Il poeta e lo storytelling
di Andrea Inglese
Di che genere di storia sei portatore?
Christian Salmon
Il demonio si avvicina per dirti: “C’è in realtà un enorme bisogno di poesia!” o “È incredibile quanto la nuova generazione s’interessi di poesia!” o “C’è una sorprendente rinascita della poesia!” Io non ci credo ovviamente. Al di fuori dei suoi momentanei effetti consolatori, o di circostanze sociali e storiche abbastanza rare, la poesia e le scritture affini interessano poco e pochi, ma non per forza un gruppo socialmente omogeneo. (Altra cosa di cui sono convinto, per inevitabile lezione della storia – ma sempre possibile di smentita –, è che la poesia ha interessato a lungo, ossia possiede una sua strana permanenza transculturale, pur nella sua palese mancanza di caratteristiche unitarie o essenziali.) Le ideologie che essa veicola possono essere molteplici, ma il suo terreno di predilezione rimane il linguaggio preso a controtempo e contropelo – almeno dai Romantici in poi per uscire dal o entrare “diversamente” nel mondo. Di fronte all’imperativo diffuso di esprimersi, che è veicolato dalle forme di vita attuali, il/la poeta o simile dovrebbe perlomeno sentirsi in perfetta inadeguatezza: che pretesa ha il suo enunciato di dire diversamente il sé e il mondo di fronte all’inesauribile produzione giornaliera di enunciati sul sé e sul mondo? Le strategie possono essere varie, ma le soluzioni ottimali scarseggiano.
Si può sempre, però, tentare di rovesciare lo scenario, e proporre il poeta come figura adeguata al qui & ora. Basta costruirsi una storia del poeta che si è o si pretende di essere. Oggi chiunque sia portatore di una storia, foss’anche un poeta, suscita un’immediata solidarietà e interesse. Che la storia del poeta poco c’entri con la poesia – che non costruisce storie semplici – sembra proprio una contraddizione. Ma qui è meno la coerenza che conta, quanto l’efficacia sul piano pragmatico. In quest’ottica è addirittura necessario che la poesia galleggi il più possibile fuori dalle circostanze storiche che l’hanno prodotta, che ne sia insomma avulsa, e che quindi conquisti uno statuto almeno apparentemente immune dalle insidie a cui è esposto il linguaggio nella sua storicità. Per questo motivo è necessaria una storia, ma non per ciò che è scritto, ma per colui che la scrive. Le storie facili, comprensibili, ripetitive e ripetibili, sono le sole che ognuno può costruire fuor di qualsiasi difficile e incerto apprendistato letterario, e infatti la maggior parte di esse non hanno alcuna pretesa letteraria, e servono soltanto a fornire prestigio alle persone che ne sono portatrici. Perché mai qualcuno che scrive poesia non dovrebbe inserirsi nel filone, e annunciare che anche il poeta come tutti ha una sua storia, ed essa implica in subordine l’esistenza della poesia? Quello che però conta è che, in questo caso, la poesia c’è perché c’è il poeta. Non è la scrittura che dovrà portare in qualche strano modo al mondo, e verificare la sua pregnanza e rilevanza in questo esercizio. No, sarà sufficiente – perché poesia ci sia – la storia del poeta, che è storia di qualcuno che sta nel mondo ben conosciuto e condiviso, qualcuno che esibisce atteggiamenti e posture del tutto adeguate al presente, con il suo colorito specifico, il suo turchino poetico o fucsia lirico. E a quel punto si potrà dire che finalmente la poesia può interessare tanti, può raggiungere tutti (come sostiene di tanto in tanto il demonio).
sto qui a pensare a che ora devo andare dal mio barbiere cinese nel pome (piove) e ti trovo su Nazione Indiana questo pezzettino appetitosissimo di Andrea Inglese. E ho pensato che c’ha un taglio bellissimo, il pezzettino, e al mio barbiere ci dico oggi che voglio un taglio proprio così, come questo pezzettino. Su Nazione Indiana. Di Andrea Inglese. Che magari mi sistema anche le tette. E poi andare tutti insieme a fare i poeti. Felici. Che fuori piove.
caro Leo, spero che ti abbia sistemato bene anche le tette, tu che le insozzi e le avveleni le storie che ti renderebbero un poeta raccontabile. Quando mai un/a poeta si fa rifare le tette? (E poi da un parrucchiere cinese?) (Lo storytelling qui funziona malissimo, insomma!)