Breviario dell’inaspettato (Kalos Edizioni) – racconti di Gabriele Ajello
Lo sparo
Il signor Roy fu distratto dal fragore di un colpo proveniente dalla strada. Non era una via trafficata, quella su cui si affacciava il suo studio, quanto piuttosto silenziosa.
Il colpo di pistola, o cos’altro fosse stato, gli fece cadere di mano la penna, che impattò sul parquet in listoni di rovere producendo un suono impercettibile. Sperava non si fosse rigato. Raccolta la penna, ancora preso dallo sparo, notò che a graffiarsi era stata invece la Parker nera. Una leggera scalfittura bianca lineava la stilografica in modo geometrico. Come era potuto accadere? Un rigo così perfetto per una caduta tanto maldestra.
Poiché ancora echeggiava il boato nelle sue orecchie, si affacciò scostando appena le tende in mussola di lino, nascondendosi circospetto. Da lì non si vedeva nulla. Era il caso di scendere giù per accertarsi se davvero qualcosa di grave fosse capitato o se il rumore secco altro non fosse stato che l’eco di un petardo lanciato da un monello del quartiere o un banale tamponamento tra autovetture a un incrocio a qualche isolato di distanza. Tanto valeva andare a vedere. In fondo era domenica e quella pausa sarebbe valsa come una passeggiata. Un calore tiepido, nonostante l’inverno, lo invitò ad allentare la presa della sciarpa attorno al collo. Il nodo lo teneva stretto. Soffriva spesso di tonsillite e sotto il cappotto ocra di astrakan indossava un cardigan di cashmere color cammello. Sembrava un uomo di sabbia. Il cappello, modello Borsalino, anch’esso scamosciato chiaro, impreziosiva il suo charme, esibito con speciale naturalezza. Si arrotolò d’istinto le punte dei baffi neri disegnati sulle labbra carnose.
Per strada tutto era ordinario. Il giornalaio tirava boccate dalla sigaretta godendosi per qualche secondo il fumo in bocca. Una signorina in scarpe da ginnastica rosa passeggiava con un cagnolino minuscolo che si affannava allo strozzo del guinzaglio. Signore al balcone stendevano panni approfittando di sparuti rimasugli di sole. Uomini in abiti eleganti tergiversavano appoggiati a un’auto d’epoca chiacchierando di facezie.
Nessuna traccia della schioppettata. E se fosse stata la sua immaginazione, o peggio un sintomo dell’invecchiamento? O ancora il bisogno di distrarsi? Propendeva per quest’ultima ipotesi.
Girato l’angolo, però, qualcosa di non abituale attirò la sua attenzione. Sul lato destro della strada, proprio sopra un marciapiede, era stato allestito un gazebo colorato su cui campeggiavano i loghi di diverse aziende locali. Dalla pizzeria, al salone di bellezza per signore, al canile comunale. Un uomo, in maniche di camicia, stava fumando una sigaretta, mentre leggeva le notizie del giorno. Teneva le gambe distese e incrociate sulla sedia di fronte a sé. Nessuna ruga sul viso. Sfogliava le pagine con destrezza. Accanto, su di un tavolino in plastica da camperista, posata con noncuranza, una pistola.
Eccola. Si illuminò con soddisfazione. La pistola c’era. Si avvicinò al chioschetto oscillando il capo, ma fissando gli occhi del giovane.
«Che si fa oggi?».
«La maratona cittadina. Ma ormai è tardi per iscriversi».
«No, grazie. Ero solo curioso».
«Il Comune ha scelto di farla di domenica per evitare le lamentele dei residenti. L’anno scorso fu organizzata di venerdì e scoppiò una rivoluzione» e rise.
«Non ricordo. Di sicuro lavoravo e non me ne sarò accorto».
«Partecipano da tutte le parti del mondo, sa? Persino dal Giappone. C’è un famoso scrittore di Tokyo che viene ogni anno».
«Davvero?» finse interesse.
«Sì, ora non ricordo il nome, ma per la corsa è tutta pubblicità».
«Lei è l’organizzatore?».
«Io? No, per niente. Sono una specie di tutto fare del Comune».
«E qui che fa?».
«Sto in postazione. Prima ho distribuito le pettorine ai gareggianti. Sono qui dalle cinque di mattina. Chi la voleva cotta e chi la voleva cruda. Qualcuno addirittura per questioni di scaramanzia voleva una pettorina con un numero scelto da lui. Cose dell’altro mondo».
«E adesso?».
«Adesso aspetto. Devo presidiare la postazione».
«E la pistola?».
Il camioncino elettrico della raccolta differenziata si fermò proprio in quel momento davanti al marciapiede di fronte. Un signore barbuto col gilet catarifrangente, non senza difficoltà, si sforzava nello svuotare il cestino pubblico pieno di sacchettini colorati usati per gli escrementi dei cani a passeggio. Alcuni si erano incrostati sul fondo e con un bastoncino metallico li raschiava via con minuzia.
«Pistola?» sorrise. «Non mi serve una pistola. Perché dovrei averne una?» proseguì con evidente imbarazzo.
«Mi scusi, intendo dire lo starter. Il colpo di pistola alla partenza che ho sentito qualche minuto fa» e indicò il tavolino in plastica a pochi metri dal custode.
L’uomo guardò proprio dove puntava l’indice del signore dopodiché tornò alla lettura del quotidiano scrollando le spalle e sussurrando tra sé «Chi la vuole cotta, chi la vuole cruda».
Il signor Roy, dopo aver scrutato con attenzione, vide che sul tavolino stava poggiato un porta-vivande in allumino, di una forma allungata, con dentro molliche e resti di quella che doveva essere stata la colazione del custode.
«Mi scusi, ma ero certo di avere sentito un boato. Pensavo allo starter».
«Non si usa più da anni nelle gare in città. C’è una specie di affare che fa un suono tipo campanella. Sa… i permessi alla Questura e tutto il resto. O almeno è quello che so».
«Quindi non c’è stato nessun…» si interruppe da solo. Salutò con un impercettibile cenno della mano e scomparve dietro il tendone.
Non c’era nessuno. Persino nella grande piazza centrale le saracinesche dei locali erano chiuse. Di solito la domenica la gente andava a fare l’aperitivo dopo essere uscita dalla chiesa. Sarà per via della maratona, si persuase. Nessuno si metterebbe di intralcio nel bel mezzo di una gara podistica.
La temperatura adesso stava scendendo insinuandosi tra le nervature delle sue articolazioni. Ebbe un tremito ai polpacci. Toltosi il cappello, inarcando all’indietro il busto quasi a perdere l’equilibrio, osservò banchi di nuvoloni umidi che annunciavano rovesci. Non vi era traccia neanche delle file ordinate di corridori.
Decise di ritornare a casa. Superò il gazebo della partenza e proseguì lungo la strada principale da cui si innervava il vicoletto dove risiedeva. Nonostante la desolazione, quella breve camminata gli fece apprezzare la sua zona. Si riempì la vista di antiche residenze in stile liberty con piante ben curate che rallegravano le finestre. Pose orecchio alla gente silenziosa protetta dalle mura domestiche. Si inorgoglì delle grondaie che conservavano l’originale fattura in rame senza aver subìto ossidazioni a causa degli anni. Gli piaceva il suo quartiere. Ci godeva a dire di vivere nel salotto della città. Salì a casa prendendo le scale, fatte due gradini alla volta facendo scricchiolare le ginocchia anchilosate. Una volta dentro raggiunse la finestra e spiò attraverso le tende. Tutto era uguale a prima.
Sedette alla scrivania per continuare ciò che aveva interrotto. Impugnò la Parker lineata e ultimò la lettera con cui presentava le proprie dimissioni alla Banca. Dopo aver preso tra le mani il foglio, osservò soddisfatto la sua calligrafia ben rappresentata dall’inchiostro nero della stilografica. Gli piaceva soprattutto la raffinatezza della sua firma.
Roy Castrense Antonio Linetti.
Mise via il manoscritto e posò lo sguardo sul tavolino radente al muro portante della stanza su cui riposavano whiskey di marca scozzese. Nel mezzo, mischiata alla collezione di pipe in noce, in radica e schiuma di mare, gli sembrò un’intrusa, seduta sul portapipe, una pistola color argento il cui scintillio era dovuto ai raggi del sole tornati a illuminare quel lembo di vita ordinaria sperduta nel centro della grande città.
Allora sì. Lo sparo fece vibrare i vetri delle case, affacciandosi alle orecchie del custode del gazebo che per un attimo si destò dalla sua inerzia guardandosi intorno, ma ritornando presto alla lettura del giornale locale alla pagina dei necrologi.
Gabriele Ajello vive e lavora a Palermo. Ha pubblicato il racconto Oscuro lucore per la raccolta Sfocature edizioni Emuse e il racconto Blackout sulla rivista on line Risme. Ha vinto la seconda edizione del Premio Queneau con il racconto L’impiegato. Breviario dell’inaspettato è il suo libro d’esordio.