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Spatriati

Gianni Biondillo intervista Mario Desiati

Mario Desiati, Spatriati, Einaudi, 2021

Leggevo Spatriati e pensavo al dittico di Boccioni: “Quelli che vanno”, “Quelli che restano”. Il tuo è un romanzo di stati d’animo?

Anche e soprattutto di uomini che cambiano, il senso della storia sta nel percorso dei personaggi, delle loro esistenze e delle vicende che li riguardano e non nella conclusione.

Claudia è dinamica, determinata, estroflessa. Francesco è meditabondo, passivo, introspettivo. Hai ribaltato i luoghi comuni sui generi. Per dirci che non hanno più senso?

Sinceramente non credo a un carattere omogeneo di un genere, ho provato raccontare due mondi variegati, ma non troppo diversi. Non ho mai lavorato su un carattere predefinito, provo a evitare le scalette metodologiche, ma anche i fini e gli scopi da raggiungere. In questo romanzo mentre ci lavoravo, trasferivo anche uno sguardo personale sul mondo che cambiava e metteva continuamente in gioco il processo del racconto.

Però poi Francesco parte, diventa “uno che va”. Lascia la Puglia per Berlino. Quanto i paesaggi determinano i personaggi?

Non riesco a non immaginare una storia senza le quinte di un paesaggio e senza il colore che riflette il mondo fuori al mondo interiore dei suoi protagonisti. È anche una questione di luce, mi affascina Roberto Longhi quando dice che l’artista è uno che tiene in equilibrio la luce e l’oscuro, ed in qualche modo quel che succede con i paesaggi chiari e bui in cui si muovono i personaggi di una storia.

Più un romanzo è di finzione e più è intimamente autobiografico (nonostante l’autore lo neghi). Quanto sei in Claudia e Francesco?

Gli uomini scrivono finzioni perché sono imperfetti e fatti di carne. In quella regione intermedia e terrena fatta di fantasmi inafferrabili che si trasformano in romanzi, c’è la casa di ogni scrittore. Ho riportato un’idea che appartiene a Ernesto Sábato, e che lui raccontò nello Scrittore e i suoi fantasmi. Mi affascina l’idea di quel mondo di ombre dove si muovono gli scrittori, e in ognuna di quelle ombre riconoscono qualcosa lo affascina e gli appartiene, trasformandosi nei vari personaggi della storia che prova a raccontare. Anche se la voce di Francesco assomiglia a quella di altre voci usate da me nei romanzi precedenti, ho molto avuto alcuni snodi della mia vita, simili agli stessi di Claudia. Ma sono minuzie, poco importanti ai fini di quel che poi sono diventati i personaggi.

(precedentemente pubblicato su Cooperazione, nel 2022)

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GIANNI BIONDILLO (Milano, 1966), camminatore, scrittore e architetto pubblica per Guanda dal 2004. Come autore e saggista s’è occupato di narrativa di genere, psicogeografia, architettura, viaggi, eros, fiabe. Ha vinto il Premio Scerbanenco (2011), il Premio Bergamo (2018) e il Premio Bagutta (2024). Scrive per il cinema, il teatro e la televisione. È tradotto in varie lingue europee.
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