IPNOCRAZIA. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà
Nota del traduttore
Con Ipnocrazia ho avuto la sensazione immediata di trovarmi di fronte a qualcosa di raro: un testo che non si limita a fotografare il presente ma che riesce a mostrarne il funzionamento interno. L’Ipnocrazia di cui parla Jianwei Xun, che seppur giovanissimo è considerato da alcuni l’erede di Jean Baudrillard e da altri quello di Byung-Chul Han, non è semplicemente l’ennesima teoria sulla società digitale o sulla postverità. È, piuttosto, una mappa inedita di come il potere operi oggi attraverso la manipolazione della percezione della realtà.
Il concetto di Ipnocrazia coglie qualcosa che altre analisi hanno solo sfiorato: il fatto che non stiamo semplicemente vivendo in un’epoca di manipolazione dell’informazione o di sorveglianza digitale. Stiamo assistendo a una trasformazione ben più profonda, in cui la realtà è diventata interamente gassosa. Non è più questione di separare il vero dal falso; la distinzione stessa ha perso significato, in un sistema che prospera proprio sulla coesistenza di realtà tra loro incompatibili.
L’autore costruisce la sua analisi attraverso una serie diconcetti originali che illuminano aspetti diversi di questa condizione: l’edging algoritmico, la sovranità percettiva, la resistenza oscura, per citarne alcuni. Non sono semplici metafore ma strumenti per comprendere e navigare un paesaggio in cui le vecchie mappe non funzionano più.
Ciò che rende questo libro particolare – e che porta le riflessioni di Xun oltre quelle di Baudrillard, di Han o di altri maestri dell’apocalisse – è il suo rifiuto di cadere nella facile e diffusa tentazione del tecnopessimismo, o nella trappola della nostalgia per un’età dell’oro della verità oggettiva. Il testo appare particolarmente rilevante per il contesto italiano, dove gli effetti dell’Ipnocrazia s’intrecciano con dinamiche politiche e sociali peculiari. La frammentazione della realtà che Xun descrive nel libro trova da noi un terreno particolarmente fertile, in una cultura da sempre abituata a barcamenarsi tra verità multiple e narrative caotiche; non a caso, uno dei pochissimi esempi virtuosi citati da Xun è italiano: si tratta di Luther Blissett.
Pubblicare questo libro oggi in Italia significa offrire uno strumentò di comprensione cruciale non per “svelare la verità” – sarebbe una “promessa ipnocratica”, per dirla con il filosofo cinese – ma per sviluppare quella che l’autore chiama literacy della realtà: la capacità di riconoscere e navigare tra reality system diversi, mantenendo un nucleo-guida di autonomia percettiva. Il libro che avete tra le mani non offre soluzioni semplici o consolatorie. Nella prima parte analizza l’homo social, per poi offrire nella seconda parte qualcosa di ancor più prezioso: una mappa per orientarsi nel territorio confuso e affascinante della contemporaneità, e nuovi modi per disertarlo, sabotarlo e abitarlo.
Buona lettura.
Andrea Colamedici
Il regno dei riflessi
La realtà si è dissolta in infinita riproduzione. Non esiste più alcuna idea centrale, nessun punto fisso da cui osservare il mondo. Ogni immagine si riflette in un’altra, ogni narrazione si moltiplica e si frammenta fino a perdersi nel rumore. Non c’è più vero o falso, ma solo l’infinita proliferazione di possibilità. Il reale non può essere posseduto, verificato o conquistato. Lo si può soltanto guardare svanire.
E il potere ha abbandonato i suoi vecchi strumenti. Non comanda più attraverso le leggi. È diventato imponderabile, impercettibile, come un’ombra ossessiva. Abita i simboli, si nasconde nei flussi, scorre attraverso i dispositivi che plasmano la nostra immaginazione. Non reprime; seduce. Non persuade; modula. Non comanda; ripete. Viviamo in uno stato di ipnosi permanente, dove il ritmo ha sostituito il significato e il flusso ha cancellato ogni possibilità di evasione.
L’Ipnocrazia ha sviluppato un linguaggio sofisticato di induzione ipnotica che opera simultaneamente su multiple dimensioni della coscienza. La ripetizione ossessiva è il suo elemento più evidente. Ma, più in profondità, è all’opera una complessa architettura di suggestione che modella la nostra percezione della realtà.
Il ritmo è fondamentale: alternanza studiata tra shock e torpore, tra eccitazione e spossatezza, tra paura e rassicurazione. Come un ipnotizzatore che modula la voce, il sistema ipnocratico alterna crisi e calma apparente, emergenze e distrazioni,minacce e conforti. Questa pulsazione continua mantiene la coscienza in uno stato di perpetua instabilità controllata.
La frammentazione dell’attenzione non è un effetto collaterale ma una tecnica precisa. L’overload informativo serve a esaurire le risorse cognitive fino al punto in cui la suggestione può penetrare più facilmente. Il multitasking perpetuo è una forma di induzione ipnotica che impedisce il consolidamento del pensiero critico. La costruzione di realtà alternative in serie avviene attraverso la tecnica della stratificazione progressiva. Ogni suggestione viene introdotta gradualmente, circondata da elementi familiari che la rendono accettabile. Come l’ipnotizzatore che guida il soggetto passo dopo passo in una realtà immaginaria, il sistema costruisce universi paralleli un dettaglio alla volta.
La confusione temporale è cruciale: passato, presente e futuro vengono costantemente rimescolati. La nostalgia di uno ieri mai esistito si fonde con l’ansia per un domani sempre imminente ma mai attuato. Il presente stesso diventa evanescente, impossibile da afferrare. In questo tempo gassoso, la suggestione trova l’aria in cui farsi disperdere. Quando emerge una qualche resistenza, il sistema non la combatte: la ingloba in una meta-narrativa. Ogni critica viene trasformata in conferma, ogni opposizione in validazione. È la tecnica suprema dell’ipnosi: usare la resistenza stessa per approfondire la trance. Gli ipnotizzatori contemporanei sono maestri nel trasformare lo scetticismo in una forma più profonda di suggestione. La pillola rossa diventa così solo un’altra forma di sonnifero, la verità nascosta un altro livello di trance.
Nell’era dell’Ipnocrazia, il potere si manifesta principalmente come un’architettura del desiderio. Le piattaforme digitali – Facebook, TikTok, Instagram – non sono semplicemente luoghi di connessione. Sono spazi di cattura. Questi sistemi non mediano la realtà; la riscrivono. Ogni immagine pubblicata non riflette il mondo: lo crea. Ogni algoritmo non registra comportamenti: li anticipa, li dirige.
I social network non sono piattaforme di comunicazione; sono camere di induzione ipnotica di massa perfettamente progettate. Ogni loro elemento è calibrato per produrre e mantenere stati di controllo attraverso contenuti virali. La viralità non è un fenomeno spontaneo ma una forma di contagio ipnotico; e i meme non sono battute ma vettori di suggestione che propagano stati alterati di coscienza attraverso il tessuto sociale digitale. Ogni trend è, infine, un’onda di trance collettiva che si autoalimenta senza solidificarsi mai.
L’Ipnocrazia, infatti, non costruisce un vero e proprio arsenale definitivo. Non crea ideologie. Satura. Il suo metodo non è censurare ma sovraccaricare. Il dissenso non viene represso: viene integrato, neutralizzato, assorbito. Ogni critica diventa parte del flusso, una narrazione tra tante. Ogni opposizione rafforza il sistema, trasformandosi in un’ulteriore conferma della sua totalità.
Il confine tra realtà e illusione si è ormai infranto. L’Ipnocrazia non costruisce semplicemente menzogne: ridefinisce ciò che può essere percepito.
Ogni gesto, ogni pensiero, ogni immagine che produciamo alimenta il sistema. Non siamo vittime: siamo complici. Ogni frammento di noi – ogni foto, ogni commento, ogni reazione – diventa un nodo nella rete. L’Ipnocrazia non ci governa: ci trasforma in parte di se stessa.
Eppure qualcosa rimane.
Non una verità, non un’ideologia. Ma una soglia. Un punto di consapevolezza che resiste al flusso. Non si tratta di svegliarsi, perché il sonno non può essere interrotto. E nessuno può garantire che non si stia semplicemente sognando di svegliarsi. Si tratta, piuttosto, di navigare imparando i ritmi della trance, mantenendo un nucleo pulsante e riottoso di lucidità nel cuore dell’alterazione.
Il reale, infatti, non è più un’esperienza. È una costruzione fragile e costantemente riscritta. Ogni clic, ogni scroll, ogni gesto quotidiano non è un atto innocente: è, come detto, un’adesione silenziosa. Eppure è proprio in questa adesione che risiede la possibilità di comprensione.
Non si combatte l’Ipnocrazia: la si osserva. E nell’osservazione prolungata si apre la possibilità di un nuovo linguaggio. Una nuova mappa. Non per sfuggire al regime ipnotico, ma per navigarlo senza perdersi. Per tracciare questa mappa, però, per comprendere veramente il territorio che dobbiamo navigare, non basta osservare il presente. Dobbiamo seguire le tracce che hanno portato fino a qui, non per cercare facili paralleli storici, ma per comprendere le rotture, le mutazioni, i salti che hanno generato la nostra condizione. La genealogia dell’Ipnocrazia, infatti, non è una storia lineare di progresso o decadenza, ma una complessa rete di trasformazioni che illuminano il presente proprio mostrandone la radicale novità.
SULL’AUTORE : Jianwei Xun è un filosofo e teorico dei media che lavora all’intersezione tra teoria critica, studi digitali e filosofia della mente. Il suo lavoro si concentra sull’impatto delle tecnologie digitali sulla coscienza collettiva e sulla formazione della soggettività contemporanea. Ipnocrazia è il suo primo libro tradotto in italiano.
Molto interessante, grazie per averlo segnalato.