andrea ingleseAndrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles.
Poesia
Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023.
Prose
Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022.
Romanzi
Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021.
Saggistica
L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018.
Traduzioni
Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009.
È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
La neve del 56, non finisce mai.
..meraviglia..
La neve dalle mie parti non si è vista, nemmeno quella del cinquantasei. Gli scapoli però, quelli sono gli stessi.
franco sei un grande
Ciao, bravissimo come sempre.
Qui sei molto parente mio. E di Wislawa Szymborska. No?
scrivere serve a metterci in cottatto con delle persone, serve a mutare, in meglio possibilmente, i rapporti con le persone.
io credo che ormai i lettori li si debba visitare a casa, li si debba raggiungere direttamente, uno per uno. se mi lasciate la vostra mail avrò piacere di corrispondere direttamente con voi.
caro Arminio, intanto grazie per le tue poesie.
Io ho un amico veramente amico che è scapolo e barbone. Ha più di 60 anni, e i primi 20 li ha passati a Lioni, da pastore. Siccome so che sei irpino, dimmi per favore quale dei tuoi libri è meglio che gli regali.
dario.borso@unimi.it
3396122770@tim.it
caro db
puoi cercare viaggio nel cratere, edito da sironi (tra l’altro parla anche di lioni)
Belle, forse finora son quelle che mi sono piaciute di più
quando metto le mie poesie su nazione indiana mi sento uno che passa col piattino mentre si dice la messa. ormai scrivere e mandare in giro le proprie cose è solo un modo come un altro di rovinarsi la vita.
Infatti io penso che tu abbia grande coraggio. Ti esponi nella tua nudità.
caro arminio,
le tue poesie sono un bel regalo in questo lunedì ancora troppo freddo.
grazie per esserti “rovinato” ancora la vita.
ele.eva@libero.it
grazie t.
esposizione è la parola chiave. a me pare assurdo che circola gente che vuole fare lo scrittore senza esporsi. che vuole cavarsela semplicemente dando prova di un qualche addestramento. questa gente ovviamente è libera di fare quello che fa e magari anche di trovare consensi, ma non si può far finta di niente, non si può far finta che in questo modo la letteratura diventa una cosa inutile (come è sempre stata) ma anche innocua (come non è mai stata).
Nei nostri paesi fumiamo la pipa di certe impressioni puerperali assai diverse dal rancido caotico che scola in ritornelli acquapiovana scombinati per le vie delle città. Possiamo ancora respirare “il verde stempiato e basso di novembre”, lasciarci risucchiare dai gorghi di lentezza raggrumata dentro i gesti. L’inverno dura migliaia di giornate stringendoci in un poncio di grigiore più piatto di muraglia. E il bianco della neve qui meglio che altrove lascia protervamente una doppia porzione di presenza ripetibile sui rami. Il tempo si scagiona dall’accusa di correre troppo; saltatore in alto e in lungo scodinzola tra i muri, schiaccia pulsanti dai predicati nominali di stanchezza, rotola botti di potenza, pugnala ventri, risana le ferite.
Grande Franco…una scrittura nitida come neve
Arminio quella dei “Singoli” è d’una inquietante bellezza. Stile piano, ritmo da narrazione e un grande vuoto a fare da sfondo. Un cratere?
effeffe
sono qui. fuori nevica. alterno scrittura e visite a ni.
confesso che quando leggo i commenti di una donna sono sempre curioso di sapere chi è che scrive, che vita fa , dove vive, quando ha praticato l’ultima preghiera o l’ultimo coito orale. a prosposito: caro francesco, stamattina mi hai fatto riprendere in mano le particelle. uscirà un mio libro a settembre che ha qualcosa di quelle particelle. cerco lettori per gli ultimi consigli.
le ho lette finalmente. Bellissima la seconda. Te l’ho scritto anche su http://www.booksbrothers.it, la tua poesia così discorsiva e zeppa di agganci a una realtà così maledettamente statica mi ha fatto venire in mente certi versi di Fortini, cito a memoria: “ma oggi ancora la vendetta è al poeta, più dolce del vino e della dimenticanza…” cciao, v.
caro vincenzo
pensavo che il giro dei commenti fosse chiuso. mio padre serviva i clienti a qualunque ora e io sono come lui, sto qui, cerco di mettere sotto gli occhi degli altri quello che vedo.
qui però ci sono troppi fighetti e degli scapoli accidiosi del mio paese non sanno che farsene. i versi di fortini per capirne il senso andrebbero citati in maniera più estesa.
io comunque, te lo dico qui pubblicamente, mi sto veramente stancando e non so fino a quando avrò la forza di lanciare questi segnali.
Mi vergogno? Non mi vergogno? Stamattina ho scritto questa cosa sul cellulare. Versetti per sms. L’ho mandata a Iaria. Gli è piaciuta. Bo’.
Poi arriva il sole, primavera
a voi non succede
voi soffiate
sbuffi di sollievo
questo velluto tiepido
ieri ci schermava nuvolaglia neve torri di elementi
e oggi filtra liscio lama
sole in faccia
voi beate
me resta scoperto
senza gravità
prende a fluttuare
vorrebbe atterrare.
Galleggiare panico.
Quello che non scrissi allora (come sai) lo scrivo oggi. La prima di queste due poesie è, tra le tue, quella che prediligo in assoluto. È la trascrizione verbale di uno sguardo acuto ed intelligente, entrambe ricordano lo sguardo di alcuni “passi” migliori del tuo documentario «La terra dei paesi». Per deformazione professionale leggo entrambi i generi, poesie e documentario, come documenti ed in quanto tali li trovo eccezionali per quello che salvano di una civiltà al suo tramonto. Ciò non toglie che anche l’aspetto estetico sia perfetto: in particolare, la luminosità della prima è da maestri della luce fiamminghi o da certe scene bianche e lombarde di Olmi.