“Sì”#3 Lettura a più voci

[Sì (seguito da Altri segni, Tertium quid, Ultimo esempio) è un libro di Alessandro Broggi, uscito per Tic edizioni, nel giugno del 2024. Come Noi, uscito per lo stesso editore nel 2021, si presenta come un libro in prosa, abbastanza breve, difficilmente classificabile. Ho chiesto ad amici e amiche autrici, di scrivere qualcosa su questo oggetto letterario non ben identificato, senza per forza la pretesa di prenderne tutte le giuste distanze critiche. Di un libro del genere, mi sembra importante già darne conto attraverso una pluralità di “esperienze” di lettura. Abbiamo cominciato con le voci di Andrea Accardi e Leonardo Canella, di Renata Morresi poi, e chiudiamo questa settimana con Laura Di Corcia. a. i.]

di Laura Di Corcia

È un libro, in fondo, sul desiderio; un libro che pare costituito da risposte, più che da domande. Un libro di esercizi di centratura. Ma anche un libro che mira a un’ecologia della mente e della scrittura di Alessandro Broggi (Tic edizioni, Roma 2024).

Sin dal titolo l’autore dichiara la sua intenzione di riconvertire, per mezzo di uno sguardo diverso, uno sguardo incentrato sul presente, il polo negativo – il dolore, che nasce dalla mancata accettazione del flusso della vita – in polo positivo; un’affermazione che fende strati e strati di preconcetti, su noi stessi e sulle leggi che governano la nostra esperienza nel mondo, per creare occhi nuovi, per rinascere al mondo. Sì, questo libro vuole porre le basi per una rinascita scandita attraverso esercizi di rieducazione al fine di disarcionare l’io e le sue pretese – i concetti di identità, la biografia fittizia che ci siamo costruiti come caparbia protezione verso il cambiamento continuo e verso la molteplicità, le unità cristallizzate e false, la storia come ricostruzione ideologica – per aprirci giorno per giorno, attimo per attimo all’esistenza come essa è, o appare, senza filtro alcuno (impresa che però, lo ammetto, personalmente trovo in egual modo illusoria, almeno parzialmente).

“Sei in uno stato di illusione se ti attendi che domani sia esattamente come l’hai immaginato, o che accada ciò che hai stabilito, lo sconosciuto è l’unica realtà, lo stare nel non sapere, uno degli spazi più scomodi per il personaggio: l’esistenza è inafferrabile, è il mistero rispetto al quale sei nel non sapere costitutivamente”.

Poi ci sono gli altri. E sono tanti, e abitano la sezione “Attività”, e sono gli altri incastrati in spazi di mondo in cui hanno deciso di abitare o chiudersi. Gli altri che si definiscono soprattutto attraverso il lavoro che hanno scelto, o che è stato scelto per loro. Gli altri che si danno ad imprese più o meno grandi, spesso e volentieri mediocri. Giancarlo Majorino parlava di “vitette”, riferendosi specialmente alla classe media che disporrebbe dei mezzi per cambiare e invece accetta supinamente e vigliaccamente il sistema. E, relativamente a questa parte del libro, che peraltro è quella più vicina ad Avventure minime, mi sembra di poter intravvedere una comunanza con il poeta milanese, ma forse Broggi aggiunge un tassello, perché gli altri che dipinge nella sezione centrale del libro sono meno vividi, rispetto a quelli che abitano le Torme di tutto di Majorino, e guardandoli riflessi mi sembra che le loro sagome combacino con la fumosa consistenza dei fantasmi. Vite con direzioni precise, il nulla al centro. Il vuoto.

Ma allora l’esistenza cos’è?  Contraddicendo in parte la prima impressione, questa domanda viene continuamente ritrattata e contrattata nello spazio di . Leggendo la parte finale del libro, si potrebbe cadere nella definizione (banale, già sentita) che solo nell’incontro con l’altro si possano  definire un senso e una direzione. Ma questo non è un libro così facilmente afferrabile. È un libro in cui l’autore, che a tratti può parere perentorio nell’affermare un senso altro che si contrappone a quello comune, si perde. E ci fa perdere. Quando pensiamo di aver arpionato qualcosa, lo abbiamo in realtà smarrito nei mille rivoli della vita.

E quindi è un libro sul farsi dell’esperienza. È un testo che si tuffa nel rapporto magmatico, mai risolto, invischiante, dell’esperienza del mondo e della coscienza che non può suo malgrado smettere di ragionare su questa relazione, sulle discrepanze fra vita e riflessione sulla stessa, sulle illusioni che intercettiamo e nelle quali inevitabilmente ricadiamo. Non c’è chiave di volta, non c’è soluzione, non ci sono più soluzioni. Ci sono risposte provvisorie, traballanti, che si perdono nel mare. Il mare, spesso presente. Lo sguardo che indaga, ragiona, si frange sulla battigia, si ritira. Come un’onda. Come tante onde.

“Perché l’esperienza che hanno del mondo è il mondo di cui hanno esperienza”.

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