Articolo precedente
Articolo successivo

Franzwolf. Un’autobiografia in versi

di Franz Krauspenhaar

DALLA CLINICA PSICHIATRICA

Scriverò un’altra sfilza
edificante, l’assaggio sale su
chiodato per la gola. Ensor lo vidi
persino al museo, tra
le sue maschere, come
il salumiere tra i clienti fissi.
Vino e birra. Lo sbronzo non
sapeva dov’era. La poesia
è muta come la scala B, calva
come la follia che hai fatto,
sporge in giù come un suicida.
E un operaio sghignazzava.
“Non è valido! Non è valido!
Non è valido! La scrivo meglio io
la lista della spesa! Siete bravi
a mangiare senza muovervi dalla
sedia, io sui tubi grondanti piscio
le rime dell’edilizia franca!”
Sono diventato moralista al cubo,
intubo sentenze e massime
giù nella gola, cibo liquido,
fino alla fine della composizione.
In alto perciò i cuori di pietra!
In alto i calici del grande sbronzo!
In alto i camici delle infermiere!
E se non conosci Ensor affrettati,
delirio puro made in Belgium,
un cantore di corte vuota, solo spettri
che rodono, che pisciano nei vasi
del disumano. Io, qui all’asylum
per prestatori tumefatti, con l’anima
gonfia di preservativi, vado avanti
a cadaverilene malmostato, 100 mg.
Quattro signori pazzi guardano l’aria
cadere, una donna è sdentata, una
volta era bella, e sapeva di confettura
di ciliegia, me l’ha detto il marito
in visita. Il professore è tutto bianco
forse per via del camice, e Sonia,
l’infermiera dalle tette lunghe, con
labbra Gran Riserva, mi suscita
erezioni di tenerezza splendida.
Ma qui non si sta male. Ricordo di nuovo
l’operaio, lui sghignazzava dal ponteggio
mentre nevicava pelle bianca, e gli alberi
simulavano un pestaggio. Erano ridotti
all’osso, come ciminiere smangiate
dal fumo, che lento ritornava indietro.
Ricordo che scrivevo molto, le sere
soprattutto d’estate, il notes
sulle ginocchia color malva, i testicoli
introflessi dall’angoscia, le murene a sgusciare
sulla mia schiena con un fischio di treno
sgozzato da coltelli di lamenti.
Poi mi spensi come un sigaro rubato,
venni portato qui da una Citroen bianca,
familiare, ardimentosa a scantonare
nel traffico topesco della sera.
Dai polsi sudavo stigmate di nonsense
aperto, a liquidare il mio sangue
di santo apposito, di santo curioso
non ufficiale, fustigato dal male.
Qui si sta bene. Il ronzio della mente
fa buon brodo sullo sciacquio dei sensi
sedati. Fissato alla parete, prendo la dose
elettrica e mi scuoto come un cane
sotto la pioggia, le gocce sparano dal bianco
della camicia, nell’ombra lieve separata dal corpo.

POLLOCK IL SEMINATORE

In una giornata di semi caduti, il seminatore
sparge il colore, frattali a balzi, scalpelli di luce
scura.
L’uomo calvo in un fienile si muove come se fosse
quello il mondo, tela a terra, accampamento Sioux
e danza propiziatoria. Intanto prende a piovere
rossi, blu, verdi, a strati puri, da bastoni e altre sonde,
coltelli, pennelli induriti. Pollock è il capo indiano.
Minuti, ore. Pollock cena con l’aria attorno,
nel fienile spande humus a tinte, a vita, attorno,
around around. E’ dentro e fuori, muove e si legge
nella tela. La tela non è mai stata così dipinta,
nonè mai stata così tanto il pittore.

SVIZZERA INTERNA

Verso montagne blu, contro cieli colore
del mio unico compagno, l’orologio d’acciaio.

Incespicando betulle al passaggio contorto
di piaghe. Venute dal nord. Eccole ai rami,
restano attaccate come foglie dalle nervature
di mascara, per occhi di bosco.

Nel cuoio gettato al vento, di sera, la Svizzera,
addomesticata dal foehn, tra tornanti elettrici
guidati dal torcersi dei monti, supera se stessa.
A valle. In crinali superbi e brutali, e il verde mela-
– bellezza di laghi a venire, nel getto delle nubi.

Le tane delle volpi, tessute di calma. Come finestre
al covo delle buche. Mille stelle raschiano l’aria fedele
della Svizzera interna, da cantone a cantone, metri.
L’ uno lontano dall’ altro. Si spogliano di canzoni e
di pascoli di mucche gravide. La città pungerà. Ago.
Enorme, nel giro di chilometri. Trifoglio e muro di cinta.

Testi da: Franzwolf. Un’autobiografia in versi (Edizioni Torino Poesia, 2009).

Il libro sarà presentato sabato 10 ottobre alle ore 17 nella nuova sede della Casa della Poesia presso Santa Chiara, in corso Libertà 300 a Vercelli.

Print Friendly, PDF & Email

24 Commenti

  1. Ach mein Gott! Un romanziere che si mette a fare poesia? Ma con che diritto? Quale patente? Quali titoli? Ognuno al suo posto prego!

    ah ah

    caro franzone è bello leggerti, e ti si legge con notevole godimento; d’altra parte tu sempre – e qui sei caso raro – hai frequentato i bassifondi dei poeti e della poesia

    salute a te

  2. versi inebrianti anche di pomeriggio,
    ma moderiamo l’entusiasmo,
    che presto arriverà qualcuno a dire che quello che scrive Franz fa schifo…

    paolo

  3. Franz, fai parte dei miei poeti preferiti, perché la tua scrittura è una ferita, un scosso eletrico, una pulsazione del corpo e della mente.
    Voragine.
    La linea tra follia e scrittura orgasmica.
    Quando leggo sento la vibrazione, l’angoscia mettalica.
    Vorrei ti volare la parola per osare nominare la sessualità o la follia.

    Allora Franz complimenti, e aspetta un ritorno mio in Italia per una lettura.

  4. Caro Franz

    chissà davvero
    se, lassù in cima, dove ti trovi
    il clima risulta sopportabile.

    Per quanto tenti,
    non riesco a vedere
    da quali altezze
    lanci verso di noi
    i tuoi preziosi doni.

  5. un’esperienza di sensi più che una lettura. una ruvida abrasione della pelle dell’anima. chi ama rischiare con emozioni forti legge franz krauspenhaar e pochi altri.

  6. “La vita nelle lettere è un progetto futile; e non lo se lo porterò a termine. L’idea è: scrivere un’autobiografia editorial-letteraria in versi semplici e sciocchi. Ogni strofetta, o serie di strofette, dovrebbe avere un titolo, ossia l’anno, e una breve didascalia. L’idea è venuta ieri, assieme alle prime cantilene, alle 17 e 54, mentre stavo a bordo dell’autobus numero 15. Forse leggerete dell’altro, forse mi fermerò qui. [giuliomozzi]” qui:
    http://vibrisse.wordpress.com/2009/09/29/la-vita-nelle-lettere/

  7. Tosto, duro, ruvido, arcigno,antiretorico – e dunque tenero e virile- tutto nel ritmo e nelle sequenze, un concentrato di forza e di suoni, uno “sturm und drang” come progetto di scrittura poetica. Hai detto che sei scrittore e non poeta? Ti sbagli, sei un poetico narratore. Anzi no, un cineasta della poesia, nel senso che usi le parole come carrelli, primipiani, dettagli, campilunghi, e le spari con ritmo compresso, concentrato al massimo. Si capisce che ti leggerò… e spero averti qui, alla Casa delle Arti.

    • L’ho penso come te, Saldan.
      Credo che nella poesia di Franz amo la percezione virila del mondo.

  8. non è il genere che prediligo ma…Belle. dure e poi non c’è autocompiacimento. alcuni passaggi mi ricordano le poesie di Raymond Carver.

  9. lHei Franz, mi avevi parlato di romanzi, non di poesie. Beh, sei proprio elettrico. Sei modernissimo, anzi post-modernissimo. Spero di leggere presto tutta la tua auto-biografia in versi. Carver? Che complimento…. Intanto, di fronte a te alzo il calice delle mie parole.
    A presto, mio amico Franz.

    PVita

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

La regina del fuoco

di Maria Gaia Belli
Molto molto tempo fa, quando il cielo era più alto della dorsale, la bambina Pauni viveva in un villaggio sulla montagna. Suo padre cacciava nei boschi per la lunga estate, portava a casa carne e pellicce in abbondanza.

Pietre da taglio

di Anna Franceschini
Il quartiere si dipana in cortili interni portoni d’entrata   numeri civici i fili da stendere senza fiducia corde antiche che non servono a nulla Con le amiche ci si nascondeva si andava un po’ fuori di casa erano deserti di persone Avevo un’amica senza colpa   e senza casa

La società degli uomini barbagianni

di Emanuele Kraushaar
Io sono A. Una volta ho chiesto a mia madre perché mi avesse chiamato così. Non ha detto niente ed è scoppiata a ridere. Ricordo la sua bocca che si apriva e i suoi denti bianchissimi.

Il Mondo è Queer. Festival dei Diritti

Il Mondo è bizzarro, imprevedibile, queer. Le sue stranezze ne costituiscono la ricchezza. Con queste iniziative vogliamo tenere vivo il dialogo sull’idea di persona, collettività e famiglia planetaria, promuovendo attenzione e consapevolezza verso questioni di genere, fragilità invisibili e il nostro rapporto con il pianeta in un momento critico degli equilibri conosciuti.

Morire, un anno dopo

di Rebecca Molea
Mi sono chiesta a lungo cosa sarebbe successo: come avrei reagito alla notizia – piangendo? con sollievo? –, come sarebbe stato il dopo – un senso di solitudine perpetua o, a un certo punto, un’abitudine? – e, sopra ogni altra cosa, che significato avrebbe avuto, per me, per noi, per tutti, la morte.

Reincarnazioni

Spalancò la porta di metallo sbatacchiandola senza riguardo; la lucetta della sauna che aureolava Samstag sembrava accecante vista dal fondo del corridoio angusto e buio; lo chiamano effetto Brocken: così che appena emerso dalla nuvola di vapore,
francesca matteoni
francesca matteonihttp://orso-polare.blogspot.com
Sono nata nel 1975. Curo laboratori di tarocchi intuitivi e poesia e racconto fiabe. Fra i miei libri di poesia: Artico (Crocetti 2005), Tam Lin e altre poesie (Transeuropa 2010), Acquabuia (Aragno 2014). Ho pubblicato un romanzo, Tutti gli altri (Tunué, 2014). Come ricercatrice in storia ho pubblicato questi libri: Il famiglio della strega. Sangue e stregoneria nell’Inghilterra moderna (Aras 2014) e, con il professor Owen Davies, Executing Magic in the Modern Era: Criminal Bodies and the Gallows in Popular Medicine (Palgrave, 2017). I miei ultimi libri sono il saggio Dal Matto al Mondo. Viaggio poetico nei tarocchi (effequ, 2019), il testo di poesia Libro di Hor con immagini di Ginevra Ballati (Vydia, 2019), e un mio saggio nel libro La scommessa psichedelica (Quodlibet 2020) a cura di Federico di Vita. Il mio ripostiglio si trova qui: http://orso-polare.blogspot.com/
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: