sartorius
di Massimo Bonifazio
che mi arrivi con crepitii di radio a galena: la sua voce,
dal fondo di depositi calcarei, tufi, che giustifica a fatica
il suo ritorno qui; come se fosse più facile,
esaurita la spinta dell’ossigeno, trasformato
quel poco di carbonio e scissa ogni sua cellula
in elementi estranei, corpi; come se fosse più facile,
così: esplorare, prendere visione.
………………………………………………..la sua voce,
che mi arriva a fiotti: col calore di sorgive termali,
acqua poggiata sulle argille, che filtra fra le rocce,
sfiora nuclei di calore, assorbe; può una voce
avere odore? che mormora, sommessa,
e in quei fiotti, colate,
……………………………..appare in superficie
non è molta la differenza fra basalti e marne,
da questa prospettiva così conclusa in sé
che solo la mia voce registra ancora i moti
delle faglie
……………..sì, è una distanza smisurata,
un mare lavico coperto dalla neve, quella
da cui modulo ancora le parole, senza boati
sotterranei colonne di fumo
………………………………………la sua voce:
che ha perso ogni cadenza, che capisce, capirebbe
ora ogni altra voce, dialetto, e smarrisce fra le auto
direzioni e sentieri, stupita che non ci siano muli,
e avvezza al loro odore: come fate, dunque,
per quelle strade poco più che piste, trazzere ma ora
nella polvere non c’è più la polvere, ma gas, petrolio
– fu a molinazzo, un olio minerale volatile
che irrorava
………………….il suo mormorare, un fiume ininterrotto,
una colata, litania – 1381, mi ripete, 1669, 18-
65, 69, lì fui testimone, l’altezza media del fronte lavico,
quanto poco interessante adesso che il fuoco
non scalda, che il freddo
………………………………il freddo. che non è la lava
a ingrottarsi, ma il freddo
…………………………………….e ritorna sempre
alla magnifica escursione, quando anche il giovane
quanto poco importa ora il suo nome passando
dai paesi con un tempo eccellente
arrivammo al cratere e cosa abbiamo visto
desolazione e sublimati, concrezioni: cloruro
di sodio, di potassio, e rame (ciò che spiega
il colore verdastro), dalle crepe trasversali,
e poi nella casa, rifugio, un unico gesto inatteso:
e la faglia sotto i nostri piedi, spalancata
– non acquista la vita forma cristallina,
piuttosto incapsula, contiene, come insetti nell’ambra,
fossili, conchylien, resti frantumati o semplici
nuclei rocciosi, che non dicono nulla, conglomerati,
si ingrotta, e resta vuota al centro: ma nulla vi trascorre,
non l’acqua, non la luce
………………………………….ma che in lui già la malattia
senza che io ne sapessi nulla lavorava, e l’ascensione
solo avrebbe accelerato, me lo raccontarono
altri, in altri viaggi, ora le loro voci si alternano
in strati alla mia, si mescolano, confondono,
…………………………………………………………………sedimentato
ogni gesto, e irrecuperabile come un ninnolo
caduto sul fondo di un vulcano, o trascinato
da un grandissimo fiume di nero, e strepitoso fuoco:
ma che sia alta ogni voce che recupera un gesto,
e cristallina, ben udibile al di sopra
di crepitii e boati.
Il vulcanologo tedesco Sartorius von Waltershausen pubblicò alcune opere fondamentali sulla geologia e la topografia dell’Etna intorno alla metà del XIX secolo; il verso in corsivo è ripreso da una cronaca da lui citata. Il «giovane» è un naturalista dal nome Maier.
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Bella la lingua, l’occhio da litologo, che dice.
E la persona-correlativo, da Thomas Stearns, da ”The Journey of the Magi”.
davvero una scrittura fumante, ma dov’è il verso in corsivo?
Si tratta di: da un grandissimo fiume di nero, e strepitoso fuoco
Chiedo scusa, era saltato.
… ricorda forse, in alcuni punti, Kenneth White, poeta che amo molto, e la sua geopoetica… ma forse mi sbaglio…
è bravo, ve’.
“ma che sia alta ogni voce che recupera un gesto,
e cristallina, ben udibile al di sopra
di crepitii e boati.”….
Non poteva esserci conclusione più degna e “significante”.
Bravissimo Bonifazio, grande capacità mitopoietica, e di mimesi. Presti la voce a Sartorius in modo molto convincente. Spesso la poesia “arriva” là dove il racconto in prosa latita….