Vivere ad libitum
di Chiara Valerio
C’è un istante tra il quindicesimo e il sedicesimo sorso di champagne, in cui ogni uomo è un aristocratico. Causa di Forza Maggiore di Amélie Nothomb (Voland, 2009) è una storia di personalità liquide. E non solo per i fiumi di champagne.
Un sabato mattina Baptiste Bordave apre la porta a un uomo che entra, afferra la cornetta del telefono, compone un numero e muore. Baptiste Bordave, invece di allertare una declinazione qualsiasi di forza pubblica, decide che ha una vita abbastanza insignificante, che può abbandonarla e prendersi quella dell’uomo morto davanti al telefono. Così si chiude la porta alle spalle e diventa Olaf Sildur. Ammesso che non lo sia sempre stato. Che Olaf Sildur in svedese non significhi se stesso. Chi lo sa. Come se il mio cervello non distinguesse il possibile dal desiderabile. E quando dico possibile, sono indulgente.
Qual sabato mattina Baptiste Bordave, asceso al soglio d’un altro, dunque al secolo Olaf Sildur si presenta in una villa a Versailles e incontra una donna, una moglie che si è ritrovato nel pacchetto viaggio nell’altro da sé che non ha un nome proprio, peggio non vuole ricordarselo, e che quindi può averne uno qualsiasi. Sigrid. Per esempio Sigrid. – Non amo la mia famiglia, e non posso amare quel nome. E poi, sa, mi piace l’idea di avere il nome che ciascuno mi vuole attribuire. – È l’equivalente del lavoro interinale. – Proprio così.
L’uomo che ha scelto un altro sé e la donna che lascia che altri le diano un nome vivono in una villa a Versailles che non ha una cantina ma una piscina dove languono a temperatura perfetta tutte le bottiglie di champagne possibili. Una per ogni giorno dell’anno, per ogni anni di tutta una vita.
Amélie Nothomb ci invita nella solita e multiforme casa degli specchi per mostrarci la solita e intrigante patologia di una normalità condivisa, addirittura statistica. Come bere un bicchiere di champagne, chiacchierare di fato e morte in una cena con gli amici. Trovarsi in una villa più che borghese con una donna che non fa domande esistenziali del tipo da dove vieni e dove stai andando e che ci fai qui ma semplicemente esce a comprare le paste all’uvetta per la colazione perché è quello che desideriamo. Una donna svedese bellissima e senza nome. (…) la mia ospite indossava un abito corto che mostrava gambe degne di una scandinava. Si può contrarre la sindrome di Stoccolma per molto meno.
Con una scrittura ironica che riecheggia le ossessioni di sempre di cibo e rapporti d’amore interrotti o impossibili, la geografia del mondo che deve avere un corrispondente nella geografia del corpo, e pur senza gli splendori acidi di Igiene dell’assassino, la leggerezza acrilica di Stupore e tremori, il misticismo umano troppo umano, anadiomene, di Metafisica dei tubi, Causa di forza maggiore [Le fait du prince] restituisce alla narrativa minima di Nothomb un retrogusto amaro e virale che a me era mancato sia in Né di Adamo né di Eva che in Diario di rondine. Mi ha divertito, mi ha menato per l’aia, mi ha deluso, ha ripreso la mia attenzione, fino in Svezia. A pensarci questa caratteristica della specie umana – rallegrarsi di essere invidiati – basta a screditarla profondamente.
Amélie Nothomb, Causa di forza maggiore, Voland (Amazzoni, 2009), pp. 114, € 14,00.
A latere y florilegio
Yourcenar, parlando di Woolf, osservava che non bisognerebbe mai parlare dei contemporanei. Perché si è troppo vicino, perché si rischia di dirne troppo male o troppo bene. Ma per Nothomb, che è uno scrittore eccessivo, l’unico vero rischio è non dirne abbastanza. È come il pesce giapponese, il fugu, che sta al sashmi come la roulette russa ai giochi di società.
La copertina dell’edizione italiana, bella e suadente, grandguignol al punto giusto, forse assomiglia un poco troppo al manifesti cinematografico di Sympathy for Lady Vengeance [Park Chan-Wook, 2005].
Le menzogne hanno curiosi poteri: chi le inventa gli obbedisce.
Da piccoli, non si riesce a mantenere un segreto. È una tappa della crescita, come il fatto di imparare a badare alla propria pulizia personale. A pensarci bene, forse c’è un legame tra le due cose. Da questi due punti di vista sono stato un bambino tardivo.
I continenti possiedono una linea di demarcazione delle acque, luogo misterioso a partire dal quale i fiumi decidono di scorrere verso est o verso ovest, verso nord o verso sud. Il corpo umano possiede una linea di demarcazione dello champagne, geografia ancora più misteriosa, a partire dalla quale il vino dorato smette di scorrere verso l’intelligenza per refluire in direzione del grande caos.
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Di Amélie Nothomb ho amato hygiène de l’assassin, sabotage amoureux ( il mio preferito), stupeur et tremblement, métaphysique des tubes. Il problema è la scrittura nell’ossessione di publicazione: un romanzo ogni anno in settembre. Non leggo più Amélie Nothomb, perché sono stanca del personaggio: manca di sincerità anche nella scrittura. il gioco è troppo perfetto, non mi viene nessuna emozione.
Ho amato, ora mi infastidisce.
“Da piccoli, non si riesce a mantenere un segreto. È una tappa della crescita, come il fatto di imparare a badare alla propria pulizia personale. A pensarci bene, forse c’è un legame tra le due cose. Da questi due punti di vista sono stato un bambino tardivo.”
di contro, mantenere solo segreti e ossessione per la pulizia del corpo, c’è un legame anche qui…
Nothomb o la ami o non la sopporti; personalmente l’ho amata dall’Igiene dell’assassino, ha una scrittura alla Duras, di una tagliente precisione e ossessione, Viola
Vero: Nothomb o la ami o non la sopporti, io non la sopporto. Ho approcciato diversi libri suoi, ma ora ho capito: non fa per me.
Anche io, come chi mi ha preceduto, ho amato la Nothomb de L’igiene dell’assassino. Incerto se comprare quest’ultimo, credo sia vero quello che scrive Véronique, che emozionava un tempo e ora forse non più: troppo studio.
Ma è anche vero quello che diceva la Yourcenar sulla distanza dai contemporanei. Chi lo sa, tra cinquant’anni o più cosa se ne dirà.
Non mi inquieta però la produzione continua. Quello no.
capisco che la notizia non farà scalpore.
ma detesto la nothomb a partire (e a finire) da L’igiene dell’assassino.
nulla potra indurmi anche soltanto ad accostarmi a meno di un metro da un suo libro, figuriamoci prenderlo in mano, sfogliarlo.
brrr.
conosco un po’ di francesi con la biacca in faccia, gli occhi super-bistrati e il rossetto rosso-fuoco.
le detesto
in mezzo a loro non poteva mancare indovinate chi?
la nothomb.
“Yourcenar, parlando di Woolf, osservava che non bisognerebbe mai parlare dei contemporanei.”
non amo la Nothomb, ma non manco mai di leggere quello che scrive Chiara Valerio che invece mi piace e mi è pure simpatica anche se non la conosco.
ma per favore, siate seri, non recensite le foto.. se non trovate contemporanei gli scrittori senza, provate a riscoprire i classici dagherrotipi e la lingua. E lo stile, vecchie noie
un altra alcolista sopravvalutata
Commenti sulla Nothomb in tutte le direzioni.
Non avendo colpevolmente letto nulla di lei, non mi esprimo.
Però mi piace l’abbinata scrittura tagliente e ossessiva/leggerezza del tomo. Amo le ostriche (ci sono anche loro nel libro?) e lo champagne, e penso quindi che sono 114 pagine che leggerò volentieri.
@chiara
basterà un libro per odiare il suo autore/trice?
e anche non bastasse, perché comprarne un altro dopo che il primo ti fece quell’effetto?
devo dire che sono passati parecchi anni da quella prima lettura nothombiana e de L’igiene dell’assassino in testa non mi è restato nulla se non una sensazione di ripulsa anti-materica, del tipo: non è così che si scrive, non è di queste cose che si scrive, eccetera.
se camminado per strada qualcuno mi indicasse la Nothomb, cambierei marcia-piede, svolterei al primo angolo di strada pur di non condividere la stessa aria con lei, per non rischiare di inalare nemmeno una molecola del suo respiro, eccetera.
tenetevela pure, ma non rimproverate di poca serietà chi la detesta.
il mondo è grande e terribile e la sua terribilità può manifestarsi anche sotto le spoglie dell’artificiosità atteggiata nothombiana.
abbiamo già dato e molte volte.
@tash
ehi tasht-ego io preferirei però che tu mi dicessi perché non ti piace Nothomb piuttosto che dirmi che non ti piace. insomma. o hai deciso di negarmi un serio contraddittorio?
@nadia augustoni
che ti ha fatto amelie?
io comunque, nonostante le pulci che faccio a Nothomb, la leggo sempre, verso sempre il mio obolo di una manciata di pagine. è perché mi diverte. ci si sposa e si legge per allegria no?
@plessus
dai dai dai dai dai comincia da igiene dell’assassino. ;-)
@tash
beh, che contemporaneità.
solo un appunto ulteriore a quello che hai scritto però.
se io malsopportassi uno scrittore, non mi metterei neppure a cambiar marciapiede. insomma.
per il resto tutti gli scrittori o i cuochi o i muratori che costruiscono un sistema forse antimaterico o antigustico o antimaltico che sia autoreggente hanno la mia attenzione. mi fanno lo stesso effetto delle piume di pavone. le guardo. resto a bocca aperta. col rischio che ci finiscano le mosche invero. ma sono un lettore siffatto. e questo.
mi dispiace contraddire gli illustri contraddittori della nothomb, ma credo che almeno un suo libro in casa bisognerebbe sempre tenerlo. non si sa mai. provate a pensare, infatti, al giorno in cui, magari per sbadataggine, rimanete senza il vostro lassativo preferito… basta allungare una mano verso lo scaffale, sfogliare un par de paggine, e vualà, la corretta funzionalità gastrica è, come per incanto, ripristinata
l’infinita versatilità della vera letteratura.
è così, non c’è contraddittorio che tenga.
devo precisare un paio di cose:
-non ricordo quasi niente dell’Igiene.
-mi resta solo una sensazione dis-empatica, avvalorata dalla visione della Nothomb in Tv, che mi rocordava le mise della Valduga e di Odile Deq e forse anche un po’ della Santacrosce.
-nonsono in grado di argomentare.
cara Chiara Valerio, non tutti gli autori, e non tutti i libri, possono vantare “quel” valore aggiunto: perché disprezzarlo? e, visto che in un altro thread si dibatte animatamente intorno a canoni, accademie e statuti critisci, perché non tenere conto anche della variabile gastroenterica? è un’idea, magari è quella giusta, chissà…
@ Chi
Non mi ha fatto nulla per carità. Non mi interessa tutto lì.
***
lo so, volevo scherzare…
ho fallito miseramente :-)
@funiculì
non mi pare affatto di aver disprezzato. tutt’altro. ho ribadito che “quel” valore aggiunto è riprova della versatilità della vera letteratura. e anche della letteratura “organica”. detto questo mi sembra evidentissima, e dunque mi rallegra, l’assoluta nothomb-ietà dei tuoi interventi!
@ francesco
– devi assolutamente riprendere in mano Igiene perché altrimenti poi non potrai rincagnarmi, qualora avessi il tempo, sul mio Antipasto d’autore dove ho dato un agente letterario (Cartec Delettre) all’ottimo Pretextat Tach, protagonista di Igiene dell’assassino. ;-)
– concordo che gli scrittori non bisognerebbe mai vederli in faccia
– non è vero, ma rispetto gli astenuti.
Il post recensisce un libro. Nessuno dei commenti si occupa del libro, quasi nessuno della scrittura dell’autrice, solo qualcuno dell’autrice. Il cui tono è etereo, i temi inattuali, l’approccio lieve e disincantato. Ma frullare la letteratura nel gossip è ancora un tantino azzardato: non a tanto autorizzano i libri né il look di Nothomb. Igiene dell’assassino è un romanzo fatto quasi soltanto di dialoghi: personaggi (almeno quelli) che hanno qualcosa da dire.
@niky lismo
e quale dei romanzi di Nothomb ti è piaciuto di più?
[… ella non resisteva alla top five… Igiene dell’assassino Metafisica dei tubi Sabotaggio d’amore Metafisica dei tubi Stupore e tremori]
@niki
mi spiace, niki.
sulla nothomb non posso fare di più: sono stato frivolo, lo so e me ne pento.
potresti occuparti tu della scrittura dell’autrice.
ma invece ti occupi solo di chi non se ne occupa.
mi pare.
Anni fa lessi un suo breve romanzo, per Voland. Me lo regalò un’amica. Lo lessi quasi d’un fiato. Era attraente ma non appassionante, come certe auto sportive “vorrei ma non posso”, di solito coreane o giapponesi.
A libro chiuso non ricordai più nulla. Era come se non fosse successo nulla. Non ricordai nemmeno il titolo.
A distanza di quattro o cinque anni ricordo solo un uomo che va periodicamente in un cimitero. Forse – ma potrei sbagliare – alla tomba di una donna che ha amato.
Chiara, credo che comincerò dal “retrogusto amaro e virale” – presente, insieme a molto, molto altro ancora, ne Il tempo materiale di Vasta che sto leggendo ora – di CDFM. Di cui mi incuriosisce la trama e che è in arrivo nella mia libreriola preferita che non ha mai niente. ;-)
Franz, anche a me è capitata la stessa cosa con qualche testo. Anche diversissimi fra loro. Tipo Fango di Ammaniti e Imagica di Barker. Forse, oltre che dal tipo di scrittura, dipende dallo stato d’animo del momento. Un periodo non adatto al testo…
@plessus
mi vengono in mente due cose. la fusini che nel saggio su gertrude stein scrive che la nostra impressione su un autore è fortemente legato al primo libro che ne leggiamo. e questo mi inviterebbe alla cautela. e poi invece penso a l’amore fatale di mcewan dove invece si legge che l’inizio, lo starting point è un artificio. chissà. forse, come dici tu, dipende anche dallo stato d’animo del momento. :-)
chi
@chi
ecco, McEwan, per me è un caso analogo alla Nothomb, solo che “Bambini nel tempo” non riuscii nemmeno a finirlo e da allora non ho più letto un rigo di McEwan.
magari i libri che sono venuti dopo mi sarebbero piaciuti, ma ormai era fatta.
Plessus, in altre parole, e aggiungo, quel libro conteneva una forte dose di artificiosità.
amelie nothomb ha un modo strano di scrivere come se un animale ti camminasse sulla schiena, ha uno sguardo forte su quello che incontra. il primo libro letto da me era “le catilinarie”, un libro sull’invasione dei nostri spazi da parte degli altri. L’ho letta spesso anche in francese, il suo stile è riconoscibile alle prime righe, il suo particolare rapporto con il corpo vissuto con malessere e sorpresa davvero unico. Vero è che gli esiti del suo lavoro non sono sempre buoni e nelle ultime prove piuttosto stanchi. Non capisco chi la commenta non avendola letta o avendo letto solo un libro, secondo me insufficiente a giudicare qualsiasi scrittore.
@ agata
anche io penso che Amelie si sia stancata. Ma la leggo sempre perché penso che comunque è uno scrittore. Che ha immagini e tentennamenti che in ogni modo si versano in parole.
chi
A volte basta una pagina per giudicare, soprattutto una così.
Una di maniera, aggiungo.
@chi condivido: amelie è una scrittrice, piaccia o meno, ha qualcosa di selvatico, di non addomesticato che cattura.
@ franz in una pagina non si giudica uno scrittore, semmai si assaggia uno stile o un’atmosfera. uno scrittore cresce attraverso i suoi libri e cambia indossando le storie. per rispettarlo va osservato usando un po’ del proprio tempo. io leggo anche libri che all’inizio mi respingono e non li giudico fino a che non ho letto l’ultima riga. fare altrimenti è come giudicare una stanza spiandola da una serratura.
una pagina non basta a niente.
nonostante io ascolti franz con una certa continuità.
esattamente: “qualcosa di non addomesticato”, è la forza dela sua scrittura, al di là degli esiti che, come accade ad ogni umano, non sempre e dovunque sono felici; e ho la sensazione che sia questa semplice “forza” a renderla *antipatica* a molti ..
Ma certo, una pagina è niente. Forse è un genio, davvero. Perchè comunque anche lei è in crescita. E indossa storie. Indossa storie?…
@Agata.
Io infatti sono un guardone, non un lettore. Non ho più voglia. Nè tutto questo tempo. Però a me è parsa, l’autrice, cioè la sua arte della scrittura e il suo modo di indossare storie, come una puttana vestita a festa. Scusa la volgarità, ma penso che così si capisca meglio.
P.s: mi pare che l’autrice abbia mai scritto romanzi davvero diversi tra loro. Da quel che ho letto – dunque posso sbagliare, perchè è informazione di seconda mano – alla fine compone le sue 180 pagine “disturbanti” ma “femminili” e via.
NON abbia mai scritto. (e.r.)
caro franz, la nothomb non è un genio ma ha una forza strana in quello che fa che io non sento artificiosa né puttana nel senso di studiata per colpire. io rispetto nella scrittura quello che sento autentico. ovvio è quel che vedo io e che nei suoi ultimi libri si sta spegnendo. rispetto anche i guardoni e chi dissente completamente. ;-)
@agata
però ci terrei a precisare che per quanto mi riguarda non ho inteso “giudicare” la Nothomb, cosa che in ogni caso non faccio mai con nessun artista, ma solo dire il cattivo rapporto che si instaurò tra me e la sua scrittura.
se leggi un libro e non ti piace a che pro comprarne un secondo?
per farsi del male?
per formulare il “giudizio”?
è interessante l’ossessione del giudizio… il altre stanze di NI procedono da giorni enormi discussioni sul “giudizio” da dare su questo o quel libro come fosse l’ultimo della storia, quando sappiamo bene che tra pochi mesi sarà evaporato come tutto quello che facciamo, diciamo, produciamo…
la contemporaneità nega agli oggetti, curturali e non, la permanenza necessaria a prenderne atto.
i libri si accavallono, sgomitano e poi svaniscono.
@ francesco devo dirti che a me il giudizio interessa. e mi interessa mettere in discussione le mie convinzioni. questo perché non sono una che difende i confini, ma una che tende ad accogliere quello che accade.
leggendo le opinioni di altri su alcuni autori anche qui su NI, mi è capitato di vedere illuminato un dettaglio che non avevo notato. scoprire un nuovo sguardo sulle cose è il motivo per cui amo i libri. E aproposito di giudizi: sono tuoi i disegni sul sito? bellissimi
grazie agata, sì, sono miei.
ma vedi, leggere o ascoltare il giudizio altrui, per esempio su opere altrui, per me è spesso interessante.
emettere il giudizio, nel senso di qualcosa di strutturato e oggettivizzante, che superi e travalichi il rapporto spesso idiosincratico che instauro con certe letture, lo è molto meno.
ma mi è utile buttare giù qualche impressione, esprimere assonanze, questo sì.
insomma, come dicevo, preferisco narrare il mio rapporto con un libro, piuttosto che “giudicarlo”.
anche perché non lo so fare.
Io non ho mai letto niente della nothomb, così, per caso, nessuno me l’aveva consigliata o sconsigliata. l’altro giorno ho letto una bellissima intervista su “causa di forza maggiore” apparsa su repubblica. credo fosse daria galateria l’intervistatrice. sono rimasto incantato. erano belle e profonde e intelligenti le cose che diceva. ricordo il finale, sul fatto che da piccola era autistica e la scrittura l’ha guarita, perché il male interiore si combatte nominandolo (vado a memoria, ma insomma il senso era quello). ecco, leggendo quell’intervista ho scritto un sacco di appunti sul mio taccino, una cosa inusuale. mi pare che jules renard, in un appunto del suo journal (forse il 26/11/1889), disse che lui amava le persone per quante notazioni gli stimolassero. in quel momento ho amato molto la nothomb, anche se probabilmente questo non mi spingerà lo stesso a leggere il suo libro, ma non per colpa sua, perché è un periodo che la lettura mi pesa. ah, come si veste o si trucca mi è del tutto indifferente.
sergio!
leggi Igiene dell’assassino.
oppure diceria dell’untore.
ecco una che riesce a evocare ttitol alla bufalino ha la mia attenzione.
:-)
Non vorrei presentare un’opinione diversa, ma non credo al male interiore di Amélie Nothom. Non ho una ragione da giustificare, ma lo sento. Si puo avanzare che è sola un’impressione, non valida.
Come si veste o si trucca mi è tutto indifferente, la sua apparenza non ha vincolo con la scrittura che è un lavoro sotterraneo.
Primo non amo la sua voce, è artificiale, ha un timbro falso.
Si puo dire cose spirituose, ma senza l’anima: è un gioco di superifcie: mi mette al disagio.
Il problema non è raccontare una bugia, ma di parlare in dissonanza.
Non è sincera, si guarda scrivere. per me uno scrittore guarda all’interiore, nello specchio si vede solo narcisisimo.
Ho detto la mia opinione di lettrice.
Salve a tutti.
Della Nothomb ho letto poco, ma abbastanza per apprezzarne la verve, lo stile, il morso. Semmai l’unica cosa che mi infastidisce è che è stata eletta da un certo pubblico femminile un po’ borghesente come loro paladina. Ecco sì questo mi infastidisce. Ma io mi difendo ancora oggi la prima Yoshimoto, quindi il problema è tutto mio :-).
(ma i libri sono anche CHI li legge?)
beh… io spero che i libri diventino sempre chi li legge.
detto questo, non credo che la Nothomb sia la paladina “di un certo pubblico femminile un po’ borghesente”
non so. non mi è mai parso.
chi
Sento parlare con entusiasmo della Nothomb solo da donne, e questo mi dispiace, ecco. Mi chiedo solo perchè ad alcuni uomini certe belle scrittrici sfuggano.
Che il pubblico poi sia ‘borghesente’, ‘certo’ o quant’altro, in effetti non ha troppa importanza.