Perché Marco Cordero si è accorto di Zell Kravinsky
di Gianluigi Ricuperati
(Questo testo accompagna l’installazione di Marco Corsero Aria, presentato in occasione di Torino Capitale Mondiale del Libro con Roma dalla galleria ‘41.contemporanea’ di Torino)
Nel novembre 2005 ho incontrato Peter Singer, il filosofo morale docente a Princeton e autore di alcuni testi discussi e importanti. Ci siamo visti sotto casa sua a Manhattan. Gli ho chiesto di aiutarmi a incontrare un certo Zell Kravinsky, un personaggio che aveva attratto la mia attenzione dopo che ne avevo letto su una rivista. Zell Kravinsky è un ricco americano che ha fatto fortuna con compravendite immobiliari negli anni ottanta e che verso la fine del decennio successivo, in coerenza con i propri principi etici, ha semplicemente donato tutti i suoi beni a persone e istituzioni bisognose – mantenendo un piccolo fondo per i suoi figli e una modestissima casa per sé. Non contento, ha donato un rene a un estraneo e ha cercato in tutti i modi di farsi spiantare il fegato. La moglie glielo ha impedito. In giovinezza era stato un piccolo genio della filosofia e mille altre cose.
Non sono mai riuscito a incontrare Zell Kravinsky. Però Peter Singer lo ha fatto per me, e in cambio ho convinto una caporedattrice di D di Repubblica a dedicare una speciale sezione della rivista a Peter Singer, alla sua visione delle cose, alle sue idee.
Questo è il risultato. Credo che i testi che accompagnano le opere d’arte siano al novanta per cento irrilevanti. Credo che la storia di Zell Kravinsky non lo sia. Il sistema dell’arte è eccitante, fascinoso e irrilevante. Sui primi due aggettivi non voglio aggiungere altro. Sul fatto che sia irrilevante vorrei aggiungere che alla fine ne ho capito il perché. Il motivo è, con tutta la rozzezza dei motivi espressi in una riga: gli artisti si nutrono di uno sfregamento altalenante fra il proprio punto di vista e gli oggetti investiti dal proprio punto di vista. Il punto di vista, nei casi migliori, è coltivato e curato. Anche nei casi migliori, spesso, gli oggetti investiti dal punto di vista non lo sono altrettanto. Potete immaginare la medesima dinamica usando parole diverse – quelle usate da Canetti nel suo unico romanzo, per esempio. La testa, da una parte. Il mondo, dall’altra. Il guaio dei curatori, degli artisti, delle riviste – è che nel mondo ci sono persone come Zell Kravinsky.
Signor Kravinsky, so che lei è stato un uomo d’affari di grande successo e che aveva accumulato un patrimonio da 45 milioni di dollari. Ma poi ha dato via quasi tutto il suo denaro. Perché lo ha fatto?
Un mondo autenticamente salvato esige che ognuno di noi non sia una parte separata, ma un’indivisa porzione dell’intera umanità, e che questa eguaglianza sia sostanziale. Ognuno di noi può far qualcosa di ugualmente decisivo.
Ora che non è più ricco, si sente meno felice?
Se regalare alcuni milioni di dollari non mi danneggia, mentre può darsi che procuri la sopravvivenza di pochi abitanti del Terzo Mondo; se è possibile che i miei dollari non mi giovino, e anzi mi nuociano, mentre impiegati altrove possono salvare delle vite, allora è naturale che fluiscano in quella direzione. Questo flusso non è regolato da un Dio oscuro, misteriosamente amorevole, che si occulta ai nostri occhi, ma nasconde le sofferenze che preferiamo non vedere. E’ un flusso naturale, come quello dell’acqua che scorre a valle.
Cosa risponde a coloro che dicono che essere così altruisti è da pazzi?
Possiamo sentire la mancanza di quello che avevamo, oppure no, ma all’interno di una semantica moralmente sana qualsiasi gerarchia degli aggettivi dovrebbe porre «pazzo», «altruista» e «infelice» al di sopra di espressioni come «complice», «avido accaparratore», e «lieto di avere successo a discapito degli altri».
Pensa che chiunque sia ricco, o anche benestante, dovrebbe dare ai bisognosi tutto il proprio denaro?
Certamente il gentiluomo senza fissa dimora che dorme in una scatola di cartone, nostro fratello nell’imperfezione morale, ha più bisogno del nostro cappotto di noi che difficilmente moriremmo rinunciandovi.
Rinunciare al denaro non le è bastato. Lei ha anche donato un rene a un estraneo. Ritiene che chiunque abbia due reni sani debba offrirsi come donatore per uno sconosciuto?
Mi sembra particolarmente edificante per l’anima donare una parte del proprio corpo a una donna che ne ha bisogno per vivere. L’intelligenza suggerisce che, se vogliamo mettere in pratica l’eguaglianza e da quella posizione paritaria tentare di afferrare la moralità, dobbiamo spogliarci, oppure spogliare il mondo.
Ho trovato molto interessante questo post. Personalmente ho una ragione più specifica. E’ da un paio d’anni infatti che ho sviluppato un interesse per tutto ciò che attiene alle dinamiche del “Dono” partendo dalla lettura canonica del saggio di Marcel Mauss del ’29 e fino alle attuali condizioni indotte dal FreeWare ( o software libero). Credo infatti che se restituissimo il significato originario al dono e lo portassimo al centro delle nostre vite di relazione, forse avremmo delle esistenze meno nevrotiche e sofferte. E’ un tema che mi appassiona approfondire e creare le condizioni per una “divulgazione” della teoria e pratica del dono.
trovo che quel “irrilevante” sia proprio un termine sbagliato…..
perchè l’arte un segno lo lascia sempre, comunque e inevitabilmente.
L’arte ci parla di noi.
Complimenti per l’articolo!
molto pregnante, anche se non del tutto condivisibile
questa figura di kravinsky è davvero potente
tu raimo mi incanti!
la “semplicità” è un’opera d’arte, l’unica “opera”
possibile
marò quanto sei bravo ragazzo! però ho un po’ di maria in circolo…:))))
baci e cose buone per te
la funambola
ahhhhhhh, ma non era raimo, ops, però ramino ha avuto la “sensibilità” di postarlo…fiuuuuuuuu…mi salvo in corner. :))
vabbè , lei ha fatto bene il suo lavoro anche stasera.
ribaci
la fu