Ultime luci a Palermo, la storia della principessa Beatrice Tasca di Cutò

 

 

di Valeria Nicoletti

Ruggero Cappuccio ha avuto il privilegio di leggere i diari della principessa di Lampedusa, madre di Giuseppe Tomasi, donna poliedrica, appassionata, indomita, e ci regala un ritratto intenso, dove l’invenzione letteraria si fa tensione desiderante che completa, e amplifica, i fatti storici.

“Che fa una donna che si trova nell’occhio di una guerra terribile, organizzata e condotta dagli uomini, una guerra che ha bruciato tutti gli spazi del confronto civile e non lascia aperto che il confronto delle armi, nell’alternativa tra la complicità e la lotta, tra la schiavitù e la vita?”, si chiedeva Joyce Lussu, ai tempi della resistenza e delle staffette partigiane. Ruggero Cappuccio, scrittore e uomo di teatro, risponde scrivendo l’incredibile storia de “La principessa di Lampedusa”, ovvero l’esistenza, ma soprattutto i sogni, i desideri e le “ultime luci” di Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò.

La scena si apre il 9 maggio del 1943, con lo strascico aristocratico del suo vestito che si trascina tra le rovine e i detriti provocati dai bombardamenti nella città di Palermo straziata dal secondo conflitto mondiale. La principessa arriva a palazzo Lanza, residenza di famiglia ormai crivellata dalle bombe alleate, e decide di non andarsene mai più. “Finiscono tutti così gli imperi”, pensa Beatrice guardando dall’alto del suo balcone una città in ginocchio, “certi uomini amano perversamente la morte. La amano sopra ogni cosa, e la tragedia è che sono sempre loro a comandare”. Comincia qui, da un’amara presa di coscienza, tra i drappeggi laceri e i salotti imbiancati di calce, una storia di guerra tutta al femminile, dove le donne si rivelano, anche in tempi di morte, in grado di dare la vita.

È un racconto del nascere, anzi del generare, quello di Cappuccio, dove il mettere al mondo non è solo l’atto del parto, ma un dare alla luce che dura tutta la vita. “Il bambino non si forma soltanto nel corpo della madre, il bambino si forma nel sogno della madre, si forma nei suoi desideri”, afferma la principessa e spesso proprio questo generare non coincide con la maternità biologica, bensì è una predisposizione dell’animo, un’attitudine alla lotta, un voler sconfiggere il tempo, costringersi a “dare un calcio allo steccato a spaccarlo”.

Per sopravvivere alla decadenza della sua città, della sua persona, della sua famiglia e dell’intera classe sociale, la principessa si dedica a piccoli grandi atti d’eroismo quotidiani, e soprattutto a ultimare le opere incompiute. Come la bella Eugenia, che la guarda dal balcone del palazzo di fronte, sperando di sfuggire a un matrimonio combinato e di imparare la nobile e degna arte della solitudine. E ancora, opera eterna e mai più ritrovata, Beatrice si vota a quella “Eclissi”, titolo del romanzo a cui lavora segretamente, che racconta l’andare in frantumi di una nobiltà che ormai si regge solo sulle apparenze. Una scrittura che, probabilmente, confluirà in quel superbo affresco che è stato “Il Gattopardo”, romanzo dapprima intitolato proprio “Ultime luci”, scritto dal figlio della principessa, un giovane Giuseppe Tomasi, che qui recita un elegante cammeo.

“Credevamo che Palermo fosse eterna e ci credevamo eterni pure noi”, si legge in un sospiro. Cappuccio ci conduce per mano tra sonate di Schumann, giri di valzer sotto le bombe, villini sperduti tra i Nebrodi e profumo di cipria, ma apre uno squarcio anche sulla terribile miseria di una guerra dove periscono vite bambine, si spengono esistenze semplici di cui nessuno mai ricorderà il nome, si muore banalmente di fame e di stenti, si consumano ingiustizie sottovoce, di cui nessuno oserà parlare.

Una storia scritta magistralmente dove a intrigare non sono solo i segreti di famiglia e il coraggio di una donna straordinaria ma anche una lingua sontuosa, che mescola gli idiomi del Sud all’italiano più aulico, uno stile “incantesimato”, che ha il merito di elevare e di far sentire a casa, di portare altrove e, al contempo, di riportare alle origini. Un libro che soprattutto invita a compiere la più meravigliosa delle avventure, quella di smarrirsi per trovare se stessi, anche se questo significa perdere tutti gli altri.

Ruggero Cappuccio, La principessa di Lampedusa, Feltrinelli, Milano, marzo 2024, 368 pp., 20 euro.

Print Friendly, PDF & Email

1 commento

  1. Ma guarda tu tutti questi grandi editori che pubblicano di grandi donne con grandi libri di grandi pagine che verranno recensiti su grandi giornali e letti da grandi lettori! Che bello! E io sono inedita con i miei splendidi dialoghi con Pasolini.

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

I nervi, il cuore e la Storia. Intervista a Rosella Postorino

di Pasquale Palmieri
“Siamo tutti mossi dal desiderio, dubbiosi sulla felicità possibile, tentati da un impossibile ritorno a casa, gettati nostro malgrado nella Storia”. Prendo in prestito queste parole dalla quarta di copertina del nuovo libro di Rosella Postorino

I tre quinti sconosciuti di Charlus

di Ezio Sinigaglia
Charlus è un personaggio fortemente caratterizzato dalla stranezza e imprevedibilità dei comportamenti, tanto che sarebbe difficile trovare, nelle sue innumerevoli apparizioni nel romanzo, una singola occasione in cui il barone non faccia o dica qualcosa di inatteso e sorprendente.

La stanza di Élise

di Michaël Uras
Le due donne piazzano l’albero in salotto. Sembrano felici. Felici di aver portato in casa un albero pieno di spine. Strana sensazione che spiega quella loro furtiva sortita sul far del giorno. Eppure in casa c’è già un alberello, senza foglie, senza spine, liscio e vellutato.

Beauvoir differenzialista?

di Deborah Ardilli
Un pezzo apparso sul Foglio del 27 settembre lamenta, ohibò, un’«incredibile falsificazione ideologica» perpetrata ai danni di Simone de Beauvoir. L’autore del trafiletto allarmato, Guido Vitiello, intende risvegliare l’indignazione del pubblico denunciando la cooptazione di Beauvoir nei ranghi del costruttivismo radicale

Musicare la poesia medievale: un’intervista con i Murmur Mori

a cura di Daniele Ruini
Per noi ignorare o modificare il suono del luogo attraverso microfoni e casse sarebbe una mancanza nei confronti della musica che Murmur Mori vuole ricostruire. Spesso ci è stato proposto di utilizzare impianti audio per poter raggiungere un maggior numero di persone, ma noi crediamo che il modo in cui si ascolta un certo tipo di musica sia degenerato nel tempo

La televisione e la metamorfosi del palinsesto

di Pasquale Palmieri
Non guardiamo più la televisione come una volta. Ce lo ripetiamo spesso, contribuendo a costruire un solido luogo comune, ma fatichiamo talvolta a comprendere le ragioni di quello che sta accadendo davvero al “piccolo schermo”.
ornella tajani
ornella tajani
Ornella Tajani insegna Lingua e traduzione francese all'Università per Stranieri di Siena. Si occupa prevalentemente di studi di traduzione e di letteratura francese del XX secolo. È autrice dei libri Tradurre il pastiche (Mucchi, 2018) e Après Berman. Des études de cas pour une critique des traductions littéraires (ETS, 2021). Ha tradotto, fra vari autori, le Opere di Rimbaud per Marsilio (2019), e curato i volumi: Il battello ebbro (Mucchi, 2019); L'aquila a due teste di Jean Cocteau (Marchese 2011 - premio di traduzione Monselice "Leone Traverso" 2012); Tiresia di Marcel Jouhandeau (Marchese 2013). Oltre alle pubblicazioni abituali, per Nazione Indiana cura la rubrica Mots-clés, aperta ai contributi di lettori e lettrici.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: