Friburgo

Di Alberto Comparini

 

9.

cerchi le mie aderenze nel mondo distingui l’osteosintesi
dai tessuti fibrosi cicatriziali distesa sul letto percepisci
i confini sfiorati accetti i suoi effetti tocchi gli altri tagli
superficiali sulla scapola destra afferri un altro punto fermo
fuggivo da me stesso quando parlavo in inglese e tedesco
il dottore ti voleva chiamare sindrome dolorosa regionale
ero una distrofia simpatico riflessa poi cronica complessa
mi aveva diagnosticato la ricerca di questo campo di senso
siamo vestiti di carne e parole ricordi ne scrutavi le forme
sul divano abbiamo tracciato insieme un angolo convesso
non servono i due lati per misurarne l’ampiezza in gradi
la soluzione appartiene al prolungamento delle tue mani

 

9.1.

è libero questo posto se vuoi puoi sederti
lo spazio si è ristretto hai accelerato i tempi
verbali le pause i pronomi alla cena sociale
mi chiedi chi sono cosa sei diventato perché
ci siamo conosciuti con due anni di ritardo

 

9.2.

il tiepido imbarazzo del giorno dopo le parole
discrete impastate a fatica tra i riti del mattino
ciao come hai dormito ieri sera sono stata bene
grazie non sono più abituato a dormire da solo
scusa ora devo andare il mio tempo è ridotto

 

9.3.

si è fatto tardi come fai a saperlo l’orologio
è fermo al fuso orario di un’altra vita ti spiace
se misuro il raggio dei tuoi fianchi la cucina
chiude alle ventuno dobbiamo fare in fretta
Alberto posso accarezzare la tua cicatrice

 

9.4.

sul ciglio della strada i fumi salivano alti tra filtri
cavi lancette e ingranaggi filanti il piombo fuso
dei tuoi capelli scaldava di parole le nostre grate
come potevano ignorare il riflesso delle pupille
siamo soli i soccorsi non sarebbero mai arrivati

 

9.5.

quella domenica mattina era ancora inverno sulla banchina della stazione di Friburgo
faceva un freddo tipicamente svizzero tedesco dietro le porte automatiche di un treno
in partenza le nostre dita cercavano di esprimersi con una grammatica sfocata di gesti
privati magari solo il cane al guinzaglio avrà notato i calzini dispari l’attrito dei vestiti
sgualciti i corpi stanchi consumati dall’incertezza dei passi prima di salire sull’Intercity

 

9.6.

aderisci al letto come una sagoma di vetro la gamba traccia
un arco sgraziato attorno alle lenzuola non ci sono pieghe
vie di fuga i vicini hanno sentito tutto a chi importa sapere
dove hai nascosto le impronte del tuo soggiorno a Trento
il collo la spalla il braccio addormentati sotto il tuo peso

 

9.7.

dicembre la terza ondata il ritorno della malattia i primi controlli sono
a gennaio non penso di farcela per la sessione estiva ti va se ci vediamo
in piazza Maggiore le mascherine avevano funzionato sei positiva sono
negativo se vuoi possiamo passare il Natale a Bologna per la quarantena
ho ancora un po’ di pesto un libro di poesie una traduzione di Paul Celan

 

9.8.

una sera al K come in quel locale con vista sulla Sarina in macchina
ascoltavi i frammenti di ossa accumularsi nei riflessi dei bicchieri
i racconti avevano preso una forma liquida sopra i tuoi vestiti non
appartengono più al presente i referti le sentenze terminali per adesso
ci lasciano sospesi sulla linea dell’alta velocità tra Bologna e Trento

 

9.9.

dopo un viaggio in Spagna il 21 aprile del 1960
Frank O’Hara ha scritto Having a Coke with You
nel 2008 un utente americano ha caricato un video
su YouTube l’amore dura quasi due minuti si può
ripetere in loop basta una connessione a internet

 

 

______

Alberto Comparini vive a Trento, dove insegna Letterature comparate all’Università. Suoi testi sono usciti su Le parole e le coseGAMMM Nazione Indiana. Friburgo è la serie numero 9 di un progetto intitolato In una scala da uno a dieci, un’anteprima è già apparsa su “L’Ulisse”, XXV, 2, luglio-dicembre 2022.

 

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1 commento

  1. Ringraziando autore e redattrice per un risveglio così bello e significativo. Al di là dell’indubbio valore estetico, la mia opinione squisitamente personale è che questi versi che amo molto vadano letti “come dal finestrino di un treno in corsa”. Non un treno veloce. E la sua prima fermata è proprio ne “la ricerca di un campo di senso”, che è un concetto particolare e universale, ci appartiene come una cellula. E’ una sindrome comune che giustifica ogni fuga possibile. Fuggire, quando non si conosce una seppur minima verità su se stessi o sulla realtà, è più che lecito, come lasciare “accumulare i frammenti di ossa”, quando dalla fuga c’è l’inevitabile ritorno. Per quanto riguarda la bellezza e la profondità delle parole successive, non mi soffermo perché sarei pedante. Continuo a rileggerle. Grazie.

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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