“Si” #1 Lettura a più voci

[Sì (seguito da Altri segni, Tertium quid, Ultimo esempio) è un libro di Alessandro Broggi, uscito per Tic edizioni, nel giugno del 2024. Come Noi, uscito per lo stesso editore nel 2021, si presenta come un libro in prosa, abbastanza breve, difficilmente classificabile. Ho chiesto ad amici e amiche autrici, di scrivere qualcosa su questo oggetto letterario non ben identificato, senza per forza la pretesa di prenderne tutte le giuste distanze critiche. Di un libro del genere, mi sembra importante già darne conto attraverso una pluralità di “esperienze” di lettura. Cominciamo con le voci di Andrea Accardi e Leonardo Canella. a. i.]

“Musiche remote attraversano la città…”. Nota critica su di Alessandro Broggi

di Andrea Accardi

Chi parla nell’ultimo libro di Alessandro Broggi? L’avvertenza tipografica iniziale ci informa che due diversi tipi di virgolette “individuano due differenti livelli enunciativi”, e in particolare le virgolette alte incorniciano un discorso al passato e alla terza persona, quelle a sergente un discorso al presente e alla prima persona, mentre la voce principale non racchiusa tra segni si rivolge a un “tu” da una posizione di sapere. Questa polifonia interna fa pensare al percorso di un’autocoscienza, a un Monsieur Teste che si racconta nei cedimenti del pensiero di fronte al molteplice e al provvisorio (Que peut un homme? era d’altronde la domanda decisiva nel testo di Valéry). Qui la voce non si reifica in un personaggio, compaiono invece alcuni nomi nella sezione Comunicazione ma come tracce diegetiche pretestuose, catturate in un processo di reimpiego e affastellamento di materiale verbale antecedente e composito (ricordano i viandanti ai margini della civiltà di Noi, il libro precedente dell’autore, basato comunque su un impianto romanzesco puntualmente disatteso), nella consuetudine avanguardista del cut-up, della citazionalità interna (una nota metaletteraria a piè di pagina rimanda a Noi come per escludere ogni vocazione propriamente illusionistica). Si aprono in effetti possibilità narrative piuttosto felici, linguisticamente rassicuranti (“Le case erano accese ma non ancora per la cena”, p. 81), prontamente interrotte o surclassate da altre a loro volta infeconde, troncate di netto. Ci troviamo insomma sul terreno di una prosa che non racconta se non per accenni, e di un lirismo che non confessa se non per improvvisi strapiombi. E siamo ancora dalle parti di quella prosa in prosa che lo stesso Broggi ha contribuito a fondare come un corpo estraneo dentro la nostra letteratura nazionale e che ancora produce effetti rilevanti, alcuni conclamati, altri per così dire di straforo, come un termine di paragone introiettato e contrastivo rispetto alle tentazioni sublimanti e patetiche, agli statuti veritativi della scrittura poetica. Ma dell’istanza prosinprosastica di partenza, quel grado zero non assertivo necessario da postulare ma forse impossibile da mantenere, qui non rimane più nulla, essendo fin dal titolo un libro giocato sull’assertività, su modalità quasi sapienziali, da oriente essenziale, che vanno prese sul serio come per l’appunto le torsioni e i dibattimenti di una coscienza in cerca di liberazione dai tormenti del transeunte: “La mia visione del mondo è in effetti l’ostacolo più grande al libero fluire dell’energia: quando considero come vera in sé una forma della mente si originano sofferenza e infelicità, perché la realtà, che è in perenne mutamento, sfugge al controllo delle forme”, p. 17; “…percepisci questa forma che si genera, arriva a un culmine e poi si disgrega”, p. 21; “Si chiama smettere di trattenere quello che vuole distanziarsi da te e di respingere ciò che vuole arrivare”, p. 51. Delle scritture di ricerca conserva invece in tutto e per tutto l’insofferenza ai confini prestabiliti dei generi letterari, un’ostentata marginalità della forma, lo spaesamento dei referenti. Eppure la recente classifica di qualità dell’Indiscreto ha collocato questo libro al terzo posto per la categoria Poesia (e Oggettistica di Giovenale appena dopo), confermando che in fondo vale per la prosa in prosa ciò che già valeva per la poesia in prosa: accantonata ogni versificazione, per densità e verticalità figurale abbiamo ancora “un testo in prosa che viene ricevuto come poesia” (Zublena, Poesia in prosa/ Prosa in prosa, treccani.it), e che calza come un guanto per un certa esperienza del mondo che non è né lirica né romanzesca.

Ma Broggi va senz’altro considerato più poeta che narratore proprio nella misura in cui associa e giustappone con ampie escursioni dell’immaginario, costruisce un testo che ne contiene in potenza altri, e così facendo compromette l’istanza narrativa fondamentale, che è poi il racconto di una storia per volta e la rinuncia a tutte le altre. Nel capitolo trentuno della sezione Attività si avvicendano con brusca regolarità virtualità dell’essere, snodi del possibile: “Stai aspettando un bambino a seguito di un rapporto sessuale consumato in una missione in Somalia, hai smarrito in mare gli occhiali da sole, sei intrappolata in ascensore. All’asilo dove insegni stai proponendo un’attività con i gessetti colorati. Sei finito su una sedia a rotelle…”, p. 31. Questa carica aggressiva verso l’illusione romanzesca monodiegetica contiene al suo interno anche qualcosa di dolente, una protesta contro la legge di realtà e la finitezza dell’esperienza, di cui il romanzo tradizionale in qualche modo si fa portato. Strano ma vero, c’è talvolta nelle forme brevi e proteiformi un desiderio di infinità che gareggia con quello delle opere massimaliste, e questo libro ne rivendica perlomeno una qualche clausola psichica: “È possibile solo dire sì, il no non è più concepibile: tutto ciò che non accolgo provoca divisioni e qualsiasi separatezza genera di per sé conflitto”, p. 59. La tensione fra il trattenere ogni cosa e ogni cosa lasciare andare produce la respirazione profonda di questo libro, così come le scorribande di una sintassi che per avvolgere tutto deve infine sorvolare. Sotto l’avviso del chi si sofferma è perduto, anche la soggettività è trattata da costruzione fragile, pretestuosa, tralasciabile: “tutto ciò che sei ora diverrà un sogno domani”, p. 22; “Vivo in un mondo forgiato dalle mie convinzioni, nulla ha di per sé alcun significato e il modo in cui trasformo la realtà è cambiando me stesso”, p. 55; “Se tolgo la mia biografia, il personaggio, questa storiella della mia identità…”, p. 79, dove non tiene più nulla, neppure l’età o il genere (si alternano così nel testo maschile e femminile), e ci si può riconoscere soltanto agli angoli della prosa, nei sogni dell’analogia: “a diuturno contatto con lo straripare dello spazio attorno da numerosi, infiniti accessi punteggiata di luce siderale nel momento più alto del volo puoi semplicemente essere te stessa… di nuovo una bimba che gioca sulla battigia e raccoglie conchiglie senza alcuno scopo”, p. 24. Va poi da sé che un io che invoca a gran voce la propria esautorazione è un io ancora forte, radicato, forse invincibile. Ma il tormento per ciò che dilegua, e la ricerca di una forma che lo racconti, che lo contrasti e infine lo assecondi, per la molteplicità delle cose che sfuggono anche alle maglie del tessuto poetico (e a maggior ragione a quelle di un racconto incapace di moltiplicarsi, di uscire dai cardini del narrativo), si avvera una volta di più nel finale, su uno sfondo che appare con spalancata evidenza come provvisorio: “Musiche remote attraversano la città velata dalla notte: di chi sono questi suoni? Sono i suoni degli uomini, come se niente fosse mai esistito, o saputo, o capito se non questo trasalimento…”, p. 116.

*

La vita è un ‘sì’ che vive sempre, il di Alessandro Broggi

di Leonardo Canella

Polly ti vedo le tette e sono felice. E vivo. Però se PENSO che ti vedo le tette sono felice ma forse meno vivo. E se SCRIVO che ti vedo le tette sono già morto, Polly. E penso che vorrei allora non scriverlo che ti vedo le tette. E non pensarlo. E VIVERE le tue tette così, vivo prima ancora di vederle seduto in poltrona col telecomando. Mentre tu tagli l’insalata.

1.

Si di Alessandro Broggi è il mio sì alla vita quando vivovedo le tue tette prima ancora di pensarle o di scriverne, Polly. Leggo Broggi e sento il ‘sì’ di vita che è in me prima che il pensiero lo ingabbi nelle parole (scritte o pensate). E il mio ‘sì’ è identico al suo, al tuo. È il sì di tutti NOI. Pensare-percepire-scrivere è già uccidere la vita che vive. Leggi e senti allora che Broggi usa la parola scritta per farti rivivere quel ‘sì’ primigenio, prima che i tuoi pensieri-desideri lo ingabbino. Sono io che vivo le tette della Polly prima di vederle pensarle scriverne. Mentre lei taglia l’insalata. È la poesia, e così non si muore mai secondo me.

Cinquantatré capitoletti in 92 pagine divisi in quattro sezioni: (Scioglimento) 41-53, (Attività) 31-40, (Riavvio) 1-13, (Comunicazione) 14-30. Ma il libro ha 120 pagine: devi aggiungere le prose Altri segni, Tertium quid e Ultimo esempio. FONDAMENTALE è la nota di p.119, qui l’autore ti dice come ha cucinato i suoi ingredienti e tu lo devi sapere. L’editore è Tic, Roma.

COSA. Non lasciarti stupire da COSA c’è in questo libro perché ci trovi ingredienti di tanta filosofia degli ultimi settanta anni. Ma leggendo avrai anche l’illusione che Broggi sia riuscito – che bello è illudersi! – a portare quei traguardi un po’ più in là. Ed è bravo lui a fartelo credere. La poesia è bugiarda (e vera). Così mentre leggevo mi sono illuso di vederevivere le tue tette, Polly. Prima di pensarle, prima di farle morire in definizioni pensieri parole. Io seduto in poltrona, tu che tagliavi l’insalata. E mi sono sentito più vivo quando Alessandro ha scritto proprio per me “La mia visione del mondo è in effetti l’ostacolo più grande al libero fluire dell’esistenza” (p.17).

4.

COME. Scaglie che brillano sul bianco. è fatto di scaglie spesso prelevate tali e quali (libri, media…). È il paguro che entra nella conchiglia non sua su cui si sono incollate scintille di pixel colorati. Ne nascono poemetti di frasi accostate dal sapore concettuale (20-40 righe). Ogni frase lancia bagliori di senso alle sue vicine e ne riceve. Leggi e senti piccole scosse di piacere, è la vita che vibra in te, quella che è prima dei pensieri delle definizioni delle percezioni. È il Sì. In questa arte dell’accostare scaglie Broggi è bravissimo. È SUPER. Ti voglio offrire un caffè!, penso mentre leggo. Io, Alessandro e Borroughs al Caffè Stella. Quando un autore è bravo gli dico dai che ti porto al Bar Stella.

5.

PIACERE. Leggi e provi un piacere sottile per la bravura dello scrittore. Lo stile. Eccone un esempio: “Ambiti e sortite, vicissitudini, riverberi, germinazioni, tropismi e pasture, giaciture; farragini, incagli, languori e disinganni…” (p.46). Nuclei di parole – ne trovi molti – che fanno vibrare l’impianto concettuale di grazie a increspature di piacere sottile. È la mia generazione, quella dei nati intorno al 1970, sbocciata nei tepori azzurrini del postmoderno. Leggi e senti piccole scosse di vita, di ‘sì’ (cfr. supra). Talvolta fioriscono sulla pagina anche corolle di pixel fosforescenti, delicati: “La luce dorata del tramonto discendeva la città dentro le sue proporzioni…” (p.13), “Il portamento dei pioppi, del sole primaverile, il rapido addensarsi dell’oscurità in un cielo estivo…” (questa frase me la sono appuntata su una bustina di zucchero senza segnare la pagina, trovala tu). E non ti fare ingannare dalla virgolette caporali o inglesi fra cui trovi queste parole, è Broggi.

LA TUA VOCE. Ho letto ed ho la tua voce nella testa, Alessandro. Ho la voce di Alessandro nella testa. Quando l’ho incontrato, lui aveva i bottoni del cappotto che gli stringevano troppo il torace, 2022 Milano Assab ONE. Guarda che hai i bottoni del cappotto che ti stringono troppo il torace, gli volevo dire. Alessandro ha ascoltato le Nughette, rideva (forte). Era febbraio, c’era freddo e la porta del bagno era blu. In quel momento ho sentito che gli volevo bene. E anche adesso sento la sua voce che mi dice: “La mia visione del mondo è in effetti l’ostacolo più grande al libero fluire dell’esistenza”. E la Polly taglia l’insalata.

FINE

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andrea inglese
Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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