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Lo senti

di Stefano Ficagna

Cominciarono a sparire in primavera. Dissero che era colpa di un batterio, l’eredità genetica della guerra: certe persone diventavano trasparenti, poche per la verità ma abbastanza da poterlo notare coi tuoi occhi, perché succedeva ovunque. Fu una trasformazione graduale, tutt’altro che piacevole. Le persone diventavano trasparenti a pezzi, oggi avevi un buco sul fianco e domani una chiazza di sfondo sul collo, come un tatuaggio piuttosto originale. I genitori osservavano impotenti i propri figli fluttuare verso la dissolvenza, cercavi di baciare tuo marito o la tua fidanzata ma del loro volto era rimasto solo un accenno di sorriso e un ciuffo di cuoio capelluto a mezz’aria. Fummo tutti più sollevati quando il processo accelerò.

Ne conobbi uno di venerdì. Di solito facevano comunella fra di loro, ma lui era l’amico di un amico e si era unito alla nostra compagnia per una sera. Dopo il cinema ci fermammo a bere qualcosa, al tavolo lui continuava a lamentarsi della totale assenza di invisibili nel film e la cosa cominciò a irritarmi, perché a me era piaciuto e mi sembrava sleale giudicarlo solo da quel punto di vista. Mi immischiai nel discorso e gli dissi che forse non c’erano abbastanza attori invisibili che valesse la pena scritturare: oggi non lo farei, ma nemmeno allora pensavo di essere il tipo di persona che dice una cosa del genere al tavolo del bar. Andammo avanti a discutere per almeno mezz’ora, animatamente anche, e quando lui cedette su una cosa, o forse lo feci io, quel minimo compromesso che trovammo e non avremmo mai pensato di trovare ci fece venir voglia di brindare a quell’accordo e finimmo per sbronzarci. A breve divenne un’abitudine di tutti i venerdì sera. Tempo un mese ed eravamo inseparabili, per modo di dire.

Foto di 愚木混株 Cdd20 da Pixabay

Quando sei vicino a un invisibile, lo senti. La sensazione è simile a quella dell’elettricità statica sulla pelle, una carezza calda unita a un brivido di freddo. Dopo la grande sparizione non ci siamo più toccati, nemmeno scontrati per sbaglio: c’è chi pensa ci sia un motivo fisico dietro a questa repulsione, chi una motivazione psicologica, ma tutti gli studi in materia fatti da noi sono faziosi e di quelli degli invisibili, se mai ne hanno fatti, non conosciamo i risultati. Non possiamo più vederli, ma si fanno sentire: i locali che frequentano sono pieni di musica e chiacchiere, verrebbe da unirsi alla festa ma calerebbe il disagio, lo sappiamo tutti. Nessuno ha mai chiesto a un invisibile se fra di loro riescono a vedersi.

Quando una persona diventa importante nella tua vita, e quella persona è speciale, il mondo ti appare diverso. Noti cose a cui prima non facevi caso, come il modo impaurito che hanno gli automobilisti di avvicinarsi alle strisce pedonali. Mi portò a vedere un film girato con telecamere termiche, nemmeno una grande novità perché qualcuno lo aveva già fatto ma solo come esperimento estemporaneo, nessuno si era preso la briga di continuare: nessuno a parte gli invisibili. In quel film loro c’erano, come c’eravamo noi, e non erano solo la concessione di uno spazio vuoto fra i protagonisti. Mi fece vedere anche le proteste, perché dal nostro punto di vista avevamo perso qualcuno ma dal punto di vista di un invisibile il saldo era molto più negativo: c’era una piazza intera a urlare contro le nuove politiche sul lavoro, c’erano state altre piazze vuote e rumorose e il telegiornale non solo non me le aveva fatte vedere (come avrebbe potuto?) ma non me le aveva fatte nemmeno sentire. Mi sentivo in colpa e non lo potevo nemmeno abbracciare.

La convivenza con gli invisibili non ha creato particolari problemi: loro se ne stanno per i fatti propri, noi evitiamo di invadere i loro spazi. Negli ambiti in cui è proprio impossibile, come sul lavoro o ad una partita di calcio, facciamo finta che sia tutto normale e agiamo di conseguenza. Gli invisibili hanno mediamente mutato carattere, sono più tranquilli rispetto a quando il batterio doveva ancora agire sul loro organismo. Fra gli invisibili neoassunti molti hanno trovato lavoro in settori che hanno a che fare con la statistica e la catalogazione: la maggior parte di loro è seria e precisa ma tendono all’assenteismo, almeno secondo i dati forniti dai loro titolari. I sindacati accolgono con malcelato fastidio le denunce di uno o più invisibili.

Un giorno mi chiese se volevo avere figli. Gli risposi che non ci avevo pensato bene ma no, probabilmente non ne avrei voluti. Mi disse che ci si vedeva come padre, poi si fece una risatina, non so se per il gioco di parole o per l’idea. Pensai alle mie relazioni passate e scossi la testa, confermando la mia opinione. Aggiunsi che forse dipende dalla persona con cui li fai, si disse d’accordo e gli augurai di trovarsi presto una compagna. Sentii il suo sguardo sul mio, anche se ovviamente era solo una sensazione e non potevo provarla, e mi chiese perché doveva servire una compagna.

Col tempo sono state sfatate molte dicerie. Il fatto che gli invisibili potessero essere contagiosi ad esempio, o che fossero stati posseduti da qualche entità aliena, accuse che nella maggior parte dei casi non avrebbero dovuto nemmeno essere prese in considerazione. Ma bisognava stare attenti, fare le cose per bene. Non tutti si sono convinti, resta ancora molta diffidenza ma nascosta meglio.

La questione più accesa è quella delle nascite. Nessuno sa se gli invisibili hanno fatto figli in tutto questo periodo, loro non confermano né negano e su questo ognuno ha la decenza di tenere le proprie opinioni per sé. Qualche invisibile però si integra meglio nel nostro tessuto sociale che nel loro, iniziano frequentazioni che sono qualcosa in più della relazione platonica: non sono dati casi di attività sessuale, viste le difficoltà intrinseche, ma la parte più reazionaria della popolazione teme che il blocco sia psicologico e possa essere superato, col tempo. Gli invisibili non hanno accesso alla maternità per altri in quasi tutte le nazioni, restano poche isole felici che resistono per farsi una buona pubblicità come paesi progressisti.

Nelle cliniche di questi paesi sono nati quarantasette bambini. Nessun dato su genitori e donatori viene fornito dalle strutture in questione.

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davide orecchio
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Vivo e lavoro a Roma. Libri: Lettere a una fanciulla che non risponde (romanzo, Bompiani, 2024), Qualcosa sulla terra (racconto, Industria&Letteratura, 2022), Storia aperta (romanzo, Bompiani, 2021), L'isola di Kalief (con Mara Cerri, Orecchio Acerbo 2021), Il regno dei fossili (romanzo, il Saggiatore 2019), Mio padre la rivoluzione (racconti, minimum fax 2017. Premio Campiello-Selezione giuria dei Letterati 2018), Stati di grazia (romanzo, il Saggiatore 2014), Città distrutte. Sei biografie infedeli (racconti, Gaffi 2012. Nuova edizione: il Saggiatore 2018. Premio SuperMondello e Mondello Opera Italiana 2012).   Testi inviati per la pubblicazione su Nazione Indiana: scrivetemi a d.orecchio.nazioneindiana@gmail.com. Non sono un editor e svolgo qui un'attività, per così dire, di "volontariato culturale". Provo a leggere tutto il materiale che mi arriva, ma deve essere inedito, salvo eccezioni motivate. I testi che mi piacciono li pubblico, avvisando in anticipo l'autore. Riguardo ai testi che non pubblico: non sono in grado di rispondere per mail, mi dispiace. Mi raccomando, non offendetevi. Il mio giudizio, positivo o negativo che sia, è strettamente personale e non professionale.
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