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L’altro volto della resistenza

Di Yousef Elqedra 

È qui
e ovunque.
Nelle pieghe della via,
nel passo fiacco,
e nello sguardo che precede una domanda mai posta:
questa è la fame.

La fame non è una belva
ma uno sconosciuto che bussa alla tua porta,
siede al tuo desco,
e imparziale divide con te l’aria.
La scorgo negli occhi delle pietre in agguato
nel fatuo garrire degli uccelli
e nel riflesso della mia ombra sul muro spoglio
come fossi uno spettro
che scava una via di fuga sotto la pelle.

Canto senza melodia è la fame,
danza in un vuoto finale,
poesia scritta da un corpo
con la lingua legata.

 

 

La tenda, corpo fragile,
di tela logora, sua pelle,
esili le costole
oscillano con ogni soffio di vento.
Il vento non chiede,
ma penetra ovunque,
spalanca le porte su un vuoto infinito,
carpisce il tepore dell’attimo
lasciando alle spalle un silenzio che trema.
La tenda non è casa,
è promessa d’attesa
e ogni refolo di vento
ti rammenta che non sei che un passante
su una terra che non porta il tuo nome.
Poi arriva la pioggia
greve come un’antica malinconia
batte sul tetto della tenda
come a provarne la resistenza.
Si insinua all’interno,
disegna una mappa di macchie d’acqua
su un suolo che mai si prosciuga.
Il vento scuote la tenda,
la tenda culla la pioggia
e la pioggia tutto lava,
tranne la memoria di chi ci vive dentro.
Così resta in piedi la tenda,
a testimoniare che la fragilità
non è che l’altro volto della resistenza.

 

*

Poesie e foto di Yousef Elqedra, poeta palestinese residente a Gaza, nella traduzione di Sana Darghmouni. Su Nazione Indiana sono già apparsi testi di Elqedra nella serie “Memorie da Gaza”.

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