismo meneghino: assieme al marmo di candoglia, il materiale con cui è stata tirata su la città.
dai, fk, vieni anche tu a mangiare la pizza con iannozzi (forse un risotto giallo l’è meji)
Il riso non mi piace. Mi ricorda Milano e i cinesi.
Iannozzi, ma lo sai che tra te e Beccalossi mi sembrava che parlaste di Torino?
Guardo, Riccardo – ma anche per Franz è la risposta -, sinceramente non è che sia così tanto amante di Torino. Anzi. Per me, che non faccio il tifo né per la Juve né per il Toro né per il Derby di frutta, Torino è una città: italiana purtroppo. :-(
in realtà stavamo parlando di Gomorra.
Beccalossi, sì, lo so bene anch’io, caro: Invernizzi ecc. Via Mozart ecc. Ma il punto è: quante pagine mi dai per parlare anche di questo? Perchè allora un modesto, breve pezzo diaristico (sono d’accordo, anche sul fatto che è pieno di difetti) diventa altro. Io sono proprio un milanese, ma tu (senza offesa) sei un forestiero che l’aria di Milano proprio non la “sente”. E si legge. Come Iannozzi, che da Torino ci racconta quanto è brutta Milano. E’ come se da Francoforte un Herr Schulz qualsiasi ci venisse a dire quanto è brutta e industrializzata Gelsenkirchen.
Ah dimenticavo le cose piacevoli: Veronique, venga a Milano, l’attendo a braccia aperte.;-))
Ma dai! A Milano ci son stato tante di quelle volte, purtroppo. Ma non per la gente, che poi, a dirla tutta, non è poi troppo diversa da quella torinese: chiodo fisso, Bossi e Lega, perlomeno tra quelle frange benestanti e razziste. E’ la città in sé che è soffocante: anche in p.zza del Duomo, ti vedi tutto questo spazio, occupato da cinesi perlopiù, in fondo il Duomo, e al poveraccio che ci si trova in mezzo un senso di soffocamento e di dolore al petto. Cerca riparo sotto i portici, e si becca una cacca di piccione sul vestito. :-)
Venga a Torino piuttosto, le faccio conoscere i centri nevralgici del satanismo, invito esteso anche a Vater: così, chissà, un domani potreste scrivere qualcosa su questa città presa d’assedio dal Demonio, e Valter potrebbe citarmi nel suo prossimo libro per avergli dato informazioni su una delle città più esoteriche da sempre. Ci sono tante leggende: alcune molto belle, anche pubblicate da piccolissime case editrici a carattere regionale se non cittadino. Ho parecchi di questi libri, molto folkloristici e di difficile reperibilità perché stampati in poche copie: mi hanno insegnato a vedere il Male nell’architettura torinese. :-) Insomma, ci sono tutti gli ingrendienti per un romanzone di quelli da far accapponare la pelle. Altro che i quattro capponi manzoniani del Renzo. :-)
Caro Giuseppe, grazie assai per l’invito ma per il prossimo romanzo preferirei evitare il satanismo: mi sono già intossicato con questo.
Però se vengo a Torino un cafferino ce lo prendiamo, neh?
Il 12 maggio sono a metà strada: faccio il reading ad Alessandria, grazie all’interessamento dell’amico scrittore Danilo Arona (quello si scrive storie da brivido: nessuno di voi ha letto Palo mayombe?).
Ho vissuto a Milano dal 1996 al 2003. Dai 19 ai 27 anni. Prima in zona De Angeli. Poi in Corso Lodi. Nei giardini dei palazzi ci sono entrato. In quelli di via Borgonuovo ad esempio. Poca cosa. Milano non è provinciale, sciattamente pretenziosa, come una borsetta di Prada. Milano non è un orrendo aggregato di edifici modernisti, in realtà di una classicità grottesca. Milano è una donna di cui non puoi fare a meno. La ami. Una volta. Per sempre. Ti resta dentro come un rimpianto. Milanesi non si nasce. Milanesi si diventa. E lo si rimane per sempre. Perché è l’unica città che ti ha alienato con un rapporto carnale.
Morgillo ha capito tutto. Zona de Angeli? Anch’io, ma più verso Piazza Velasquez.
Iannozzi: alla fine hai spostato l’asse del discorso sulla tua Torino – gran bel centro, complimenti…
E bravo!
:-)
Scusate se intervengo come terrone in questa chiacchierata nordista… ;o)) Io sono nato e vivo a Roma: città che non puoi fare a meno di amare e odiare in modo viscerale. la mia ragazza invece vive a Milano e quindi ci vado spesso, tutte le volte che posso, e secondo me Milano a modo suo è una bella città anche se la trovo molto peggiorata da quando ci andai la prima volta nei lontani anni ’70 ma da allora è peggiorata tutta l’Italia e non solo quindi… :o))
Purtroppo Milano, come Roma, è vittima di molti luoghi comuni. Dicono che sono riusciti a sconfiggere il comunismo ma il luogocomunismo è praticamente imbattibile… ;o))
Il pezzo di FK riesce almeno a scrostare parte di quella roba.
pepe
questo pezzo è come una richiesta d’ascolto ad una donna amata cui si riesce a dire sempre troppo o troppo poco.
l’amore a volte è un isolante che ha lo spessore, le pareti, le mura scrostate di una città intera.
FK vedo che continui a fare dell’appropriazione indebita di milano. Ma è tipico: uno crede di sentirsi amato o odiato in esclusiva, da Milano. Te lo dice uno che è “forestiero” tanto quanto te.
Non mi interessa quali fossero le ambizioni del tuo ‘pezzo diaristico’ (genere che, da ignorante, non conosco); d’altronde mi pare di capire che i pezzi diaristici, per definizione, non possano avere ambizioni. So però che parlava di Milano: l’ho commentato solo per quello. E mi pareva semplicemente che, nel descrivere la città e il suo spirito, mancasse di qualcosa. Per questo non mi piaceva molto. Ma non stavo crocifiggendo la tua idea di Milano: solo facendo una critica a un breve scritto, mi pare.
Non voglio trattati; la questione dei cortili e dei palazzi era solo per dire che, secondo il mio umile punto di vista, Milano è una città che nasconde, prima di tutto a sè stessa. Ed è una cosa che reputo fondamentale, che connota la città e i suoi abitanti in maniera decisiva, anche quando si racconta in maniera modesta e sincera, come nel caso di un pezzo diaristico.
Dell’aria di Milano ne ho pieni i polmoni; dei milanesi, spesso, i coglioni.
Subito dopo la maturità classica, prima di iscrivermi all’università, ho fatto il servizio militare a Pinerolo. Nizza Cavalleria. Ero un dragone sul cingolato… A mezz’ora di treno da Torino. Città in cui ho avuto i miei primi rapporti sessuali. Torino non ha la presenza fisica, carnale di Milano. Torino è bella. Non ti guarda nemmeno. E non ti chiede di essere amata. Ma solo di essere attraversata parlando sotto tono, sempre conservando il tuo accento. Orrenda la Stazione di Porta Nuova. Più comoda Porta Susa.
La pizz à napule
l’agnulot cum mia
Mais kel vonne fanne disent
ces quatre plumes ki te parlent ainsi
cull’uocchie stritte sur la belle mise
de paroles qui leur pendent du nombril
te digo que a turin se mangia d’otro,Franz
ke pizza kella la mangiamo a Naples
nuie ce bevimme o vine de le langhe kine de cuerpo
et l’agnuloto drito ne la panse
(alla faccia è iannoz e de tutte quante)
effeffe
Napoli
donde sta piazza velasque?
mo devo chiederlo a Pino?
il mio san Daniele!!!!
@ :-)
Sai com’è? A forza di parlar di Milano, ho preso il treno per Torino. ;-)
@ Valter
Accidenti! Quindi niente “I sei giorni nell’inferno torinese di Valter Binaghi cronista milanese”? ^_____*
Niente. Sarà un fantapolitico ambientato in argentina.
Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce de’ criature
che saglie chianu chianu
e tu sai ca nun si sulo.
Napule è nu sole amaro
Napule è addore ‘e mare
Napule è ‘na carta sporca
e nisciuno se ne importa
e ognuno aspetta a’ ciorta.
Napule è ‘na cammenata
inte viche miezo all’ato
Napule è tutto ‘nu suonno
e ‘a sape tutt’ o’ munno
ma nun sanno ‘a verità.
Napule è mille culure
(Napule è mille paure)
Napule è ‘nu sole amaro
(Napule è addore e’ mare)
Napule è ‘na carta sporca
(e nisciuno se ne importa)
Napule è ‘na camminata
(inte viche miezo all’ato)
Napule è tutto nu suonno
(e a’ sape tutti o’ munno)
Perché proprio in Argentina? O____o
Napoli è bbbona
coma a mamma sua…
Binaghi, questa è una “minaccia”:
se scopro che anche tu, com’è (mal)costume ormai diffuso, apri un blog per tenerci aggiornati sui “progressi” del tuo nuovo romanzo, sui kili & centimetri che eventualmente avrai messo su, sulla tensione e gli spasmi della creazione, sulle scopate a cui hai rinunciato per seguire passo passo la tua creatura – ebbene, caro:
non una copia del libro metterà mai piede nella mia libreria. E, di conseguenza, nella mia biblioteca.
Scrittore avvisato…
Ante – posto che TUTTO lo scritto (per me!) è “diario” dell’esistere/del percepire/del vissuto e dello status di uno scrittore…
Franz, ho amato molto l’immagine del Vampiro (che è Vampiro e non Zecca – con tutte le implicazioni della scelta): un eterno gioco di morsi (dati e avuti), carne, anima e sangue.
“Un città amabile se c’è l’amore”: la chiave che è volta – il cielo (che si tinge, a seconda…).
Pur tanti ( e quanti!), continuano a voler rovinar/rovinarsi una giornata di sole, puntando il dito sul centimetro quadrato di foschia…
E intanto il sole splende!
BE your beam, Franz!
SHINE & SHOUT!
Chiara
@Fiorello
Oibò, chi è costui di cui lei parla?
Il bloggaro narciso, perfino più di tutti questi?
Mi dica, mi dica, che ci faccio il taglio scolpito, ci faccio.
Barby, tesoro, se fai un giretto in rete, di “costui” ne trovi parecchi. Ma forse è meglio di no. Perché mi sa che, se capiti in un certo posto, più che fargli il taglio scolpito, ti viene voglia di “incidere” molto più a fondo.
Capìta l’anti – phòna?
Credo, comunque, che col Binaghi, da questo punto di vista, andiamo sul sicuro. Lui ci tiene molto a che i suoi libri siano esposti nelle mie vetrine.
Scusate i riferimenti alle mie cose, palesemente OT in questo thread, era solo per rispondere a Iannozzi.
Non preoccuparti, Binaghi, noi ti vogliamo bene lo stesso, soprattutto se continui a scrivere libri come l’ultimo. E poi, non te ne sei accorto? Ormai nella riserva indiana è rimasta solo la tribù degli OT.
Comunque, non hai detto niente riguardo alla mia minaccia. Lo stai per caso aprendo, il blog?
P. S. di un O. T.
E poi, rispondere a Iannozzi, non dimenticarlo mai, è sempre “cosa buona e giusta”.
non so fare le equazioni!
Però devo dire che quel “:-)” a me mi piace. Anche Riccardo. Secondo me sono intimi, cioè fratelli o giù di lì. ^___*
Gran bel pezzo. Caro Franz, su Milano hai visto tutto. Sentito tutto e respirato tutto. Puttana generosa con chi osa amarla.
Iannox a furia di vedere anche quello che non c’è diventerai strabico!
Franz? Un mio omonimo? Bene! E grazie! (Ma vacci piano con l’understatement, eh?)
Ringrazio Riccardone “Richard Wagner” Ferrazzi, milanesone doc, uno scrittore che conosce bene, anche, una certa aria malinconica di Milano.
E un caro saluto a Beccalossi, che ha scritto secondo me cose giuste; a proposito, la Milano dei palazzi patrizi è stata descritta benissimo, per esempio, da Gianni Biondillo, soprattutto nel suo primo romanzo, “Per cosa si uccide”. In contrasto con la Milano dell’estrema periferia, quella quartoggiarese.
Un abbraccio a Effeffe, poeta performer, attore dei propri scritti.
Uno a Fiorello “La Guardia” Mannoia, dietro cui si cela un poeta di valore assoluto.
Un abbraccione al mio nuovo fratellone Valter Binaghi.
Una forte stretta a Chiara Daino (“bella, salda, forte, calda, nome kiaro d’animale raro”).
Un grazie di kuore alla dolce Ophelia.
Un ciao ciao con la manina a Iannozzi…
Astigmatico, vorrai dire, cioè volete dire. :-)
Ciao a Tutt* con la manina e il fazzolettino bianco. ^___*
Deamicisiano.
Sì, ma con un tocco di Dickens però. Eh. Oh ragazzi, (mi riferisco soprattutto a Roberto Santoro The O.C.) se dovete fare una critica letteraria fatela seria. No?
:-)
….a patto che fai il serio anche tu, F.K.!!!
;-))
Io sono sempre serio, cara Carlita. E mi fa specie che tu finga di non saperlo…
fk…
carlita mi piace assai,
e poi…
ho sempre saputo che sei un duroserio con la D maiuscola!
;-)
“Milano è cemento, quello brutto, littorio: dovunque posi lo sguardo solo cemento grigio, palazzi alti, sembrano loculi l’uno sull’altro. Ti dà proprio l’impressione d’un lager-città. Mi spiace: ma città più brutta non ho mai visto.”
A me invece spiace comunicare all’autore del qui sopra commento che Milano, di littorio, ha poco e niente. Che non sia la più bella città del mondo è sicuro, ma che sia la più brutta, bè, mi fa pensare che l’amico qui sopra abbia viaggiato pochino e si sia fermato a Venezia, Firenze, Siena, Roma e via così. C’è da dire, poi, che Milano ha la sfiga, pardon, la sfortuna, di essere in Italia e quindi circondata da città straordinariamente belle. Ma se si va in Germania, in Centramerica, in Asia, in Inghilterra, in Francia, ha idea, il nostro amico qui sopra, di quanti rutti di città troverebbe? Temo di no.
Poi, altra cosa per l’amico qui sopra, che conosce Milano con la logica del “turista giapponese in pulmino”. Milano non è tutta dove la vedi, purtroppo, e lì sta il suo limite. Devi aver voglia di viverla. Non è una città da cartolina e tanti saluti. Milano è dentro i giardini. E’ fermento notturno, il quartiere Isola, le luci gialle di un tram che sferraglia alle sei di mattina, via Venti settembre in un pomeriggio di sole, i graffiti multicolori sul muro di una casa in rovina, installazioni audio video in un capannone abbandonato, trattorie di cui non leggerai recensioni sul Corriere, un parco vietato ai maggiori di dodici anni, un barbiere che lavora ancora al Diurno Venezia (sai cos’è?), architettura e design al servizio del loisir (certo, anche questo è Milano, e allora?), la verticale di quel regista afghano che magari a te non interessa ma, se ti interessa, a Frittole o a Negrar (e anche a Verona) non la trovi sicuro.
Milano non è una città per pensionati. E non credere, io non amo Milano. Vado a tratti. La amo. E la odio. Ma quando sento qualcuno che ne parla in modo superficiale e pressapochista mi infastidisco perchè sono i soliti, triti luoghi comuni. E i palazzi grigi a Milano, e Italia pizza mafia e mandolino. Che noia.
Il pezzo di Franz, invece: emotivo, duro ma smuove, si sente che è scritto in un momento difficile.
E all’amico qui sopra che lo definisce una pagina diaristica dico, quella spocchia da critico de noantri, lasciala a Torino (che non è poi ‘sta cosa). Anche a me piace Tolkien, ma il mondo, grazie a dio, non deve essere per forza a misura di hobbit.
Viva la Cina e le bandiere rosse.
Faro delle Democrazia esportata a casa mia.
beccalossi critico letterario mi mancava. e beniamino placido calciatore, allora? e iannozzi essere pensante?
[…] (Il precedente, Milano ti ama, postato in aprile, è qui: https://www.nazioneindiana.com/2007/04/09/milano-ti-ama/#comments) […]