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RASOTERRA #2

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)

(il merlo)

A Mommo gli orti e i campetti sono striminziti, in un secondo zampetti da una parte all’altra. E sono in pendenza, perché lì sul fianco della montagna non c’è niente che non pencoli in un senso o nell’altro, anche le case e le strade e i prati si aggrappano saldamente per non scivolare a valle. Quando li incidono per seminare il marrone è denso e fosco, poi con il sole si slava, tira quasi al grigio.
Le casone e le grandi soffitte aperte al vento sono fatte di sassi portati dal ghiacciaio, sassi crudi, grigi o beigetti, e la terra marrone del versante s’infiltra anche nel paese, formando istmi e pozzanghere. Proprio per questo tra una casa e l’altra hanno potuto incastrare una miriade di orti, sfruttano fino all’ultimo centimetro per piantare l’insalata e i pomodori e quant’altro. Ognuno è circondato da una rete metallica di questo o quel tipo, non ce ne sono due uguali: osservando dall’alto si direbbe un fantastico lavoro all’uncinetto.
Anche tra le case nuove, perché ci sono anche quelle, e non sono così belle, e anzi sono proprio bruttarelle, ci sono tanti orti, pure loro merlettati. Spesso ce n’è uno anche sopra il garage in cemento armato dove parcheggiano l’automobile, e quindi le macchine dormono sotto le biete e la cicoria. A loro volta quando partono per farsi un giro fanno piano, in modo da non disturbare nessuno.

 

 

(il lombrico)

Si dice che gli uccelli patiscono delle attività degli umani, ma nei fatti siamo ben lungi da una estinzione completa. Alcune specie particolarmente assassine traggono anzi profitto dagli sconvolgimenti causati da quegli assatanati delle arature e dei diserbanti. Bisognerebbe pensare a delle azioni contro di loro ben più efficaci, delle strategie meno aleatorie.
Si potrebbe per esempio avvelenarli in massa. Basterebbe trovare dei candidati disposti a sacrificarsi, come ce ne sono in tutte le rivoluzioni e in tutte le lotte gloriose dei popoli umani per la loro indipendenza. Sarebbe sufficiente che questi prodi combattenti si riempissero l’intestino di una pianta molto velenosa o d’un insetticida particolarmente tossico, e si mettessero in bella mostra. Sarebbe fatta. Poi potremmo finalmente vivere tranquilli.
A mio parere dovremmo eleggere per acclamazione, o insomma qualcosa del genere, i valorosi eroi che resteranno nella nostra storia. Plebiscitando i più coraggiosi, quelli che potrebbero renderci fieri, più consapevoli del nostro grande valore. Sarebbe un enorme progresso, poter vivere senza il terrore che un tetrapode fornito di becco ci acchiappi per la testa ogni volta che ci arrischiamo a uscire in superficie per cercare del cibo. E per di più avremmo dei semidei da onorare, noi che non abbiamo nessun calciatore o cantante celebre.
Il problema è che siamo molto individualisti, non sappiamo batterci tutti assieme per il nostro bene comune. Tutti parlano di ecologia e della necessità di eliminare gli uccelli, ma nessuno fa niente. Perfino i nostri cuccioli sanno che il nostro avvenire è fosco, se non ci decidiamo a prendere le misure necessarie. Ognuno di noi pensa però solo a sé stesso. Ognuno passa le sue giornate preoccupandosi unicamente del proprio stomaco e delle proprie voglie sessuali, fingendo di non sentire cosa dicono gli altri. Siamo di gran lunga troppo terra terra.

(la coccinella)

Le uova delle dorifore sono squisite. Ne spilucchi una, e poi un’altra, e un’altra ancora, non riesci proprio a fermarti. Il fatto è che sono anche molto attraenti, con quel loro colore giallo carico, che sembra ricevere la luce dall’interno, e quell’aspetto lucido e perfettamente levigato. Anche la vista è importante, quando si tratta di ghiottonerie. Per fortuna le femmine ne depongono tantissime sulla faccia inferiore delle foglie delle patate, a grappoli compatti, quindi molto spesso c’è proprio da spassarsela.
Gli umani preferiscono però le orribili escrescenze delle radici della pianta ospite, marroncine e sporche di terra, senza sapore e indigeste, insomma completamente immangiabili. Ognuno ha le sue abitudini alimentari e i suoi gusti, per carità, ma in qualche caso si fa fatica a credere che un essere dotato di una qualche intelligenza faccia una scelta del genere. Le divorano bollite, fritte, al forno, al cartoccio, in tutti i modi possibili.
Per loro è essenziale quindi che la pianta sia in una forma perfetta, in modo che le poco appetibili protuberanze si gonfino come inquietanti carcinomi. Soffrono, se vedono che anche solo una foglia è smangiucchiata. E immaginiamoci allora quando legioni di dorifore adulte e di larve partono all’attacco tutte assieme. Per loro è una catastrofe, un flagello biblico.
Dal loro punto di vista le dorifore – che noi consideriamo generose gallinelle – sono il diavolo in persona, che vorrebbe trascinarli nel suo raccapricciante inferno. Se le sognano la notte, da quanto le temono, e le tentano tutte per liberarsene. Ignoranti come sono se la prendono anche con noi, senza vedere che facciamo i loro interessi, spazzolando le batterie di uova appiccicate alle foglie. Danno per scontato che anche noi sgranocchiamo le piante, quando noi nemmeno le tocchiamo, mica siamo delle capre.

I materiali testuali e grafici che presentiamo (qui la prima puntata) sono stati elaborati nel corso della residenza artistica “Terra Alta” al Centro CA’MON (Monno, Valcamonica, 2023-2024), che terminerà questo settembre, finanziata dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura (Creating Living Lab, quinta edizione). Essi entreranno, assieme alle interviste agli specialisti di varie discipline (agroecologia, economia responsabile, arte…) che sono stati coinvolti nel progetto, in un volume in preparazione. Il direttore artistico di CA’MON è Stefano Boccalini, mentre tutte le nostre attività sono state coordinate da Elena Turetti, responsabile della progettazione, e da Marco Milzani, direttore della Cooperativa Sociale Il Cardo (Edolo, Valcamonica).

Abbiamo iniziato questo lavoro sulla terra (con la t minuscola) e i viventi, a cavallo tra arte scrittura e scienza, nella primavera del 2021, nell’immediato dopocovid, con la residenza “Panorama” (PETR Cœur des Hauts de France, DRAC Hauts de France, 2021-2022), e lo abbiamo poi continuato nell’ambito della residenza A.R.T.S (2022 – 2023) a Lilla (Ville de Lille, DRAC Hauts de France).

Elena Tognoli e Giacomo Sartori (ETGS)

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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