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Le stanze del tempo

Gianni Biondillo intervista Piera Ventre

Piera Ventre, Le stanze del tempo, Neri Pozza, 2021

 

Le stanze del tempo è un libro “architettonico” ma non “urbanistico”. Le città si intuiscono senza essere mai dichiarate. Non è il fuori, ma il dentro quello che ti interessa. Case come correlativo oggettivo delle anime?

La casa è un magnifico correlativo, assai simbolico, così come lo è il concetto di abitare. Ciò che mi interessava esplorare è la relazione di interdipendenza che si crea tra chi abita e l’entità casa, che viene abitata, e quindi anche delle anime dei personaggi i quali, seppure protetti da mura, in quelle mura appaiono più nudi che mai. Esiste tutta una letteratura sulla simbologia della casa e sulle correlazioni tra il corpo e la mente degli esseri umani che mi ha sempre affascinato. Ho cercato di sviluppare questo tema privilegiando le abitazioni e lasciando irrisolti i luoghi che le ospitano.

Ho provato una forte sensazione di claustrofobia, persino nelle descrizioni degli esterni. Ricorrente, ad esempio, è il giardino, come stanza aperta, ma pur sempre stanza.

Immagino, purtroppo, che questa sensazione emerga giacché ho sentito, e sento, la claustrofobia dei tempi che stiamo vivendo. Il nostro “fuori” si è giocoforza ristretto. Anche i nostri giardini, in fin dei conti, per alcuni mesi si sono rivelati nient’altro che spazi che ci hanno relegati in confini costretti.

Quello che descrivi è un mondo abitato da donne. Rari gli uomini, e non ci fanno quasi mai bella figura.

Mi è venuto naturale narrare di donne in quanto, da donna, mi accorgo di avere con la casa un rapporto molto viscerale, quasi fisico. Non penso che il mio mondo abitato da donne sia venuto fuori per omaggiare il leggendario “angelo del focolare”, che temo non esista, ma è stato di sicuro ispirato dalla narrazione del rapporto che molte mie amiche hanno con i luoghi che abitano – e che è un rapporto molto simile a quello mio. In quanto agli uomini, di certo in giro ce ne sono di migliori rispetto a quelli che racconto in queste storie e che ho dovuto maltrattare un po’ per necessità di copione. Magari mi farò perdonare nei prossimi lavori.

Ed è, anche, un mondo abitato da gatti. C’è una ragione specifica?

La ragione è semplice: amo profondamente i gatti. Provo trasporto per tutti gli animali, tuttavia reputo i gatti creature speciali, compagni di cui non potrei fare a meno e che mi custodiscono da quand’ero ragazzina. Mi hanno insegnato moltissimo. Non hanno mai smesso di farlo. E, per restare in tema di case, per me una casa non è davvero casa, senza un gatto.

(precedentemente pubblicato su Cooperazione, nel 2022)

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1 commento

  1. Che strana coincidenza! Avrei potuto scrivere un libro del genere perché amo molto i gatti. Con la piccola differenza che non scrivo “al femminile” né per le donne, se mai spesso le prendo in giro per la loro banalità. Lo metterò “nel carrello” con molto piacere,. Lo leggerò presto. Grazie.

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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