Gianluca Furnari: «avanti, non si piange / per la fine di Marte»
È uscito, per Interno Libri Edizioni, il libro Quaternarium di Gianluca Furnari.
Ospito qui alcuni estratti.
***
Proemio funebre
I.
Ultima notte sulla Terra.
Amici rimasti,
finalmente trovo il tempo
di scrivervi qualcosa
dal nuovo modulo spaziale:
solo, evaso dalla camera,
a lungo fraintendendo la rotta,
sono approdato alle sei del mattino
qui, sul Mare Vaporum.
Sto cercando di dirvi
che non sono più chi credevo di essere
e che vorrei disfare tutto
a cominciare da queste lenzuola.
Amici, avevo una gran fretta
di popolare anch’io la favola
e stavo a un passo dalla vita come
voi, che standomi accanto siete altrove.
***
da Calendario Marziano
I.
Spettabile Consorzio Intergalattico,
non ci capisco più niente. Prendevo
vita trent’anni fa
in un mondo dei vostri,
lungo il Braccio di Orione,
trapiantato dal nulla all’esistenza
come un grano di senape –
poi indigesta la specie, l’epoca malfatta,
provando a crescere con gli altri,
dentro sempre c’era una spina,
tutto odorava di simulazione.
Vedi, caro Consorzio,
è così vecchio il mondo
e perso il filo dei discorsi
che ogni parola viaggia per millenni
e non arriva mai –
io quindi, avendo appreso
da bambino una lingua di concetti
utile a sporgere reclami,
chiedo
in cambio un altro mondo
con le stesse piantine ornamentali
e una stanza d’inverno –
mondo vero, stavolta,
che i pensieri non vi facciano il nido
e il mutismo dei vivi si allontani.
***
da Quantum nova
V Dies
Exitus numerorum
Silent. Pax Antarctica
rerum sistit chorum.
Incipit superius
lepra numerorum.
Primum premit proceres
quot sunt: obit Mille
Millies, tunc Centies
Mille, tunc et Mille
Decies. O, decolor!
o, fulgescens funus!
Fractus in particulis
evanescit Unus.
Aevi sub egelidis
ventis ipse vidi
ultimo zephyrium
Zephirum elidi.
Quo te, globosissime
numerorum, ore,
quo te canam, unice,
mortis in candore?
Satis. Scribat calamus:
«Cessat aetas Quarta».
Splendeat Quinarius.
Congeletur charta.
***
Giorno 5
Fine dei numeri
Silenzio. Pace antartica
la polka delle cose.
Su, in alto, prende i numeri
la malattia di Hansen.
Prende i grandi per primi,
uno per uno: muoiono
il Milione, poi il Cento-
mila, poi il Diecimila;
oh, trapasso incolore!
oh, strage luminosa!
Ridotto in particelle
si dissolve anche l’Uno.
Ho visto con i miei occhi
elidersi lo Zero-
zefiro sotto i venti
gelidi dell’eterno.
Con che voce dovrei
cantarti, rotondissimo,
numero unico, chiuso
nel bianco della morte?
Basta. Scriva la penna:
«Fine dell’età Quarta».
Riscintilli il Quinario.
Sia ibernata la carta.