Cosa rimane di questo vocabolario?
di Giorgiomaria Cornelio
Liberi. Uguali. Dignità.
Ma cosa rimane di questo vocabolario?
Cosa resta di quei gusci di parole posati a pile, a pigri mucchi, con molto poco di tenacia per non staccarsi? Cosa rimane di quei misteriosi cenni di pace, della grande meridiana che segnava l’ora buona, quella già giusta?
Cosa resta nella stanza suprema dell’uomo, nella corte di cemento dove a tonfi e bocconate moribonda l’oro di ogni proposito? Che cosa sopravvive quando il proverbio è pantano, quando i morti dormono troppo in basso, e ogni lago di giustizia diventa acqua reflua? Cosa e cosa se s’intenebra pure l’ultimo accordo, se la disfatta è irrimediabile come la materia opaca, se il lungo boato inginocchiando chi altrimenti stava dritto non produce vergogna?
Cosa dovrebbe salvarsi? Quale pronome? Quale periodo, che sintassi, che patto di grammatica?
E poi: quanto di questo metro quadrato contiene una misura non sommaria? Quanto ci avanza di carne? Quanto di cibo? Quanto di nome? Dove è ancora intatta l’intelaiatura di questo non nostro pianeta?
Quanto, dunque?
Niente.
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Immagine: Anselm Kiefer
Scritto durante la prima residenza a Centrale Fies per il corredo “Ogni creatura un popolo”, sviluppato nell’ambito di FONDO (network coordinato da Santarcangelo dei Teatri con AMAT, Centrale Fies, ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fabbrica Europa, I Teatri di Reggio Emilia, Fuorimargine, L’arboreto – Teatro Dimora, Lavanderia a Vapore / Fondazione Piemonte dal Vivo, Operaestate Festival Veneto / CSC Centro per la Scena Contemporanea, Ravenna Teatro, Scarti Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione, Teatro Pubblico Pugliese, Teatro Pubblico Campano, TSU Teatro Stabile dell’Umbria, Triennale Milano Teatro.)
E quando? Ben prima dell’ora zero. E ci ritroveremo davvero a contare i nomi che mancano, il cibo che manca. Mi viene in mente Brecht: “Una stessa zampata violenta può portarci via e il burro e i sonetti” (1937, secondo congresso degli scrittori in difesa della cultura, a Madrid, in piena guerra civile).
c’è mai stata “la grande meridiana che segnava l’ora buona”? Forse sì, ma nulla più ne sappiamo e le meridiane ormai sono gestite da non umani.