AAA Editore Cercasi
Vado alla questione: un anno fa completai un manoscritto piuttosto audace, pur conscio di che grande respiro, dono di linguaggio e proprietà di canto ci vogliano per la messa in crisi della forma romanzo. Lo lasciai lì quale terapeutica personale, senza cercare riscontro. Eppur la presenza di questo scritto nel cassetto mi tormentava, il cassetto rimbombava selvaggiamente, e se appena terminato mi pareva d’aver schiuso un orizzonte, l’averlo lasciato lì a macerare ha bloccato ulteriori derive. Per tacer questo assillo, per silenziarlo, l’ho inviato a qualche casa editrice. Non ho collezionato che sconcerti, rifiuti, silenzi, entusiasmi vuoti e generici, ancora silenzi, il pacchetto integrale delle delusioni. Uno solo m’ha risposto definendolo sperimentale ed eccessivo.
Ora questo indirizzo, piovuto dal caso e dalla sottile logica delle affinità, a cui m’aggrappo fiducioso in una risposta, in un briciolo d’attenzione per questa mia misera voce di nessuno.
Le chiedo: a chi in questo maledetto paese farlo leggere? Dove cercar riscontro? Un riscontro serio, concreto, affidabile: cinque righe, ma generose, anche severe, oneste, non ciclostilate. Editori? Redattori? Agenti? Professori di belle lettere in congedo? Non ne so nulla, vivo in una località sperduta, lontana da ogni centro culturale, sono ingenuo come un bambino. A chi far leggere uno strano romanzo il quale non ha saputo che tracciarsi nella marginalità?
Ed in tal incerto l’espressione che credeva udire del dolore non distingueva dal piacere, riportando l’uno e l’altro all’intimo di quanto in loro indistinguibile, alla loro caducità. Sola reazione che credeva riconoscere era il riso, le risate giungevano infatti come veicolate da un’onda sonora di maggior breccia, soprattutto se in realtà erano singulti.
Non v’era suono tuttavia che coprisse il ritmo del suo battito, che spesso ragionava per fermare, saltare un colpo, visitando la morte, addestrandosi ad essa.
Venuto meno il suono delle parole, foss’anche riuscita a scordarle del tutto si sarebbe coricata senza fine in quella stanza, eppure al più ne sfiorava un allentamento, e nel buio pesto in cui giaceva sorgevano allora piccole salamandre di luce, pittogrammi delle parole che pensava di non voler pensare, nell’ostinazione della mente a pensare, raccolta com’era in grazia almeno d’un po’ di buio, che le si negava di continuo, di nuovo tutte le parole riversando sulla lingua nera.
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Leggerei volentieri.
Grazie Giulio, gli inoltro la tua mail perché possa scriverti.
effeffe