AAA Editore Cercasi

di
Federico Nervi
Buongiorno,
la facilità del mezzo (un indirizzo rubato al web, sempre se sia corretto) mi permette di importunarLa. Non ho alcun titolo per farlo, ed il fatto di seguire il Suo prezioso lavoro, così come l’esser disperato, non penso siano sufficienti. Nel dubbio, scrivo.

Vado alla questione: un anno fa completai un manoscritto piuttosto audace, pur conscio di che grande respiro, dono di linguaggio e proprietà di canto ci vogliano per la messa in crisi della forma romanzo. Lo lasciai lì quale terapeutica personale, senza cercare riscontro. Eppur la presenza di questo scritto nel cassetto mi tormentava, il cassetto rimbombava selvaggiamente, e se appena terminato mi pareva d’aver schiuso un orizzonte, l’averlo lasciato lì a macerare ha bloccato ulteriori derive. Per tacer questo assillo, per silenziarlo, l’ho inviato a qualche casa editrice. Non ho collezionato che sconcerti, rifiuti, silenzi, entusiasmi vuoti e generici, ancora silenzi, il pacchetto integrale delle delusioni. Uno solo m’ha risposto definendolo sperimentale ed eccessivo.

Ora questo indirizzo, piovuto dal caso e dalla sottile logica delle affinità, a cui m’aggrappo fiducioso in una risposta, in un briciolo d’attenzione per questa mia misera voce di nessuno.

Le chiedo: a chi in questo maledetto paese farlo leggere? Dove cercar riscontro? Un riscontro serio, concreto, affidabile: cinque righe, ma generose, anche severe, oneste, non ciclostilate. Editori? Redattori? Agenti? Professori di belle lettere in congedo? Non ne so nulla, vivo in una località sperduta, lontana da ogni centro culturale, sono ingenuo come un bambino. A chi far leggere uno strano romanzo il quale non ha saputo che tracciarsi nella marginalità?

È  una brutta bestia questo scritto. Richiede un grande sforzo per installarsi nel suo meccanismo. E poi magari rimane illeggibile comunque. Cerca pochi lettori, non ama i lettori. Vi è molta ricerca, ossessioni linguistiche, imbecillità alcoliche, carne, soprattutto carne e un’architettura psicotica. Che respingono e non hanno valore, ma vorrei saperlo da qualcuno di cui ho stima. Ho utilizzato varie tecniche per sabotare la struttura, ho costruito piani, non si digerisce, ma amo la letteratura e quindi ho nausea delle forme. Il linguaggio a tratti l’ho drogato, cantilenato, tartassato. Il corpo scrivente è a pezzi. Se funziona, funziona nella somma delle tirate. Se non funziona è per dissanguamento. Forse non è nemmeno un romanzo, ma il quadro clinico è delineato. Sono un fiammiferino che brucia facile, me ne scuso. Chiedo il pensiero d’una mente educata alla bellezza su quelle infami pagine, per liberarmene.
La prego, non voglio pesare oltre su di Lei, mi dia anche solo un indirizzo a cui mandarlo, ho il bisogno fisico d’un vero riscontro.
Estratto
locus solus : infanzia di Elisa
S’era nascosta in un punto dal quale poteva sentire tutto, anche se le voci, attutite, arrivavano a lei come sussurro. Scontate del senso, senza nemmeno la brutalità del tono, era una corrente di suoni indistinti, di sibili smozzicati, ai quali rimaneva solo un vago colore laringeo, che cadevano delicati, come cosa detta in prossimità del loro silenzio, già avviati alla sparizione. Con quel dir di nulla attestavano senza dubbio si potesse essere seppur rarefatti, esser da meno, essere a stento, pressoché non essere.
Ed in tal incerto l’espressione che credeva udire del dolore non distingueva dal piacere, riportando l’uno e l’altro all’intimo di quanto in loro indistinguibile, alla loro caducità. Sola reazione che credeva riconoscere era il riso, le risate giungevano infatti come veicolate da un’onda sonora di maggior breccia, soprattutto se in realtà erano singulti.
Non v’era suono tuttavia che coprisse il ritmo del suo battito, che spesso ragionava per fermare, saltare un colpo, visitando la morte, addestrandosi ad essa.
Venuto meno il suono delle parole, foss’anche riuscita a scordarle del tutto si sarebbe coricata senza fine in quella stanza, eppure al più ne sfiorava un allentamento, e nel buio pesto in cui giaceva sorgevano allora piccole salamandre di luce, pittogrammi delle parole che pensava di non voler pensare, nell’ostinazione della mente a pensare, raccolta com’era in grazia almeno d’un po’ di buio, che le si negava di continuo, di nuovo tutte le parole riversando sulla lingua nera.
da In caso d’incendio, di Federico Nervi
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Sono musicista, quando si studia un brano si considera che anche il silenzio, la pausa sia musica. Compositori come Beethoven ne hanno fatto uso per sorprendere, catturare, ritardare le emozioni del pubblico, il silenzio parte della bellezza. Il silenzio qui però non è la bellezza. Il silenzio che c’è qui, da più di dieci mesi, è anti musicale, è solo vuoto.
francesco forlani
francesco forlani
Vivo e lavoro a Parigi. Fondatore delle riviste internazionali Paso Doble e Sud, collaboratore dell’Atelier du Roman . Attualmente direttore artistico della rivista italo-francese Focus-in. Spettacoli teatrali: Do you remember revolution, Patrioska, Cave canem, Zazà et tuti l’ati sturiellet, Miss Take. È redattore del blog letterario Nazione Indiana e gioca nella nazionale di calcio scrittori Osvaldo Soriano Football Club, Era l’anno dei mondiali e Racconti in bottiglia (Rizzoli/Corriere della Sera). Métromorphoses, Autoreverse, Blu di Prussia, Manifesto del Comunista Dandy, Le Chat Noir, Manhattan Experiment, 1997 Fuga da New York, edizioni La Camera Verde, Chiunque cerca chiunque, Il peso del Ciao, Parigi, senza passare dal via, Il manifesto del comunista dandy, Peli, Penultimi, Par-delà la forêt. , L'estate corsa   Traduttore dal francese, L'insegnamento dell'ignoranza di Jean-Claude Michéa, Immediatamente di Dominique De Roux
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