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L’erba di Wimbledon e l’anarchia.

di Nadia Agustonil

Il tennis è uno sport che da sempre è associato a qualcosa di elitario e ancora oggi l’aura di privilegio non lo abbandona. Monica Giorgi, tra gli anni ’60 e ’70, è stata una tennista piuttosto nota nei circuiti italiani del tennis, gareggiando anche in quasi tutti i tornei internazionali. Qualche anno fa ⇨ la intervistai e il testo uscì in Nazione Indiana, da qui, come mi dice Monica, l’idea di un editore di ampliare il discorso e farne un libro.

“Domani si va al mare. Wimbledon, anarchia, prigioni, esilio e nuovi mondi” è uscito qualche mese fa per Fandango, scritto a quattro mani da Monica Giorgi e Serena Marchi. Un’autobiografia che è un tuffo in mondi che difficilmente potrebbero incontrarsi, ma se questo accade è sempre attraverso figure capaci di attraversare ogni linea d’ombra.

Monica Giorgi si racconta, a Serena Marchi e a noi lettori, in prima persona, ricordando avvenimenti che toccano sport, politica, amicizie e amore. La politica, ancora più del tennis a cui lei un po’ toglie l’aura a cui accennavo, riempie pagine densissime. La voce di Giorgi ci raggiunge sicura, libera, tracciando una mappa che solo gli anni della contestazione e della speranza hanno forse reso possibile, così che la partita della vita spazia su un campo vastissimo.

E’ una bambina quando il padre la indirizza verso il tennis. E’ lui che le parla dell’erba di Wimbledon, un’erba verde, verde, verde, più bella di ogni altra. Monica raggiungerà quell’erba, avrà i migliori risultai nel doppio, giocherà contro campionesse come Billie Jean King ed Evonne Goolagong, ma tornerà sempre alle sue amicizie livornesi, alla città dove insegnerà sia il tennis in un circolo locale, sia ai ragazzi in un liceo.

Refrattaria a ogni tipo di violenza, la sua tesi di laurea è su Gandhi, insieme a compagni e compagne che ne condividono gli ideali cercherà di aiutare i carcerati, anche pubblicando un piccolo bollettino: “Niente più sbarre”. Mentre gioca nel campionato italiano e in quello internazionale, continua infatti a impegnarsi nel movimento anarchico in aiuto dei meno fortunati. A lungo parlerà di carcere, politica, femminismo e letteratura agli amici del tennis, gente che porta i nomi di Lea Pericoli e Adriano Panatta. Loro, pur volendole bene, non comprendono quel bisogno di impegno, che invece per Giorgi diventa sempre più importante fino a portarla in carcere.

Ci vorranno anni per uscirne, smontando accuse formulate sulla base di voci non verificabili, accuse dove i pentiti si contraddicono e la stampa sguazza nella melma. L’esperienza del carcere sembrerà, a un certo punto, sfaldare l’interiorità di Giorgi, fatta di fiducia e allegria, anche se in carcere nascerà l’amore per Maddalena, amore che Monica nomina senza incasellarlo, senza definirlo, com’era stato già prima, da libera, con Manrico.

Maddalena proviene dall’ambiente della moda, ma è tossicodipendente, quando uscirà di prigione si impegnerà a lungo nel comitato per la liberazione di Monica Giorgi. La mobilitazione in favore di Giorgi fu estesa, sia tra gli amici e i compagni che tra le persone comuni. Alla fine, nel collegio dei suoi avvocati ci sarà anche Paolo Galgani, allora presidente della Federazione italiana tennis.

Politica, carcere ed esilio accompagneranno a lungo Monica Giorgi. In carcere troverà l’amicizia di Nadia Mantovani, ma subirà la presa in giro di altre detenute politiche, proprio perché non apparteneva al loro mondo.

Arriverà infine anche un figlio, Podi dallo Sri Lanka, che lei riuscirà a fare adottare da una coppia di amici di Livorno, dandogli la possibilità di una vita migliore, d’accordo col padre del bambino Katrivelu che essendo vedovo e in più di etnia Tamil, quindi discriminato, vuole dare al figlio altre opportunità.

Serena Marchi nella postfazione torna alle tante presenze nella vita di Monica Giorgi, perché il valore del ricordo è in quello che ognuno di loro le ha dato e ha dato agli altri. Abbiamo così un’autobiografia che sa farsi plurale, senza che a nessuno manchi luminosità. Luminosità che nasce dagli ideali, dall’esperienza, dall’unicità dei percorsi e non ultimo da un bene condiviso.

Su “Domani si va al mare. Wimbledon, anarchia, prigioni, esilio e nuovi mondi”.
di Monica Giorgi e Serena Marchi
Edizioni Fandango 2024 – p. 294 euro 18,00

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