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Photoshop ero! – dalla camera accanto

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20 Commenti

  1. La neve ha la morsica magica del veleno.
    Un veleno di bellezza, una consolazione per erba in rivolta, erba che cerca da vivere.
    Bellissime le parole rosse su terra bianca. La neve accompagna le flâneur in città durmiente: ” la neve è come la neve” dà un ambiente russo ai palazzi di sogno,
    di regno dimenticato;
    neve e mattino scivolano sulla pietra. nel fiume bianco si tace il Po. Effeffe, poeta flâneur e poeta in rivolta, in un passo lento, non risveglia la bellezza muta di Torino. E’ un canto dolce per alba “dei vinti e gente sperduta.”
    Consolazione di poesia neve. La neve nasce senza un murmuro. Si sveglia un mattino in altro regno, senza un murmuro passa nel cuore
    della gente in movimento, bianca neve con lampi rossi.

    Aspetto altro momento magico.

  2. qui a Torino ciò che mi piace è anche che il pavé in certi punti scricchiola come un grissino [ o! Torinese] e che in certi punti fino a l’ altroieri furono calabroni di calabrosa a quadrigliare ramo a ramo, spargendosi come polittici tuttibraccia]
    e come un fiume l’ uomo caldo (anfibio?)
    come un uomo il fiume anfibio deciso va avanticorpo distante dall’ immobilia. muove.
    e Torino non dorme, mister[e]o magnum è il suo silenzio che la racconta a ruota.
    un caro saluto a Francesco
    paola lovisolo

  3. ringrazio il primo commentatore per la solerzia e discrezione dell’avviso. Intanto ne approfitto per dedicare la “chose” agli operai che sfilavano silenziosi durante lo sciopero generale. Ai lembi delle loro bandiere e alle loro scarpe semplici.
    effeffe

  4. Nei sogni la vità è più svegliata. Torino duerme con il corpo in cammino, in spazio di regno bianco.
    Lo scricchiolo di un cuore che si fende, di grissino che non ho mai gustato.

  5. Perché non hai inquadrato anche le tue di scarpe?
    (Per evitare malintesi: non nel senso del confronto – a me parevano più che semplici normali, quelle scarpe – ma di partecipazione, di mescolanza, di cor-rispondenza. O il poeta deve stare a lato?)

  6. Posso pensare agli ucelli che camminano nel freddo.
    Impronta di vita che cerca luce, semplici scarpe,
    in corpi vivi, vicini,
    fiume, turrente al ritorno del ghiaccio in frammenti,
    si la voce del fiume
    si tace nella fuggitive neve,
    cuore prigioniero,
    ma il passo degli uomini
    prende la voce del fiume,
    queste scarpe semplici
    fanno commozione.

  7. per effeffe
    un giorno del ’71 a -25°

    *

    e quando poi
    sfiorito il rosso
    di photoshop ero
    rimasto ad ascoltare
    altre memorie

    si presentò alla mente
    Mirafiori
    senza colori
    e tutto un nero calpestare

    solo di bianco fogli di giornale
    usati per difendere dal gelo
    i parabrezza

  8. Macondo, ho pensato a quello che dicevi dello scarto, e mi è venuto in mente uno dei più bei racconti di Goffredo Parise (sillabari) ovvero amicizia. soo tante le ragioni per cui amo quel testo ma su tutte, l’aver rappresentato in modo ineccepibile la messa in disparte di chi racconta. Non so se ti ricordi la scena. Comincia con la descrizione di una decina di amici che avevano condiviso una bellissima andata in montagna un anno prima e che si ritrovano un anno dopo, con qualche assente a ritentare la magia di quella prima esperienza. C’è una frase fondamentale di Parise a questo proposito quando enuncia che nella ripetizione di un’esperienza, talvolta riesce il bis, qualche altra volta no, che non c’erano regole, per questo. E quando d’attacco descrive uno ad uno gli amici e l’universo relazionale in cui si trovano – chi ama chi o cosa- ebbene arrivato all’ultimo, ovvero al narrante, non si attarda più di tanto, giustificando la cosa con l’identificazione del ruolo, ovvero di raccontare, con il fatto di essere presente. Ecco su questo non posso che dargli e darti ragione. Ho sempre pensato che alla base di ogni racconto deve esserci la necessità del racconto e non di chi la racconta. Qualche volta riesce, il più delle volte no. non esiste una regola in letteratura. Nemmeno nella vita.

    effeffe

  9. toh… rino. je amo la ciudad de torinu. et puis la language et la lingua s-cordano et la ‘nterpuntione de lo textum tradotto et fisso que non ha la molteplicitade della voice incopulabile dall’idioma del super-io entr’acte tra analogie e digitalogie. sfuma la voice in the noise rumor d’amor in door biforate e quadruplici selciati che damano con la…
    ma usi la signora web-camelia?
    chiedo e prego di volermi indurre in tentatione et io volio de ammaestrarmi a la visio pantagruelica et tua.
    perche non facere deux version: una vulgarizzata et l’autre effeff-ata?
    di slancio,
    un salutar di mano sventagliata al di qui de lo speculo magico.
    con solazzo!
    :)

  10. Cribbio Francesco questo è talento.
    Già lo sapevo, ma sembra impossibile stupirsi ogni volta, comunque.

    Francesca und Jan und Viviana

  11. scusate, volevo commentare…
    solo che poi quando leggo véronique vergé mi distraggo
    mi ipnotizzo e seguo le sue parole che volano leggere inseguendo una lingua non sua
    con una profondità che mi cattura
    e mi ritrovo ad inseguire le scie che le sue parole tracciano, come da bambina guardavo gli aquiloni!

    “queste scarpe semplici
    fanno commozione”

  12. @ effeffe

    malgrado non conosca il libro di Parise (ma da domani mi industrierò a cercarlo, impegnandovi il poco valsente supplementare elargito da questo tredicesimo mese), anch’io la penso così. La necessità del racconto, della narrazione che impone allo scrittore i propri ritmi, le proprie impellenze, i propri tour de force, e gli si incista dentro, gli scandisce il respiro. Lo so, magari riuscisse ogni volta.

  13. OT (ma è più forte di me, si vive anche di emozioni):
    Nazione Indiana dovrebbe fare una lettera di scuse, a nome di tutti, anche di coloro come il “ministro” Sacconi che non sanno quello che fanno e dicono, ai familiari di Eluana per il dolore supplementare che causano loro.

  14. Un abbraccio a Stalker…
    Ritrovare il mio cuore di bambina è la mia guarigione.
    Davanti a un testo magnifico come quello di effeffe, dimentico
    il griggio, vedo speranza e bellezza.

  15. veramente potente, che bravo, davvero di quelle cose che ti cambiano, anche io sempre stupita e anche che maestria.

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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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