L’Iperode, poema d’amore in quindicimila versi
di Raffaele K. Salinari
Il poema, la poesia in generale, è sempre stata la forma prediletta per la comunicazione delle Cose Ultime, una sorta di simbologia in versi che coniuga musicalità e logos, come nella Creazione. È, infatti, questa potenza vibrazionale, che si carica di ritmo ad ogni verso, a creare una vera e propria onda che, alla fine, sommerge l’io del lettore inducendolo in uno stato di coscienza amplificata, sottile, in cui, forse, è possibile cogliere l’essenza dell’Essere. La ricerca dell’essenza amorosa, della sua potenza ricongiungitiva al Tutto, è l’eterno tema del poema L’Iperode, di Lorenzo Bernardo, edito per La Scuola di Pitagora (pag. 630, € 40), che si immette nel solco di questo espediente artistico antichissimo, che forse nasce prima ancora della parola scritta, come mitologia del racconto, aura percepibile di qualcosa che altrimenti resta invisibile.
Gli ascendenti classici vanno da Omero a S. Giovanni della Croce, da Rumi sino alle Elegie Duinesi di Rilke, passando per il grande poema di Dante, tutti impegnati nel trovare nel verso il solvente universale dell’anima personale in un mare di amore angelicato che attraverso un singolo soggetto amato, catalizza alchemicamente la trasmutazione verso quel “fondersi senza confondersi” con la Sorgente che rappresenta il compimento della Grande Opera di tutti i mistici. Ma la via amorosa è ardua, forse la più impervia, fatta di improvvisi lampi di luce accecante attraverso i quali si svela la possibilità, e lunghi momenti di oscurità, da percorrere sino in fondo, senza paura, senza che la fede nell’amata smetta un solo momento di illuminare l’anima in cammino. Questo è il tema portante dell’Iperode che sdoppia e duplica, per così dire, la ricerca dell’essenza divina come ce la descrive apofaticamente San Giovanni della Croce nella sua «notte oscura».
Nel Prologo scritto da Giovanni a commento delle immagini poetiche, è interessante notare come egli stesso, per poter spiegare e far comprendere il significato di questa «notte oscura» attraverso cui l’anima deve passare per giungere alla luce divina della perfetta unione con Dio, dichiara che: «Occorrerebbero una scienza e un’esperienza superiori alla mia. Difatti sono tante le difficoltà e così dense le tenebre, spirituali e temporali, che ordinariamente le anime fortunate sogliono attraversare per raggiungere questo sublime stato di perfezione, che non bastano né la scienza umana per comprenderle né l’esperienza per descriverle. Solo chi passa per questa prova potrà darne una valutazione, ma non parlarne». Lorenza Bernardo, invece, coglie la sfida del dire poeticamente, poieticamente, e traccia la lunga strada in versi che condurrà l’amante verso la piena identità con l’amato, al Rebis Filosofico che, come ci ricorda Rilke nelle Elegie, a tutti gli amanti sarebbe possibile se solo (solo!) fossimo consapevoli di ciò che stiamo vivendo.