Colonia Alpina Ferranti Aporti Nava

di Marino Magliani

Mio padre aveva 55 anni più di me. L’estate faticava in Francia nei ristoranti della Costa Azzurra.

Mia madre lavorava la terra e l’aspettava. La casa dove abitavamo aveva un’entrata buia. Dalla finestra della camera d’estate si sentivano le rane.

Era un paese lungo, con un torrente che passava sotto il ponte di pietra, paese piantato al selvatico, come si intende da noi quando il sole se ne va presto. Ci sono modi di dire che in dialetto non si usano più, non si menzionano più oggetti, campagne crollate, franate dopo secoli di alluvioni, inghiottite da incendi e rovi, nomi scomparsi, anche di persone andate via e mai più tornate. Ma il buio dei fondovalle non si può estirpare da una lingua.

Sarebbe come togliere l’umidità alla nebbia di questa costa del Nord, dove vivo ora, la sabbia alle dune.
Allora era tutto quel buio a intristire ulteriormente i portici e i budelli che attraversavo per entrare in casa.

Non posso dire di essere stato un bambino precoce, e se ricordo bene, anche a fare il chierichetto ci andai tardi. La domenica mattina davo la mano a mia madre e insieme si risaliva il carruggio. A metà cammino lei cominciava a darmi dolci strattoni per non arrivare a messa finita. Io allungavo in cima, dove iniziava il rettilineo. Dopo la doppia curva apparivano in dirittura la chiesa e gli alberi.

Un giorno mi liberai della mano con uno strattone e attraversai la strada… Stridore di gomme e grida.
Un’utilitaria che poi mi dissero essere azzurrina mi allontanò nuovamente una dozzina di metri dalla chiesa. Rimasi all’ospedale un mese. Mi andò bene. La gente quand’ero bambino mi diceva sempre ti è andata bene. Oppure: ti è andata mezzo bene, puoi essere contento.

[questo è l’inizio del racconto lungo di Marino Magliani “Colonia Alpina Ferranti Aporta Nava”, pubblicato da Senzapatria (2010), con prefazione di Giulio Mozzi]

Print Friendly, PDF & Email

5 Commenti

  1. Scrittura scorre in un torrente, con parole creando un paesaggio disfatto,
    sotto la malinconia del dialetto acquattato, una svolta e il racconto evoca l’incidente.

    Un inizio promettente…

  2. La prosa di Marino è speciale. Ha la capacità di tenere incollati alla pagina e di far viaggiare con la fantasia. Dovrebbero farlo tutti, e invece sono pochi quelli che lo sanno fare.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

Abbagli tra le rovine del mondo caduto

di Alice Pisu
Intrigato dalla vita nascosta nella materia morta, da ciò che è ormai privo di senso, Voltolini genera visioni nel gioco di accumuli utile a sostanziare una dimensione estranea al noto. La tensione alla vertigine esorta chi legge a concepire una cifra di inconoscibilità e al contempo di familiarità in luoghi infestati dalla solitudine: analogie con l’ignoto che ogni individuo sperimenta se osserva il proprio vuoto.

LA SPORCIZIA DELLA TERRA

di Giacomo Sartori e Elena Tognoli
Ci hanno insegnato che la pulizia è molto importante, e che le cose pulite sono inodori e ordinate, ben illuminate, ben geometriche, preferibilmente chiare. Quindi non c’è molto da stupirsi se la terra, che è tutto il contrario, ci sembra sporca e brutta, e anche poco igienica, infestata da vermi e altri bacherozzi com’è.

Le finestre di Enrico Palandri

di Alberto della Rovere
Questa la suggestione che abita l'opera di Palandri, nell'accorato invito a non rinchiuderci nelle nostre abituali, labili rassicurazioni, di pensiero, relazione e azione, nell'appartenenza, nei codici e nelle categorie, per muover-si, invece, nel mistero, nell'incertezza, all'incontro con l'alterità e gli affetti

Nessuno può uccidere Medusa

Marino Magliani intervista Giuseppe Conte
Io lavoro intorno al mito dagli anni Settanta del secolo scorso, quando mi ribellai, allora davvero solo in Italia, allo strapotere della cultura analitica, della semiologia, del formalismo, una cultura che avevo attraversato come allievo e poi assistente di Gillo Dorfles alla Statale di Milano.

Dogpatch

di Elizabeth McKenzie (traduzione di Michela Martini)
In quegli anni passavo da un ufficio all’altro per sostituire impiegati in malattia, in congedo di maternità, con emergenze familiari o che semplicemente avevano detto “Mi licenzio” e se ne erano andati.

Euphorbia lactea

di Carlotta Centonze
L'odore vivo dei cespugli di mirto, della salvia selvatica, del legno d'ulivo bruciato e della terra ferrosa, mischiato a una nota onnipresente di affumicato e di zolfo che veniva dal vulcano, le solleticavano il naso e la irritavano come una falsa promessa. Non ci sarebbe stato spazio per i sensi in quella loro missione.
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: