Evergreen: Edoardo Cacciatore


TRA DUE SEDIE OCCUPATE

di Edoardo Cacciatore

I.
Ritto in piedi tra sedie occupate
Alla raspa di tutti ogni mossa
Dentro un’aula zeppa di odio
Dove verso non c’è di corsìa
Sì dell’uno e dell’altro le parti
Dovrò prendere assurdo non è
Non è in corpo l’Assurdo ambedue
Ospitare a ragione l’avverto
È un azzardo ma merita il torto
Non si tratta a paciere d’agire
Buridano oh l’asino ennesimo
Prima arzillo a incollare il suo carico
Poi dai cani spolpato in un vicolo
Ecco l’ottima vittima a rotoli
Un fu Attilio un fu Regolo va’
Nel dirupo giù rospo espiatorio

II.
Straboccò in tempi ultimi e iniqui
Anche il vacuo – effimera Venere
Non sollievo né esonero funere
Fu e la scelta tra i crimini ovvia
Urna o fossa s’aprì la cisterna
Sbirciò guercio d’un occhio ogni bivio
L’orizzonte curvato ad abbraccio
Rettifilo raggiunse la gola
Sfece il fiato e l’effluvio a parole
Bulicando in sorgiva del nulla
Raggi a uncini ruotava – che stemma…
Tritò il dubbio? ma chi non rifiuta
La sua china al delitto e rivendica
Trafelato un’erta di ruggine
Canna indica salvia splendente
Alzi il sangue o più olimpiche immagini

III.
Tonno a taglio è poi il senno di poi
O in alunni a loreto un lungh’inno
Per chi ha pànico è meglio odio unico
Che buon tonico è l’alibi al cinico
Ma qui in piedi qui in mezzo ora un pazzo
Sembra chi gli uni e gli altri interpella
E senz’ira e illusioni lo dico
Dove il libero all’opera è indenne?
Presso chi proprio monco è l’adunco?
In qual luogo il ritardo ha un suo posto?
Dove il vero recupera il dispari?
Forse il fango del Muro ha due facce?
Pari pòlio infondono agli uomini
Razze in para isolante ed asettica
Ma qui a sera il terrore non scrìcchioli
Né striscianti pretesti abbia il sole

IV.
Quivi e in quiete non è cielo astratto
Sopra un ring a quadrangolo in lutto
Campionato di pugili onirici
Alba o notte o meriggio non sai
Docce al neon sull’arida e anonima
Folla unanime e brividi suscita
Suoni osceni a esprimere applauso
Mentre insulti in falsetto vezzeggia
Mezzodì anzi è senza alterigia
Dove l’arbitro al pubblico è oracolo
E il pericolo in cuore è estromesso
Non è quivi litigio a subisso
Quivi interno il confronto ecco ha luogo
Finché a targa stradale si scorge
Spettatori apritelo il pugno
Tirchio e a guanto gettatelo è TREGUA

V.
Tregua è indugio ma non compromesso
Si fa stigma a segmenti ogni marchio
Sulle palme e traspaiono al dorso
Sì la sorte più in salvo è all’inverso
Sì la belva là perso ha il suo pasto
Chi sevizia non più qui ha un suo busto
Chi sta prono e alla calca commisto
Senza muovere un passo ecco avanza
E chi è in piedi tra sedie occupate
Benché è scomodo e il sangue ha in formìcole
Dal suo stremo ora è già al limitare
Dal soffitto al tappeto di feltro
Guarda e l’aula oltre va dappertutto
E un mercato e l’amore ch’è gratis
Mare stendono al sole di luglio
Squame tremule ovunque medesime

VI.
Ritmo a spasimo e all’orlo rimbrotto
Tra i due Blocchi il sospetto in un attimo
Trova sesto gli basta l’ammicco
Sarà certo la guerra ed il trucco
Vecchio nubili ostenta sembianze
Enfio il sangue dirizza la lingua
Crasso accordo d’urrà scherno e morchia
Questo è il nostro destino – la guerra
Non soffrire addèstrati al furto
È il diritto e suburra è l’angoscia
Stadio a libero ingresso la guerra
Solo lei avrà infine tripudio
Dose eroica e balsamo sùbito
Sulla piaga che il vinto si asciuga
Ma in un’aula adatta ora all’odio
Voce è in piedi e agli antipodi dice

VII.
L’uno e l’altro ormai siete AMBEDUE
Tanto simili – famuli ad esserne
A vicenda e in comune poi emuli
Missilistici armieri o filantropi
Già è lo stesso un sol viso fa mostra
Del contrario di cui è maestro
(Cos’è fede nell’uomo? delirio
Di riapporre frammenti a frantumi)
Sosia a muso immutabile sosia
Connotati estratti su a caso
Cicatrici tra tic nervosi
Non sei più un divario di abusi
Somiglianza è astringente ed il grido
Tra noi tutto è finito amendue
Faccia a faccia ormai simultanei
Dell’unisono è sì il tirocinio.

[Da: Segni di poesia Lingua di pace, Manni, 1985; a cura di Filippo Bettini]

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3 Commenti

  1. Chissà perchè stava così antipatico :)

    Io personalmente, di Cacciatore, considero molto interessanti le premesse teoriche che avrebbero dovuto muovere una poesia intesa come “vibrazione intellettuale”.

I commenti a questo post sono chiusi

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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