Le lettere scarlatte (Letteratura e diritto #1)
di Pasquale Vitagliano
Perché Giorgio Scerbanenco non è diventato popolare come i nuovi giallisti italiani? Solo di recente lo scrittore, ucraino di nascita e milanese di adozione, è stato recuperato e rivalutato. In passato i suoi romanzi al più avevano fornito soggetti per il cinema poliziesco anni ’70, anche questo snobbato e rivisitato solo di recente sull’onda di Quentin Tarantino. In questi giorni, e per curiosità, ho visto il film di Duccio Tessari, La morte risale alla notte scorsa, tratto dal romanzo I milanesi uccidono al sabato. Nelle sale uscì nel 1970. In quel periodo non esistevano commissari italiani resi famosi dalla letteratura. Cattani arriva nel 1984 con La Piovra, grazie alla televisione e alla lotta alla Mafia.
Se dagli anni 2000 in poi il giallo italiano è stato nobilitato, il filone del Diritto e Letteratura è sì apparso nei titoli di molti libri ma non ha attirato la stessa attenzione. Non esistono, neppure tra i contemporanei, autori italiani come Friedrich Durrenmatt. Forse, solo Leonardo Sciascia si è occupato delle relazioni esistenti tra temi, parole, storie derivanti dal diritto e la creazione letteraria. Fanno eccezione singole opere, rimaste isolate. E per ironia della sorte, il grande scrittore siciliano viene presentato troppo spesso nelle antologie scolastiche come un autore di gialli, con una connotazione che sullo scaffale dei classici suona ancora come una minorità.
Il dialogo tra diritto e letteratura a oggi ha seguito tre distinti percorsi: studi sul diritto nella letteratura, che analizzano come gli avvocati, le indagini giudiziarie, le leggi sono descritte nella narrativa; l’ermeneutica giuridica, ovvero lo studio delle teorie sul rapporto tra il lettore di opere di diritto e il testo giuridico; infine la stilistica giuridica, ovvero l’analisi degli stili, degli elementi narrativi, strutturali e retorici dei testi giuridici. Negli Stati Uniti questo rapporto risale agli anni ’70. Esiste persino un movimento di pensiero nato nel 1973 con l’opera The Legal Imagination di James Boyd White. La tesi è che diritto e letteratura sono uniti da una visione del linguaggio come comunità di discorso su specifici mondi culturali. Tanto il diritto quanto la letteratura dipendono dal linguaggio e questo lega i loro mondi particolari.
Adelphi ha pubblicato quest’anno Greco cerca greca di Friederich Durrenmatt, tradotto da Margherita Belardetti. Il sottocontabile di origine greca Arnolph Archilochos non immagina che la sua vita possa cambiare radicalmente, così come considera stabile e perenne la sua gerarchia di valori e il suo personale pantheon di grandi personalità. Sarà un innocente ma inconsulto annuncio matrimoniale a stravolgere la sua esistenza, non solo sentimentale ma anche etica. Una dopo l’altra cadranno tutte le sue certezze. Cosa che avviene progressivamente man mano che egli si trova a salire rapidamente e facilmente la scala sociale grazie all’incontro con una connazionale, la bellissima Chloé Saloniki. Il destino di Achilochos è quello di un Giobbe capovolto, al quale all’improvviso comincia ad andargli tutto bene, fino a raggiungere traguardi impensabili e imprevedibili. In ciò sta il mistero e in fondo la sua tragedia. L’intero sistema sociale nel quale verrà a trovarsi si rivelerà fondato sull’impostura, facendo della sua caduta il paradigma del crollo di un intero continente e della sua civiltà. Cosa rimane? A quale valore finale affidarsi? Le storie nere o gialle, angoscianti o grottesche di Durrenmatt non sono interessate alla meccanica dell’investigazione, che invece disarticola quasi con godimento. Eppure, questa profondità non ne ha limitato la capacità d’ispirazione più popolare come nel cinema. Su tutti ricordo La promessa, film perfetto girato da Sean Penn nel 2001. Insomma, Durrenmatt non ha avuto tanto bisogno di commissari.