Il contenitore è il suo contenuto: su “Stellare nero” di Alessandra Greco

di Antonio Devicienti

 

Contenere un centro vuoto intorno a cui ruotare e continuamente ri-articolarsi pone la questione di un pieno che ha bisogno del vuoto per assumere senso e per esistere in un moto incessante e ricorsivo che contiene segni e rimandi di diversa natura e derivazione.

Si parta da un cartoncino nero sul quale siano stampate figurazioni astrali (le stelle abbiano forma di uccelli in volo) e frasi; si effettuino delle piegature seguendo precise linee-guida, s’incolli e si chiuda ad anello – il risultato sia un caleidociclo esagonale (vale a dire tre doppi tetraedri) che si apra e si chiuda in un movimento a spirale potenzialmente infinito; tale caleidociclo si chiami Stellare nero (Benway Series, Colorno, Tielleci 2023), autrice Alessandra Greco, solido geometrico complesso, ma di pochi grammi di peso, capace di caricarsi, nello sguardo e nella mente di chi guarda e legge, d’una densità concettuale ed estetica particolarmente suggestiva che trova nel concetto di contenitore una delle sue ragioni d’essere.

Il solido ruota, pulsa e si sviluppa attorno a uno spazio “vuoto” centrale che figura il segno zodiacale dell’ariete; scrive Alessandra Greco in una delle note che accompagnano il suo lavoro: «[…] Alla base della logica caleidociclica sta l’idea geometrico-matematica di ricorsività; qui sono le parole che ritornano ciclicamente e riformulano ad ogni rotazione l’assetto narrativo del testo. // Durante le fasi di ideazione e progettazione del lavoro sono emerse numerose simmetrie legate all’ordine cosmico e alla vita dell’uomo.

L’oggetto è idealmente orientato alla Pars Orientalis della volta celeste (l’Est geografico), al punto vernale: punto in cui la traiettoria apparente del Sole sull’eclittica incontra l’equatore celeste. Il punto vernale è anche detto punto d’Ariete (perché quella era la costellazione in cui anticamente iniziava la primavera) o punto Gamma: i Greci indicavano il punto con la lettera gamma (γ) perché la sua forma ricorda la testa dell’animale con le corna che si avvolgono a spirale».

In un punto del caleidociclo è inoltre riportata una sequenza numerica afferente a un file d’immagine che rimanda alle coordinate geografiche del villaggio di Čerkassk (in Kazakistan) dove un memoriale ai caduti per la difesa della località ricorda, nelle sue forme architettoniche, il caleidociclo stesso, mentre la fauna selvatica autoctona delle regioni attorno a Čerkassk vanta gli Argali (gli arieti più grandi del mondo) e l’ariete dal manto bruno, specie che devono essere connesse alla Colchide e al mito del Vello d’oro, quindi, ancora, all’inizio della primavera, cioè alla rinascita e al riavvio dei cicli vitali.

In un altro punto si leggono i nomi di Jules Alfred Pierrot Deseilligny e di Étienne Léopold Trouvelot, astronomi e artisti francesi della seconda metà dell’Ottocento dei quali compaiono sul caleidociclo precisi riferimenti a due opere visuali dedicate rispettivamente al sole e alla superficie lunare: Stellare nero contiene, dunque, sia un centro vuoto che permette il movimento del solido conferendogli la capacità di rendere visibile la ciclicità e la ricorsività (in caso contrario ci si ritroverebbe tra le mani un oggetto immobile, “morto” da più punti di vista), sia un complesso sistema di segni (alfabetici, grafici, astronomici, numerici) che si dispongono nello spazio secondo un sistema di lettura non-gutenberghiano, ma che danno vita a successioni diverse la cui interpretazione si dirama in più direzioni, ossia quella dell’incessante metamorfosi della natura terrestre e del cosmo stesso, quella dell’armonia di carattere musicale che scaturisce dal moto e dal ripetersi-rinnovarsi dei cicli, quella del respiro e del battito cardiaco che, dall’individualità dei singoli esseri viventi, si dilatano a tutto l’esistente. È in tal senso che il relativamente minuscolo caleidociclo contiene il cosmo, le sue pulsazioni e le simbologie che le culture umane hanno elaborato nel corso dei millenni; è nella potenza espressiva ed evocatrice dei segni che è contenuto l’infinitamente grande, è nel gioco del caleidociclo (serissimo come tutti i veri giochi) che è contenuta la bellezza di una realtà in costante movimento.

il vuoto è sempre un indizio

………………………………….una specie di continua vacuità

scrive Alessandra Greco con una sorta di mise en abyme dello stesso ruotare di Stellare nero attorno al suo centro vuoto, vacuum e continuum che sembrano richiamare alla mente la śūnyatā di diverse tradizioni filosofiche e religiose indiane, vuoto necessario che contiene il pieno permettendogli di venire a esistenza, o, meglio, è il movimento ricorsivo a essere contenuto nel vuoto che, non frapponendo ostacoli, permette le differenti disposizioni dei segni (non lo si trascuri) non su di un piano a due dimensioni, ma a tre dimensioni, giungendo a un concetto di “pagina” anch’esso non-gutenberghiano o, anche, post-gutenberghiano. Ovviamente “vuoto” e “pieno” andrebbero qui intesi non secondo i parametri della fisica classica, ma quantistica, facendo cioè riferimento al concetto di campo e di probabilità e Stellare nero offre un esempio notevole di come la scrittura possa (e debba) congedarsi da un atteggiamento puramente rappresentativo e/o descrittivo ripensandosi quale elemento parte della complessità del reale e, quindi, non isolato né passatisticamente contemplativo.

Un discorso affine riguarda l’esplicita dedica di Stellare nero all’etnomusicologo Marius Schneider perché il caleidociclo, contenendo riferimenti alla musica, va considerato anche quale esplicitazione della dialettica suono-silenzio e quest’ultimo, come il vuoto al pieno, consente al suono di esistere e di articolarsi, trasferendo nel campo acustico-musicale la relazione vitale tra spazi cavi e spazi convessi.

Si legge sul caleidociclo:

Le foreste profonde sono più inclini a echeggiare     rispetto all’erba alta o alla neve | se il movimento non è corretto il suono non è limpido

| alle estremità di ogni arcata c’è un angelo che suona

uno strumento musicale di tipo diverso |

sendo rivolte in suoni  |  le stelle  |  sono tipi diversi di uccelli  |

In una trina satura di suono  |

♈ | radure del respiro | avvolto più volte | ritornante in se stesso | canto fermo ripiegato |

Naturalmente se non si ha Stellare nero tra le mani occorre fare uno sforzo d’immaginazione per riuscire a intuire come tali frasi (o versi) si compongano di volta in volta con le altre che fanno riferimento agli astri, al movimento, all’erosione della superficie terrestre e dei fondali marini, eccetera – ed è qui un altro motivo per cui la dialettica contenitore-contenuto si rivela particolarmente feconda: il caleidociclo dev’essere tenuto tra le mani, sono quest’ultime a contenere l’universo di Stellare nero e tutti i suoi rimandi, le mani con la loro disponibilità ad accogliere il caleidociclo e con la loro azione che imprime all’oggetto il movimento, ma anche lo sguardo è contenitore ché accoglie e contiene quanto di volta in volta va a rendersi visibile sulle facce del solido, solido che, nel suo muoversi e per potere muoversi, abbisogna, lo si ricordi, di un centro vuoto e che, nel suo movimento, produce il suono del cartoncino sfregato dalle mani e delle varie facce che si toccano per poi separarsi e così via.

“Giocare” con Stellare nero significa approdare a un’idea innovativa di testualità, rompere con la pagina tradizionale e con il libro di derivazione gutenberghiana, rivoluzionare il concetto di contenitore, non descrivere il vuoto, ma percepirlo in atto, non descrivere il movimento, ma coglierlo come consustanziale ai segni e al loro disporsi nello spazio-tempo del caleidociclo che aprendosi e chiudendosi contiene (ed esprime) la diastole e la sistole (καρδία scrive Alessandra Greco in un punto di Stellare nero) con un battito che è a sua volta suono vitale. La “lettura” tradizionale si trasforma in un’interazione continua (e fisica) con il contenitore-contenuto, si disloca dalla bidimensionalità della pagina nello spazio tridimensionale, accade non più secondo successioni dei testi e dei segni prestabilite (d’autore).

E non si trascuri neanche il fatto che l’aprirsi e il chiudersi ricorsivi sono sempre scanditi da un’infinitesima pausa, da un arresto pur brevissimo del movimento, da una στάσις cioè che possiede affinità sia con il vuoto che con il silenzio, una caesura in atto di cui sono segni visibili anche le numerose barre verticali ( | ) presenti nelle e tra le frasi stampate sulle facce del caleidociclo. Stellare nero rende visibile un’armonia e una bellezza che, senza vane né melense retoriche, è nei ritmi vitali del cosmo, nel loro manifestarsi in cicli e in suoni.

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Andrea Inglese (1967) originario di Milano, vive nei pressi di Parigi. È uno scrittore e traduttore. È stato docente di filosofia e storia al liceo e ha insegnato per alcuni anni letteratura e lingua italiana all’Università di Paris III. Ora insegna in scuole d’architettura a Parigi e Versailles. Poesia Prove d’inconsistenza, in VI Quaderno italiano, Marcos y Marcos, 1998. Inventari, Zona 2001; finalista Premio Delfini 2001. La distrazione, Luca Sossella, 2008; premio Montano 2009. Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato, Italic Pequod, 2013. La grande anitra, Oèdipus, 2013. Un’autoantologia Poesie e prose 1998-2016, collana Autoriale, Dot.Com Press, 2017. Il rumore è il messaggio, Diaforia, 2023. Prose Prati, in Prosa in prosa, volume collettivo, Le Lettere, 2009; Tic edizioni, 2020. Quando Kubrick inventò la fantascienza. 4 capricci su 2001, Camera Verde, 2011. Commiato da Andromeda, Valigie Rosse, 2011 (Premio Ciampi, 2011). I miei pezzi, in Ex.it Materiali fuori contesto, volume collettivo, La Colornese – Tielleci, 2013. Ollivud, Prufrock spa, 2018. Stralunati, Italo Svevo, 2022. Romanzi Parigi è un desiderio, Ponte Alle Grazie, 2016; finalista Premio Napoli 2017, Premio Bridge 2017. La vita adulta, Ponte Alle Grazie, 2021. Saggistica L’eroe segreto. Il personaggio nella modernità dalla confessione al solipsismo, Dipartimento di Linguistica e Letterature comparate, Università di Cassino, 2003. La confusione è ancella della menzogna, edizione digitale, Quintadicopertina, 2012. La civiltà idiota. Saggi militanti, Valigie Rosse, 2018. Con Paolo Giovannetti ha curato il volume collettivo Teoria & poesia, Biblion, 2018. Traduzioni Jean-Jacques Viton, Il commento definitivo. Poesie 1984-2008, Metauro, 2009. È stato redattore delle riviste “Manocometa”, “Allegoria”, del sito GAMMM, della rivista e del sito “Alfabeta2”. È uno dei membri fondatori del blog Nazione Indiana e il curatore del progetto Descrizione del mondo (www.descrizionedelmondo.it), per un’installazione collettiva di testi, suoni & immagini.
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