L’ultimo nostos di Ulisse #5

di Alessandro Garigliano

Catania0100.JPGPer comprendere il tema del viaggio che si compie in Horcynus Orca, riesce ancora una volta d’aiuto l’etimologia, estratta stavolta da W. Pedullà: “A sentire Alberto Savinio, ‘ uno dei probabili etimi di Mare, e proposto come tale da Curtius, è il sanscrito Maru che significa deserto, e propriamente cosa morta, dalla radice Mar, morire”.(61) Il trapasso dalla Sicilia al continente avviene per mare, quindi, potremmo dire, attraverso la morte, ma ciò che adesso interessa è che anche il viaggio di ritorno per riconquistare la propria terra, per appartenervi definitivamente, non può che essere “un viaggio per incontrare la morte”.(62)

Quando il romanzo si avvia verso la fine ‘Ndrja accetta di vogare in gara al
soldo di quel personaggio equivoco che è il Maltese, per il fatto che gli sarebbe stata
data una ricompensa con la quale avrebbe potuto comprare una barca: simbolo di
rinascita per la comunità dei pescatori di Cariddi. Fatalmente, durante
l’allenamento, quando ‘Ndrja e i suoi muccusi sulla lancia avevano vogato con forza
ed entusiasmo arrivando sottobordo alla portaerei, “dov’era scuro fittofitto”(63), la
guerra si nutre di un altro martire.

‘Ndrja fece per alzare gli occhi alla immensa, allarmante fiancata della
portaerei, e fu come se porgesse volontariamente la fronte alla pallottola, che
gli scoppiò in mezzo agli occhi con una vampata che lo gettò per sempre
nelle tenebre.(64)

Ancora una volta ‘Ndrja affronta la pallottola come l’eroe Achille e ha
ragione W. Pedullà quando, con evocativa malizia, dice: “Ulisse si salva perché,
diversamente da ‘Ndrja, è un bugiardo”.(65)

In realtà ‘Ndrja riesce paradossalmente a salvarsi, ma a salvarsi dalla vita. Il
gesto di ‘Ndrja di ottenere l’arenamento dell’Orca è forse l’unico momento di
contaminazione col presente da parte di ‘Ndrja, l’unica volta in cui il nostro eroe
viene a patti col presente dal passato dove idealmente vive per tutto il romanzo;
potremmo dire, scendendo in fondo, che questo è l’unico episodio in cui ‘Ndrja
agisce sotto mentite spoglie, seppure al fine di aiutare nella contingenza la comunità,
e ciò significa “togliersi dalla posizione ‘innocente’ di chi era altrove”.(66)

Probabilmente è dopo un atto simile che nasce la decisione di salvarsi dal mondo
che era scaturito dalla guerra.

Lungo il cammino di ritorno tutto ciò che passava attraverso “gli occhi della
mente” o il “visto cogli occhi” o anche il “sentito dire”(67) sembrava sempre
riguardare profezie di morte. Un eroe destinato a morire, a sacrificarsi per la
salvezza della propria comunità. Quella stessa comunità che era stata sì motore del
viaggio, luce guida del nostos, ma al contempo anche la rappresentazione più cruda,
la verifica più cinica di quanto il tempo e la Storia avessero trasformato il mondo,
tanto da assestare la definitiva battuta d’arresto alle illusioni dell’eroe.

Paradigmatica perciò risulta essere la traversata di ‘Ndrja “essa riguarda infatti
l’esistenza di ciascuno di noi tra essere e non-essere, fra desiderio, illusione e
destino”.(68)

Da un punto di vista psicoanalitico, l’affetto ossessivo e assoluto di ‘Ndrja
Cambrìa nei confronti della comunità dei pescatori che l’aveva cresciuto, lo porterà
a pensare di salvarla, dalla trasformazione conseguente alla guerra, tramite l’atto
violento del suicidio. Va considerato infatti come uno di quei meccanismi che M.
Klein individua, quale spinta al suicido, quello di salvare ciò che è buono, non
accettando ciò che risulta insopportabilmente cattivo:

Per spiegarmi concisamente: in certi casi il fine delle fantasie che sottendono
il suicidio è la salvaguardia degli oggetti buoni interiorizzati, e di quella parte
dell’Io che si identifica con tali oggetti buoni, mediante la distruzione di
quell’altra parte dell’Io che si identifica con gli oggetti cattivi e con l’Es. In
tal modo l’Io può unirsi per sempre con gli oggetti amati.(69)

Per sempre nell’utopia.

——

5 – continua

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