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Cara inerzia

Scrive il domenicano lionese Guglielmo Peraldo, vissuto intorno alla metà del XIII secolo e autore di uno dei più diffusi manuali medievali di vizi e virtù (Summa virtutum ac vitiorum), che un grande esempio di operosità è dato innanzitutto dall’universo intero: il Sole ogni giorno viaggia da Oriente a Occidente, e ogni notte torna indietro, non concedendosi mai un momento di riposo né in estate né in inverno, senza peraltro aspettarsi alcuna remunerazione per il suo lavoro. Un simile esempio deve indurre – secondo Peraldo – a rendere il vizio dell’accidia sommamente esecrabile.

Affermazione questa, del nostro buon domenicano, se mai ve ne fu una, il cui rovesciamento caratterizza il passaggio dalla scienza antica alla nuova scienza della prima età moderna. Il contenuto più autentico della prima rivoluzione scientifica, che ha preso avvio nel cuore dell’Europa nel corso del Rinascimento, può infatti essere visto come un sostanziale allargamento dell’idea di inerzia. E inerzia è appunto uno dei nuovi nomi che vennero dati, a partire da quest’epoca, al capitale vizio dell’accidia.

. . . . . . . . quasi sei secoli dopo . . . . . .

Giacomo Leopardi, Operette morali: Copernico

L’Ora prima e il Sole

Ora prima. Buon giorno, Eccellenza.
Sole. Sì: anzi buona notte.
Ora prima. I cavalli sono in ordine.
Sole. Bene.
Ora prima. La diana è venuta fuori da un pezzo.
Sole. Bene: venga o vada a suo agio.
Ora prima. Che intende di dire vostra Eccellenza?
Sole. Intendo che tu mi lasci stare.
Ora prima. Ma, Eccellenza, la notte già è durata tanto, che non può durare più; e se noi c’indugiassimo, vegga, Eccellenza, che poi non nascesse qualche disordine.
Sole. Nasca quello che vuole, che io non mi muovo.
Ora prima. Oh, Eccellenza, che è cotesto? si sentirebbe ella male?
Sole. No no, io non mi sento nulla; se non che io non mi voglio muovere: e però tu te ne andrai per le tue faccende.
Ora prima. Come debbo io andare se non viene ella, ché io sono la prima Ora del giorno? e il giorno come può essere, se vostra Eccellenza non si degna, come è solita, di uscir fuori?
Sole. Se non sarai del giorno, sarai della notte; ovvero le Ore della notte faranno l’uffizio doppio, e tu e le tue compagne starete in ozio. Perché, sai che è? io sono stanco di questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi, che vivono in su un pugno di fango, tanto piccino, che io, che ho buona vista, non lo arrivo a vedere: e questa notte ho fermato di non volere altra fatica per questo; e che se gli uomini vogliono veder lume, che tengano i loro fuochi accesi, o proveggano in altro modo.

. . . . . . . . . . .

Copernico. Illustrissimo Signore.
Sole. Perdona, Copernico, se io non ti fo sedere; perché qua non si usano sedie. Ma noi ci spacceremo tosto. Tu hai già inteso il negozio dalla mia fante. Io dalla parte mia, per quel che la fanciulla mi riferisce della tua qualità, trovo che tu sei molto a proposito per l’effetto che si ricerca.
Copernico. Signore, io veggo in questo negozio molte difficoltà.
Sole. Le difficoltà non debbono spaventare un uomo della tua sorte. Anzi si dice che elle accrescono animo all’animoso. Ma quali sono poi, alla fine, coteste difficoltà?
Copernico Primieramente, per grande che sia la potenza della filosofia, non mi assicuro che ella sia grande tanto, da persuadere alla Terra di darsi a correre, in cambio di stare a sedere agiatamente; e darsi ad affaticare, in vece di stare in ozio: massime a questi tempi; che non sono già i tempi eroici.
Sole. E se tu non la potrai persuadere, tu la sforzerai.

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57 Commenti

  1. “Una strana follia possiede le classi operaie delle nazioni in cui regna la civilizzazione capitalista […]. Questa follia è l’amore per il lavoro”.
    Paul Lafargue 1880

  2. Ozio, dunque sono. Lavoro, idem con patate. Il sole parla tanto e ci diverte, epperò non ha mai smesso di scarrettare le ore diurne.
    (effeffe, sei la persona più attiva e al tempo stesso più oziosa che conosca)
    Gli è che, mi pare, si è persa da un pezzo la cognizione del lavoro (del mestiere, della fatica) che DAVVERO nobilita l’uomo, perché quei lavori (quei mestieri, quelle fatiche) non esistono ufficialmente più, o quasi. Ma io al lavoro come mestiere, come artigianato, come dedizione, ci credo eccome – e me lo invento ogni giorno, come molti altri, credo. Anche perché è esattamente quello che ti permette, a dispetto di ogni frenesia moderna, di alternare con l’ozio vero, meditante, sempre attento.
    Adesso vado al lago, mi siedo sotto un albero e leggo Musil. Buona giornata.

  3. i saggi latini chiamavano il lavoro ‘negotium’, cioè nec-otium, non ozio, stabilendo così una priorità linguistica e semantica che condivido. altro che vizio esecrabile.

  4. decidetevi, perplesse, o litigate altrove e voi tutti, o ciondolanti lemuri, rinsavite che questo sta diventando il posto più inutile e noioso della rete

  5. Profilo psicologico di quel picio (ma forse ne sono diversi) del club pseudo-post-situazionista di cui sopra:
    – tra i venti e trentanni
    Se ne ha di più la cosa è veramente grave
    – vive in cameretta dai suoi genitori
    Se ha moglie e figli si faccia ricorso ad un assistente sociale
    – soffre d’impotenza (homo) e/o di frigidità se fimina
    Se la sua vita sessuale è felice, non possiamo che rallegrarcene
    – prova una profonda insofferenza verso i focolai di dialogo
    Se ne prova una reale gioia si manifesti che ci andiamo a bere un bicchiere e ne parliamo un pò. Dialogo.
    francesco forlani 338 7428437

  6. Ma veramente, Gerda, talvolta mi chiedo se ho torto. Forse proprio coloro che non posso soffrire fanno ciò che io una volta ho voluto. Forse lo fanno male, lo fanno senza riflettere, correndo l’uno di qua e l’altro di là, ciascuno con in tasca un pensiero che ritiene l’unico al mondo. Ciascuno di loro si crede spaventosamente intelligente, ma tutti insieme pensano che il nostro tempo sia condannato alla sterilità. E se invece fosse proprio il contrario, che ciascuno di loro è stupido, ma tutti insieme sono fecondi?
    (R. Musil, L’uomo senza qualità, cap. 103)

  7. In materia di consolazione a base di cultura, mi sembra, ma potrei sbagliare, che l’Europa si aggrappi quasi esclusivamente al cadavere baffuto e geniale di un filosofo morto in stato di demenza e, come Pessoa, poco letto da vivo: mi riferisco, ovviamente, a F. Nietzsche (un’altra ben nota tradizione europea consiste nel concedere il titolo postumo di genio a quegli artisti che da vivi sono stati perseguitati con maggiore ferocia). Da cento anni a questa parte, benché la disperazione europea non sia cambiata di una virgola e, anzi, sia probabilmente aumentata (e forse non ha torto chi sostiene che i viennesi più nichilisti dei primi del 900, teletrasportati ai giorni nostri, fuggirebbero strappandosi i capelli), tutti quelli che, dal Portogallo alla Svezia, sono stati contaminati dal virus della cultura, quella strana malattia che trasforma l’idiozia in un concentrato d’infelicità, cinismo e amarezza, si abbarbicano alla bell’e meglio ai folti baffi di Friedrich e a qualcheduno dei suoi imperativi categorici, tra cui “gaia scienza!”, “gioia di vivere!”, “ebbrezza!”. E per questo motivo ci si sarebbe potuti aspettare che, nel corso dei decenni, l’Europa si popolasse poco a poco di gai intellettuali. Non ne conosco. Non conosco altro che dei sinistri ma rispettabili morti di fame, degli arrivisti fedeli ai bei gesti e agli altrettanto bei valori del passato, maestri nell’arte del contraddirsi al momento di agire, o dei tristi velleitari aggrappati alla pelle di zigrino delle loro utopie (credo di appartenere a quest’ultima categoria).
    Luis de Miranda, Europa, in Sud n°3

  8. Che meraviglia.
    Ma c’è comunque un abisso, mi pare, tra il farneticante Hans Sepp con la sua seriosissima cricca di infanti, in Musil, e gli pseudo-post-situazionisti, come ancor troppo generosamente li chiami, mon cher communiste dandy.
    La stupidità mascherata da intellettualità è maledettamente feconda, e questo dovrebbe far rabbrividire chiunque abbia il minimo sospetto di essere un intellettuale, me compreso. Ma poi?
    Per me, lo ripeto, la sola alternativa al parassitismo inetto e/o al rischio-apoplessia delle professioni moderne è l’alternanza sana tra lavoro (labor: fatica, altro che negotium) e ozio (otium: vino e dialogo). Leopardi, mi piace pensare, si faceva un culo così sulle sue carte, poi passava nottate intere a fissare la luna degustando un buon rosso marchigiano (non aveva amici, poverino).
    P.S. Quando potrò finalmente leggere “Sud” n°3? La sola copia che avevo l’ho duvuta spedire immediatamente a Stefan Finke.

  9. carissimo e fraterno amico
    fra i post situazionisti ( che fanno dei post situazione, o così credono) e i nostri eroi – però metterei Il buon soldato Schweik di Hasek, tra i primi, almeno per me- ci sta un abisso, absolutely. Il quindici usciamo con il quattro. Distribuzione della rivista è in random, – eufemismo- per ora, ma la cosa più semplice è fartele mandare dall’editore. chiamalo

  10. Musil è immenso. Luis de Miranda ha semplicemente ragione (hai detto niente !). Grazie a tutti e due.

  11. Lascia stare effe effe, nazioneindiana ha avuto sempre il suo ruttatore fedele. Io sono un vecchio lettore, ormai lo si conosce. Se non avesse questo spazio gli rimarrebbe solo il suo muffito ombelico.

  12. :-)))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
    era un po’ che non passavo di qui
    ma … ha dell’incredibile
    ma … chi è che rutta come un basso continuo?
    Però … ho notato che ultimamente è migliorato e mette la manina davanti alla bocca (cioè rutta fra parentesi) pure lezioso il ragazzo ;-)
    georgia

  13. SUI NICK E SU LA E-MARIA ANTONIETTA NEL SUD DEGLI USA

    ehi libertà, hai letto male … ho scritto che era parecchio che non vi leggevo ;-)
    Ma sei tu … il tur del rut?
    Da ieri sto riflettendo su una cosa buffa.
    la nuova NI è stata fin all’inizio ossessionata dalla sicurezza e dai nick, e si sono visti solerti operatori seminare il terreno di bombe anti-nick, di telecamere, allarmi, torrette di avvistamento, mercenari, sceriffi, e controllori più illuminati, ma pur sempre rigidi, si sono sentiti in dovere di partecipare a delle ronde.
    Sono stati improvvisati e-convegni (promossi dalla stessa direzione) sulla negatività sociale dell’uso dei nick.
    Persone (prima da me stimate per le cose intelligenti postate) si sono messe a cospargere di bianchetto dei commentini innocui e birikini (cosa misteriosa che non si è mai capita, ma forse era solo un nuovo gioco per passare il tempo
    La parte dei commentatori che SEMBRA demente, quella delle provocazioni, dei rutti, quella dei novelli proteo che cambiano forma ad ogni messaggio ha invece avuto (nella sua post-demenza-kostruttiva) il merito di dimostrare che nick o nome, una volta in rete, è la stessa identica cosa se non esistono possibilità di autenticare il proprio messaggio/commento.
    Mi spiego meglio: chi posta in un blog ha una iscrizione e una passw e quindi di solito se a postare è andrea roas, ci sno 90 probabilità su cento che sia il vero roas a farlo, mentre se uno commenta può essere sempre (per essere banali) uno nessuno e centomila quindi nick o nome vero poco importa, ad esempio la simpatica Perplessa che, provocata, aveva dato nome e cognome vero è stata ugualmente clonata senza problemi.
    Quindi nick o nome è uno dei falsi problemi sollevati da falsi moralisti.
    Forse ognuno dovrebbe potersi iscrivere automaticamente ai blog (come succede nelle liste) per fare in modo che il suo nick nome o altro sia usabile solo da lui, altrimenti tutte le altre prove di forza non sono altro che “e-ridicolezze amene che se la e-menano”
    La censura è tragica , ma in rete è solo ridicola e patetica.
    Il nostro mondo ormai capovolto sta facendo apparire i vecchi utenti (utenti del mondo) ovunque dei piccoli rigidi e ridicoli bipedi ancora inadatti al cambiamento che, ammettiamolo, si sta dimostrando post-katà-strofè.
    Chi non è elastico è condannato al ridicolo.
    Vi riporto una notizia dimostrativa:
    Dopo il tornado anomalo, nel sud degli Usa (dei potentissimi Usa), un tornado che ha spazzato in un secondo ogni tecnologia e illusione di omo-tecnolgicus, un senatore del Missipi (evidentemente non abbastanza e-lastico) “ha invitato i cittadin a ‘collegarsi a internet per avere le informazioni’. Quale internet, senatore, gli ha chiesto un cronista?”
    Chi vi ricorda?
    A me ricorda una moderna e-Maria Antonietta con il pane e le brioche ;-)

  14. La cosa più ridicola è l’ossessione paranoica anti-VMO che ha portato Andrea Raus a rimuovere per ben due volte la loro poesia “Franza o Spagna”, facendo così capire quanto sia scomoda e importante.

  15. hanno tagliato la poesia che avevi postato?????
    Beh forse occupava troppo spazio nei commenti altrimenti e nulla oggi può essere nè scomodo nè importante.
    Se uno vuole può leggerla qui
    http://vmo.splinder.com/
    o qui
    http://vertigine.clarence.com/
    Tu però melloni sei sgradevole quando “sbagli” i nomi.

    CENSURA
    Andate e vedervi, a mo di monito, alcune vignette di giuseppe scalarini (1873-1848) il più grande vignettista italiano

    http://www.socialisti.net/images/scalarini/immagini/867-1892-26.JPG
    http://www.socialisti.net/images/scalarini/immagini/881-1892-26.JPG
    http://www.socialisti.net/images/scalarini/immagini/885-1892-26.JPG

  16. ieri passo da un vagone all’altro c’erano tre zingari a terra mamma mia una puzza schifosa tutti sporchi ma roba da vomitare eh

  17. l’odore è sempre una cosa relativa.
    Chissà cosa hanno pensato loro quando gli sei passato davanti del tuo odore proveniente dai tuoi abiti dove l’odore del fritto e della bistecca si univa a un pessimo e dozzinale dopobarba e ad un sudore ormai omg a causa dei deodoranti spray che aumentano l’effetto serra ;-)
    geo

  18. Giorgia stavolta sei stata un po’… non so. Dài, gli zingari puzzano e fanno schifo (sicuramente anche a te). Non c’è niente di male.-8

  19. a me assolutamene no!!!!!!!!
    E’ difficile che mi faccia schifo un essere umano (capita ma è difficile)
    ma mai mi fanno schifo categorie o popoli interi
    ma siamo matti?
    tu semmai mi puzzi un po’ di … razzismo e questo sì mi fa un po’ schifo anche se il razzista si è ripulito, per Fini suoi, ed lavato con perlana :-)

  20. Cioè tu mi vuoi dire che gli zingari non sono sporchi e puzzano? Davvero trasfiguri la realtà fino a questo punto?

  21. ma …vi fate?
    e pure con roba scadente.
    Ad ogni modo cercando di prendervi sul serio (cosa un po’ difficoltosa:-)
    non si dice zingari è un termine offensivo, ci sono i sinti, i rom ecc.
    e se invece di vederli tutti uguali come le formiche (come facevano i nazisti) vi deste la briga di affacciarvi al loro mondo avreste pure delle sorprese e sarebbe più costruttivo che stare in rete a dire ‘ste cazzate :-).
    ad ogni modo contenti voi, io non ho nulla da ridire
    arrivederci cari
    georgia
    P.S
    Volevo avvisarvi che io, come il protagonista delle Opinioni di un clown, di Heinrich Böll, sento gli odori in rete quindi regolatevi prima di mettervi alla tastiera :-)

  22. @ giorgia

    – zingaro non è termine offensivo semmai generico
    – i rom puzzano sono sporchi non accettano le regole (tipo il biglietto del treno) rubano costringono i figli a “lavorare” al posto loro ecc.
    – mi sono spesso affacciato sul loro mondo, ho avuto per anni un “campo” sotto casa: accadeva di tutto. Oltre la puzza infernale.
    – nazisti… BASTA!!!

    Il mondo non si redime con le parole. I fatti esistono.

  23. vorrei aggiungere un aneddoto sugli zingari.
    una volta ero fermo al semaforo con la macchina e si avvicina una zingara molto brutta.
    bussa al finestrino e mi fa: se tu non dare me soldi tu morire.

    ecco, questo per far capire che gli zingari sono gente minacciosa e ricattatoria.

  24. Come mai sei ancora a vegetare se la giovane nomade ti aveva (giustamente) lanciato la “fattura”? Perchè non ha sortito effetto? Sei povero, molto povero. Anche se affermi di possedere una vettura resti un sottoproletario. Un campo di rieducazione ti ci vorrebbe. Per farti tornare almeno un essere umano, ai livelli di Borghezio, non molto altro.

  25. perché gli zingari, oltre che puzzare, non sanno nemmeno fare le fatture.
    molto meglio i napoletani, che puzzano uguale ma almeno qualche malocchio lo centrano.

  26. E’ ragionevole, chiunque lo capisce. E’ facile.
    Non sei uno sfruttatore, lo puoi intendere.
    Va bene per te, informatene.
    Gli idioti lo chiamano idiota e, i sudici, sudicio.
    E’ contro il sudiciume e contro l’idiozia.
    Gli sfruttatori lo chiamano delitto.
    Ma noi sappiamo:
    è la fine dei delitti.
    Non è follia ma invece
    fine della follia.
    Non è il caos ma
    l’ordine invece.
    E’ la semplicità
    che è difficile a farsi.
    (B.B.)

  27. ischia, perché non fai un po’ il comunista serio e ti metti in casa un paio di zingari indigenti. interrompi il loro triste sfruttamento.

  28. La causa reale della barbarie in cui siamo immersi è che viviamo in un ordinamento sociale, quello capitalista, in cui tutto funziona e gira solo se i padroni fanno profitti, in cui la proprità privata dei capitalisti è intoccabile e sacra, in cui ogni capitalista gestisce come una sua questione privata iniziative e imprese che sono di fatto collettive perchè coinvolgono e riguardano la vita di migliaia di uomini e donne. Il funzionamento di intere zone, paesi, continenti, l’ambiente e le risorse di tutto il pianeta. Un ordinamento sociale che periodicamente si inceppa ed entra in crisi come quella attuale. Crisi economica (il profitto che i padroni estorcono ai lavoratori è troppo poco in confronto alla massa di capitale esistente e un numero crescente di capitalisti allora smette di fare investimenti) e poi diventano anche crisi politiche (nei rapporti tra i gruppi che compongono la borghesia imperialista, tra i suoi Stati, tra la borghesia imperialista e le masse popolari) e crisi culturali (delle idee, dei valori, dei modi di fare con cui le donne e gli uomini hanno rappresentato e diretto la propria vita).
    La causa reale della barbarie in cui siamo immersi è che alla direzione della società vi è una classe, la borghesia imperialista, che è disposta a tutto pur di mantenere in vita questo ordinamento anche se è ormai vecchio, superato, inadeguato al livello raggiunto dallo sviluppo delle forze produttive, dalle relazioni tra gli uomini all’interno di ogni paese e nel mondo e alle potenzialità connesse con le scoperte tecnologiche e scientifiche, perchè è da questo ordinamento che trae la sua ricchezza, il suo potere, il suo prestigio.
    Ci troviamo di nuovo in una situazione di cambiamenti e di sconvolgimenti, di guerra e di rivoluzione, simile a quella della prima metà del secolo scorso. Una situazione da cui, come allora, è possibile uscire in due modi.
    Dal marasma attuale, dalla confusione, dall’abbrutimento, dalla disperazione, dalla certezza di essere solo oggetto di sfruttamento le masse popolari cercano una via d’uscita, una strada che apra la prospettiva di condizioni migliori di vita, una stabilità. L’avanzare della crisi porta con sè marasma, confusione, abbrutimento, disperazione, ma anche mobilitazione, spontanea ed organizzata, delle masse per resistere alla situazione che peggiora.
    In questo contesto cresce lo scollamento fra le esigenze delle masse popolari e la politica dei partiti, associazioni, istituzioni della borghesia, che non riescono e non possono dare una prospettiva al movimento reale delle masse e neppure una risposta concreta ai loro bisogni. Questa è la situazione in cui la borghesia non riesce a incanalare i sentimenti delle masse, la loro attività, non riesce a mantenerne il controllo, se non con una mobilitazione apertamente reazionaria, alimentando fobie collettive, inventando FALSI NEMICI, proponendo facili soluzioni che nella pratica si traducono nel RAZZISMO, nella TENDENZA ALLA GUERRA, nel FASCISMO.
    La discriminazione razziale, culturale, sessuale, la violenza rivolta contro altri sfruttati, altri oppressi; questo è il risultato della direzione della borghesia sulla mobilitazione delle masse. Ogni ambito di aggregazione sociale in mano alla direzione della borghesia diventa bacino di reclutamento per le formazioni neofasciste e delinquenziali. Lo vediamo negli stadi di tutta Italia, lo vediamo nelle periferie delle metropoli, nelle scuole. E lo abbiamo visto nella storia.
    Ma dallo stesso contesto, nelle stesse situazioni, la mobilitazione delle masse popolari può trasformarsi in mobilitazione per un mondo migliore, in LOTTA DI CLASSE. “Tanto più c’è confusione sotto il cielo, tanto più la situazione è favorevole”, diceva il compagno Mao Tse Tung. Quando a rispondere ai bisogni delle masse, a promuoverne e sostenerne la mobilitazione sono i comunisti, l’abbrutimento, la disperazione, la confusione, possono diventare allora linfa per il movimento rivoluzionario. Quando a dirigere la resistenza delle masse popolari è il partito comunista, e non la borghesia in uno dei suoi travestimenti (anche i fascisti dicono di essere contro il sistema), la mobilitazione diventa rivoluzionaria, le masse popolari prendono coscienza, combattività, vita. Mentre sotto la direzione della borghesia le masse popolari hanno dimostrato di toccare il fondo, sotto la direzione della classe operaia, organizzata nel partito comunista, sono state capaci di compiere imprese eroiche sulla strada della loro emancipazione e della lotta per costruire sulle ceneri del capitalismo un nuovo e superiore ordinamento sociale, il comunismo.

  29. Saldamente attestati sotto l’egida del pensiero indefettibile dei compagni Marx, Engels, Lenin, inneggiamo alla gloria del Compagno Stalin,!
    Sotto la Sua guida sicura, lungo il Suo sguardo teso all’orizzonte dell’Avvenire, fedeli in ogni dettaglio alla Linea da Lui tracciata, nel Solco tracciato con mano ferma dal Compagno Lenin, costruiamo un Mondo Giusto all’insegna del Comunismo.
    Presto vedremo cadere i falsi idoli dell’Occidente capitalista, corrotto dalla smania di profitto, inzuppato da suo stesso marciume, vacillante ormai sotto l’inflessibile spinta d’acciaio delle Masse Proletarie, prossime ad assumere il ruolo che spetta loro nella Storia!
    L’Imperialismo occidentale e quello Americano in particolare vive ormai la sua ineluttabile fase terminale, che vede la grandi masse musulmane dei diseredati d’oriente, oggettivamente alleate delle avanguardie rivoluzionarie, sferrare attacchi sanguinosi nel cuore stesso dei santuari del SIM (Stato Imperialista delle Multinazionali).
    Ciò costituisce la giusta risposta al proditorio attacco sferrato dagli USA e dai loro lacchè contro il compagno Saddam Hussein, per impadronirsi dei pozzi di petrolio, indispensabili al capitalismo occidentale per alleviare gli ultimi singulti mortali della sua economia ormai marcia…
    Eccetera.
    Così si può andare avanti un pezzo.
    Ah, dimenticavo: morte alla Cricca di Pechino, un covo di traditori dell’idea stessa di Socialismo… ecc!

  30. indubbiamente quando sei un cafone ischitano e la tua isola è tutta in mano alla camorra, o sei un mezzo camorrista pure tu, o cominci a pensare a questioni globali generiche lontanissime. tipico dei comunisti è accalorarsi molto per quello che accade a migliaia di chilometri da casa e poi non dare una mano a sparecchiare o che ne so rifarsi il letto. meglio pensare a quando un giorno si guiderà la rivoluzione in africa…

  31. ****
    “con il mouse implorante; protendea ‘l cavetto avido e il monitor indarno aperto” (e-leopardi)
    ****
    a ruttoman il PROToTIPO virtuale

    sei un PROToquamquam
    PROTomorfo e PROTogino
    RUTilante ed e-RUTtante.
    proteus vulgaris
    PROTeiforme
    insomma un … PROTo-virtual-cretino

  32. Un’altra cosa tipica dei comunisti è che, a differenza delle persone normali, sanno sempre come stanno le cose, e te lo possono spiegare. Tu magari sei ad una cena e stai parlando esprimendo opinioni perplessità e ad un certo punto interviene il classico comunista che si meraviglia del fatto che tu non sai come stanno veramente le cose; e lui te lo spiega.

  33. Sì, ma è ovvio che è così! Loro, leggendo la repubblica, già sanno come stanno le cose; e magari hanno letto anche l’inserto culturale del manifesto. Mettici poi qualche reminiscenza dello scientifico; sai le antologie con qualche brano scelto da Rousseau…

  34. ma … quanti comunisti conosci tu?
    quelli che conosco io, la repubblica non la leggono mai …il manifesto forse, a volte, ma quasi mai alias, leggevano la rivista del manifesto, questo si, ma non c’è più:-)
    Io, ad ogni modo, dai comunisti ho imparato molte cose, in Italia erano fra le persone migliori che ci fossero, oggi non so assolutamente dove siano, non so proprio come fai tu ad incontrali alle cene (ma sei sicuro/a che siano comunisti?) ma sei sicuro/a che un comunista verrebbe a cena con te? per me sono dei cloni (tipo bossi, bondi, ferrara, rossella, pera tutti ex comunisti ma taroccati) e tu non te ne accorgi neppure ;-)
    georgia

  35. tipico dei comunisti: offendere. Io non ti ho offeso, e verrei a cena con te, anche per un fatto cristiano proprio, per farsi due risate.

  36. Qui sopra volevo solo giocare, David di Donatello.
    Ma alla fine ho deciso di risponderti (abbastanza) seriamente, riprendendo due cose messe tempo fa nel blog di cui sono l’impacciato titolare.

    Sono tra quelli che vivono questi anni con la sensazione, precisa e disperante, che stia il mondo regredendo verso stati precedenti e de-civilizzati.
    Sono tra quelli, pochi, che sono ancora convinti che gli strumenti di analisi più acuminati di cui potremmo oggi disporre per comprendere quello che succede, siano ancora quelli marxisti o di derivazione marxista.
    Sono tra i consapevoli che la funzione disvelante del marxismo sia ancora fondamentale & impagabile, a fronte di una pars construens assolutamente improponibile, perché affossata dal suo stesso fallimento storico.
    Sono tra coloro che, mentre sanno di essere ancora comunisti, sanno anche di non poterlo più essere.
    Sono tra quelli che vivono questa schizofrenia in modo doloroso, senza più sapere nemmeno a chi dirlo, perché non c’è più nessuno disposto a parlarne e capace di capirne.
    Sono allora tra quelli che, da comunisti, hanno visto la storia sradicare a forza il loro sogno di ottenere, per tale via, un mondo migliore.
    E tuttavia sanno che quello è ancora l’unico modo serio di guardare il mondo

    Essere comunisti senza poter più credere nel comunismo.
    Sapere tutte quelle cose che un comunista sa, ma non poter fare niente, né dire niente.
    Essere comunisti davvero, oggi significa non poter avere più compagni e tacere.
    Essere comunisti oggi significa sapere che l’intero edificio, costruito con la rete della dominanza e dello sfruttamento mondiali, va abbattuto.
    E però saperlo non significa poter indicare, con la sicurezza di un tempo, come abbatterlo e, soprattutto, come ricostruirlo su basi di giustizia e libertà e uguaglianza autentiche, che durino.
    Significa dirsi e ripetersi in continuazione che eccolo il capitale, senza più freni, mentre si impadronisce di tutto, in primo luogo delle coscienze, anche (e soprattutto) di quelle degli “oppositori”, dando loro un gratificante e visibile e mediatico ruolo di nemici (si veda il pupazzo Bertinotti, i ridicoli verdi, il triste D’Alema, l’orribile Veltroni, eccetera).
    E dirsi (senza poter “dire”): guarda come se le lavora e se le spolpa, le cosceinze, come le modella a sua immagine e ne ottiene consenso, facendo loro credere di essere libere dentro liberi sistemi democratici con libera informazione e autentica opposizione e vere elezioni.
    Significa sapere che il capitale (si chiama così) oggi ha in mano soprattutto i mezzi di produzione delle coscienze e che il luogo del conflitto non è più la fabbrica o la piazza, ma è lì.
    Dirsi: eccolo l’imperialismo senza più freni che instaura la guerra, non più come alternativa alla politica e sua prosecuzione “con altri mezzi”, ma come strumento sfacciato e arrogante di pressione e intimidazione permanente: una continua mobilitazione militare, non più diretta dalla politica, ma, si direbbe, farcita di politica per quel tanto che serve e finché resta utile.
    E significa anche dirsi che i “nemici dell’Occidente” e lo “scontro di civiltà” sono solo strumenti per tenere aperto e caldo il conflitto, per far credere ai “nemici” che sono davvero tali, perché continuino a massacrare (e massacrarci) senza sosta, così che si possano inviare truppe e costruire basi ovunque per prendere e mantenere territori e risorse vitali per l’oggi, ma soprattutto per il futuro.
    Significa, e qui chiudo il mio lamento, sapere che nel giro di qualche decennio non ci sarà più nulla da tenere e sfruttare, perché presto il pianeta sarà distrutto, col consenso di tutti.

  37. guaiachinonmiascolta

    @ tashtego

    se vedi la realtà attraverso il filtro Marx essa sarà sempre una schifezza
    e invece la realtà è né più né meno che la reltà

    il marxismo è un colossale tradimento dell’hegelismo, sistema autenticamente efficace a “collocare l’uomo”
    esso sostituisce la dialettica servo-padrone, lavoratore-signore (sempre operante e a tutti i livelli, come Hegel stesso spiega molto convincentemente nella Fenomenologia dello Spirito – anticipando Freud) con la lotta di “classe” (costrutto arbitrario e fantasioso – a meno che non si asserisca che a loro volta i componenti della classe sono in lotta tra loro – come bene dimostrato dalla storia di tutti i totalitarismi recenti, l’orrendo disfacimento di tutte le superburocrazie filosovietiche, IL PARTITO: la classe non aveva una coscienza – né nel senso di “una sola” né proprio nel senso di “Coscienza”).

    il marxismo è evidentemente una forma dissimulata di pensiero giudaico-cristiano
    al posto del bene e del male, il proletario e il capitalista
    al posto della redenzione la dittatura (del proletariato)

    ora il punto è [secondo me]che non esistono classi (almeno intese nel rigido schematismo marxiano) e non esiste redenzione, e questo perché la “sacralità dell’uomo” è una balla colossale.

    l’uomo vale l’insetto la formica
    può benissimo sparire dalla faccia della terra come è accaduto a tanti altri animali

    e allora se le cose stanno così
    don’t carry the world upon your shoulders
    e fa’ la tua vita migliore
    (cioè non perdere tempo con NI – come faccio io)

  38. certo, insetto o formica.
    dunque chissenefrega se agli insetti e formiche più deboli si rompe sistematicamente il culo.
    checcenefotte se gli insetti si arricchiscono sfruttando altri insetti, costruendo guerre a tavolino dove mandarli a morire, eccetera.
    checcefrega se l’insettume dominante col consenso degli insetti dominati, sta per fottere il pianeta, se si succhia tutta lenergia disponibile per riverdercela a caro prezzo eccetera.
    sempre insetti sono, no?

    considero il concetto stesso di “perdita di tempo” una cazzata che si situa ben dentro l’ideologia dei dominanti che ci mandano su per il culo fin dalle elementari, organica all’etica del lavoro, che visto che hai fatto il classico (lo scientifico è lo stesso, anzi peggio), dovresti averla sentita nominare.
    non l’hanno di certo inventata gli insetti delle classi inferiori.
    in ogni caso il mio tempo lo perdo il più possibile, a fiotti, con dedizione e metodo, in ogni istante della giornata.

    (il liceo classico fa più danni del fumo)

  39. ha un senso se tu fai parte della classe inferiore, e dunque lotti per te stesso. altrimenti non ha alcun senso

  40. relativamente al fatto che l’etica del lavoro non sarebbe un’invenzione delle classi inferiori devo comunicarti che sei poco informato. non hai da fare molto, leggi weber

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antonio sparzani
antonio sparzani
Antonio Sparzani, vicentino di nascita, nato durante la guerra, dopo un ottimo liceo classico, una laurea in fisica a Pavia e successivo diploma di perfezionamento in fisica teorica, ha insegnato fisica per decenni all’Università di Milano. Negli ultimi anni il suo corso si chiamava Fondamenti della fisica e gli piaceva molto propinarlo agli studenti. Convintosi definitivamente che i saperi dell’uomo non vadano divisi, cerca da anni di riunire alcuni dei numerosi pezzetti nei quali tali saperi sono stati negli ultimi secoli orribilmente divisi. Soprattutto fisica e letteratura. Con questo fine in testa ha scritto Relatività, quante storie – un percorso scientifico-letterario tra relativo e assoluto (Bollati Boringhieri 2003) e ha poi curato, raggiunta l’età della pensione, con Giuliano Boccali, il volume Le virtù dell’inerzia (Bollati Boringhieri 2006). Ha curato due volumi del fisico Wolfgang Pauli, sempre per Bollati Boringhieri e ha poi tradotto e curato un saggio di Paul K. Feyerabend, Contro l’autonomia (Mimesis 2012). Ha quindi curato il voluminoso carteggio tra Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung (Moretti & Vitali 2016). È anche redattore del blog La poesia e lo spirito. Scrive poesie e raccontini quando non ne può fare a meno.
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