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RASOTERRA #1

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)

 

(il merlo)

«Per molti merli dire lombrico equivale a dire porchetta, o pollo arrosto, un qualcosa che ha un valore solo alimentare. Mi farei volentieri due lombrichetti, si sente dire, e nessuno pensa che si tratta di creature viventi, con un abbozzo di cervello e sedici cuoricini. Chi non ha testa ha gambe, si sente spesso dire, quando un verme riesce a squagliarsela, anche se forse l’espressione non è adattissima, trattandosi di animali senza gambe.
Devo confessare che io li trovo invece molto interessanti. Non si può dire che siano esseri molto espansivi, e men che meno empatici, però a ben vedere hanno una loro ctonia ieraticità, e non si perdono in chiacchiere inutili. E si danno sempre da fare, scavano e ancora scavano, mangiano e fanno i loro arzigogolati bisogni, migliorando la terra a uso e consumo delle piante, dei batteri, degli uomini, e insomma dell’ecologia. Fanno un po’ pensare alle formiche, le quali però con i loro passetti nevrotici sono sempre lì che cercano qualcosa da rubare, mentre loro non sgraffignano niente, regalano anzi alla terra le loro preziose cacchette. E non attaccano mai briga con nessuno.
Non so perché tra gli altri animali abbiano una reputazione così scadente, mentre tutti ammirano le formiche. Qualche volta mi dispiace doverli mangiare, anche se per i miei fratelli e i miei cugini, che sono sempre lì pronti a criticare, questa è pura pazzia. Fai tanto il sensibilone, e poi ti ingozzi anche tu, mi dicono.
Io non gli do retta, e mi dico che in un mondo ideale dovremmo essere tutti vegetariani, in modo da non fare male a nessuno. Il mondo però è tutt’altro che ideale, quindi se uno ha fame è normale che mangi, senza che i parenti lo critichino.»

 

(la pala eolica)

«Ho sempre adorato le tracce dei trattori sulla terra. Fanno pensare alle costole di un animale preistorico, o anche alle vertebre dei dinosauri stampate nella roccia. Si potrebbe pensare che siano tutte uguali, visto il furore di uniformizzazione che ha contagiato gli agricoltori contemporanei, e invece riescono ogni volta a stupirti con le loro imprevedibili particolarità. Possono essere lievi e sensibili, o tutt’all’opposto rozze e implacabili, oppure arzigogolate e per così dire cerebrali, o stravaganti e quasi poetiche, non si può mai sapere in anticipo. Esattamente come una frase scritta non è mai identica alle altre.
Leggendole con attenzione si capisce quello che vogliono comunicare, quello che preferiscono tenere nascosto, quello che dicono tra le righe. Molti le considerano la cosa più terra a terra che esista, e invece spesso sono struggenti. Certe serate senza vento emanano una atroce melancolia, un ardente desiderio di accedere alle verità nascoste, all’infinito. Quasi gridassero il loro desiderio di scapparsene chissà dove, chissà con chi. Secondo me bisognerebbe prenderle molto più sul serio di quanto si faccia, bisognerebbe che i critici più rinomati si consacrassero alla loro esegesi. Si scoprirebbero certo un sacco di segreti molto interessanti.
Per parte mia so bene che non posso capire tutto, che molte sfumature mi sfuggono. Sono abituata a avere a che fare con i venti, che arrivano e subito se ne vanno, senza lasciare tracce scritte. Quello che hanno da dire lo dicono con i loro fruscii e le loro sferzate, punto e basta. Qualche volta mi dico che forse mi perdo i messaggi più essenziali delle tracce dei trattori, quelli più preziosi. Giro in tondo, invece di avanzare nella comprensione.»

 

(la radice)

«Gli umani sono esseri molto singolari, hanno la mania dell’ordine e della geometria. Si fanno in quattro per organizzare ogni cosa secondo i dettami della loro logica implacabile, e anche le forme devono adeguarsi alle stesse prescrizioni. Adorano i campi perfettamente rettangolari, i solchi degli aratri paralleli come rotaie, l’erba rapata a zero, gli alberi tutti uguali, i frutti identici uno all’altro, le strade asfaltate senza l’ombra di una buchetta o d’un filo d’erba. Passano e ripassano i loro erpici sulla superficie finché la terra non ha la minima irregolarità, non sopportano il minimo difettuccio. È davvero inspiegabile, questo fanatismo dell’apparente regolarità e simmetricità.
Se non vedessero solo la facciata – è la nostra salvezza -, verrebbero a mettere ordine anche giù da noi, sotto i loro piedi. Farebbero avanzare le radici tutte dritte, come i soldati a una parata, obbligherebbero i lombrichi a scavare gallerie rigorosamente parallele, ognuna identificata con un codice a barre, raderebbero le barbe delle micorrize perché siano della stessa lunghezza, rinchiuderebbero i vari animali in gabbiette separate, ognuna con la sua bella etichettina e il suo QR Code. E metterebbero delle luci dappertutto, perché hanno la smania dell’illuminazione, anche quando non c’è alcun bisogno.
Per finire spargerebbero i loro prodotti per sterminare tutte le nostre amichette e tutti i nostri amichetti, a cominciare da quelli microscopici: la chiamano pulizia, o disinfezione, o pastorizzazione. Fortunatamente non possono vedere un bel niente sotto terra, altrimenti per noi sarebbe la fine.»

I materiali testuali e grafici che presentiamo sono stati elaborati nel corso della residenza artistica “Terra Alta” al Centro CA’MON (Monno, Valcamonica, 2023-2024), che terminerà questo settembre, finanziata dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura (Creating Living Lab, quinta edizione). Essi entreranno, assieme alle interviste agli specialisti di varie discipline (agroecologia, economia responsabile, arte…) che sono stati coinvolti nel progetto, in un volume in preparazione. Il direttore artistico di CA’MON è Stefano Boccalini, mentre tutte le nostre attività sono state coordinate da Elena Turetti, responsabile della progettazione, e da Marco Milzani, direttore della Cooperativa Sociale Il Cardo (Edolo, Valcamonica).

Abbiamo iniziato questo lavoro sulla terra (con la t minuscola) e i viventi, a cavallo tra arte scrittura e scienza, nella primavera del 2021, nell’immediato dopocovid, con la residenza “Panorama” (PETR Cœur des Hauts de France, DRAC Hauts de France, 2021-2022), e lo abbiamo poi continuato nell’ambito della residenza A.R.T.S (2022 – 2023) a Lilla (Ville de Lille, DRAC Hauts de France).

Elena Tognoli e Giacomo Sartori (ETGS)

 

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giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
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