Il voto francese che interessa tutta l’Europa
di Andrea Inglese
A sentire qualche amico italiano, la situazione francese è davvero preoccupante, perché l’estrema destra francese non è come quella italiana, in fondo moderata e “bonacciona”, come il nostro popolo che sembrerebbe intrinsecamente inefficace anche nel fare il male. A me sembra, invece, di tremenda efficacia il governo Meloni, che per primo sancisce in Europa l’esternalizzazione del trattamento dei migranti giunti sul proprio suolo. Anzi, ancora una volta all’avanguardia del peggio, dal momento che i centri sovvenzionati in Albania per la “raccolta” dei nostri migranti possono costituire un modello da estendere ad altri paesi europei. Siamo già ampiamente fuori da un quadro di principi e di garanzie democratiche. Ma il governo Meloni non si occupa solo dei nemici esterni, ma anche di quelli interni, e quindi ecco il disegno di legge sicurezza, che prevede pene di prigione per il reato di blocco stradale con il solo corpo. Le proteste non-violente saranno punite con il carcere. Il superamento della frontiera tra democrazia e Stato autoritario è un processo per tappe. Lo si sa dalla storia novecentesca, e lo si sa ancora meglio dalla storia recentissima. È sufficiente osservate quello che è successo nella Russia di Putin. Nel 1993 la Russia si è dotata di una nuova Costituzione democratica e federale in linea con quelle delle democrazie occidentali. Dal 2000 ad oggi, ossia dalle elezioni che gli permisero di essere presidente della Russia per la prima volta al suo attuale quinto mandato presidenziale, Putin ha progressivamente imposto, nei fatti e in parte nelle leggi, un potere dittatoriale.
Le elezioni legislative francesi sono decisive anche per tutta l’Europa non solo perché il Rassemblement National costituirebbe un’estrema destra più “dura” di quella che governa attualmente in Italia, ma perché avrebbe la possibilità di cambiare ulteriormente gli equilibri europei, seguendo la via già aperta da Meloni e grazie alla maggioranza di elettori italiani. Il progetto di queste destre estreme è chiaro: distruggere spirito e forme della democrazia, nel rispetto di un’organizzazione capitalistica della società. “I nuovi fascismi si limitano a rinsaldare le gerarchie di razza, genere e classe; la strategia politica rimane quella neoliberista. La missione dei nuovi fascismi non è combattere un’opposizione inesistente, ma portare a termine il progetto politico che è alla base delle politiche neoliberiste”. È Maurizio Lazzarato che lo scrive in un libro del 2019, Il capitalismo odia tutti. Fascismo o rivoluzione (DerriveApprodi). Cinque anni dopo la sua pubblicazione, le vicende statunitensi, israeliane, italiane, francesi e più generalmente “occidentali” non fanno che confermare il nucleo delle analisi svolte in esso. Sono in disaccordo solo con l’idea che i nuovi fascismi abbiano da combattere un’opposizione inesistente. Un’opposizione esiste, e lo si vede almeno nel caso francese, che dal primo mandato presidenziale di Macron ha conosciuto un ciclo di lotte sociali estremamente duro – quasi del tutto assente, in Italia, invece. Ma queste lotte sono state represse in piazza da una gestione estremamente violenta della polizia e in parlamento da un politica di governo estremamente autoritaria. In un articolo apparso su “doppiozero” il 23 giugno, intitolato Elezioni europee: tragicommedia alla francese, ho messo in luce la strategia del tecnocrate Macron per liquidare politicamente la sinistra e puntare tutto su un duello con l’estrema destra. La strategia di Macron ha doppiamente fallito: le sue riforme anti-sociali sono state platealmente condannate dall’elettorato francese, ed è il Rassemblement National che raccoglie i maggiori risultati di questa condanna.
La situazione attuale è questa: la sinistra si è unita e ha proposto un programma che io, pur non essendo votante alle legislative in Francia, voterei. E lo dico dopo aver votato per diversi anni una sinistra italiana che, invece, non mi rappresentava. I risultati definitivi del voto, dopo il primo turno, vedono il Rassemblement National e i suoi alleati a 34,34%, il Front de Gauche a 27,99%, i macronisti a 20,04%. (Gli ultrafascisti di Zemmour non sono riusciti ad arrivare all’1%.) La sinistra ha dunque resistito e non ha perso voti rispetto alle precedenti legislative. Ora, sulla carta, ci sarebbero i numeri per creare un fronte repubblicano, in grado di sbarrare la strada all’estrema destra. La maggioranza di questo schieramento sarebbe costituito dal Front de Gauche, a cui dovrebbero sommarsi i voti dell’elettorato macronista. È quanto ha chiesto ufficialmente il primo ministro Attal, ma la proposta è venuta ancora prima dalla sinistra. Il secondo turno delle legislative, fra una settimana, prevede una serie di ballottaggi, in cui rischierebbero di presentarsi almeno tre candidature: estrema destra, unione delle sinistre e macronisti. Affinché non ci sia dispersione di voti, e viga lo sbarramento repubblicano, se il candidato o la candidata di sinistra è al terzo posto, non si presenterà e proporrà al proprio elettorato di votare per candidato/a della uscente maggioranza di governo. E così dovrebbe fare quest’ultima, favorendo una candidatura del Front de Gauche, nel caso un suo candidato o una sua candidata si trovi in terza posizione. Ma a questo punto entra in gioco la cultura politica della galassia della destra che ha sostenuto il governo Macron. Una galassia di neoliberisti convinti o moderati, che ha assimilato perfettamente l’equivalenza tra nuovi fascisti e sinistra radicale (La France insoumise), seguendo in questo la vulgata mediatica, e che quindi si sente dispensata da eseguire le indicazioni di voto del suo primo ministro. In poche parole, è molto probabile che sarà una fetta di quel 20% di voti macronisti, e una parte di candidati della maggioranza uscente che deciderà della conquista del governo o meno da parte di Bardella. Stavolta, almeno qui in Francia, i dirigenti delle sinistre non potevano fare di meglio, in termini di chiarezza e di presa di responsabilità. Quello che accadrà al secondo turno non potrà essere imputato loro. Di fronte a un pericolo estremo, hanno dimostrato coraggio e lucidità. Hanno saputo unirsi, hanno proposto un programma di sinistra e hanno accettato di fare compromessi, in grado di distinguere tra avversari politici (i macronisti) e nemici della democrazia (i nuovi fascisti). Ma anche questo il passato ce lo insegna: l’antifascismo per funzionare non può essere circoscritto ai partiti e agli elettori di sinistra.
grazie per questo “punto”, Andrea. Certo, se i macronisti non controllano il proprio elettorato, è difficile essere ottimisti. Se poi togliessimo quel “neo” da fascismi e liberismi, sembrerebbe di essere in pieno 1924, e non nel 2024. In Francia (eccetto il 1941-44) la barriera contro la destra estrema ha sempre tenuto; speriamo che almeno in questo caso la storia si ripeta.
Sul neoliberismo di sovranismi o neofascismi europei, direi che quantomeno non lo sbandierano, altrimenti non prenderebbero tutti questi voti, no?
C’è inoltre una forte (e non nuova, anzi antica) pratica della dissimulazione che in questo momento riguarda soprattutto l’estrema destra. Un’ipocrisia e nicodemismo riguardo i propri “valori” che in Italia il caso Fanpage/FdI ha evidenziato bene. Fascisti e antisemiti nell’anima, per poi simulare convinzioni democratiche e rispetto di facciata.
Vero Davide, la dissimulazione è un punto centrale, ed è centrale nell’ottica della presa del potere. Proprio oggi ho sentito un’intervista su una radio francese di uno dei dirigente dell’AfP (l’estrema destra tedesca), ed era uno sperticato elogio della scelta di Le Pen di normalizzare il partito. Un discorso estremamente chiaro: “Meglio andare un po’ verso il centro o radicalizzarsi di più? Io penso che tanto il nostro programma resta identico, quindi è meglio non fare paura alle persone. Dobbiamo diventare un partito come un altro. E puntare sulla professionalità, come nel caso di Bardella”. Ora Bardella è il caso perfetto del manichino vuoto, del golem alto, giovane, e bello, che di professionale ha solo l’assenza di cranio rasato e di croce celtica tatuata sui bicipiti. Da questo punto di vista, il caso Meloni e Le Pen fanno scuola. Sono due vie esemplari “normalizzazione” di facciata, con il semplice scopo di prendere il potere, e quindi di allargare il proprio elettorato rispetto a quelle fedele ai vecchi valori “identitari” (razzismo, nazionalismo, autoritarismo, ecc.). Ma è interessante vedere che in entrambi i casi il processo di normalizzazione è stato relativamente lungo e ha implicato delle “complicità” più o meno importanti, sia in Italia che in Francia. Ora, pero’, il duplice modello italo-francese di “normalizzazione” di facciata del fascismo è consolidato e a disposizione delle altre destre estreme.
Quanto al neoliberismo. Lazzarato avanza una tesi su cui riflettere. Non si tratta di dire semplicemente: all’interno di istituzioni internazionali animate da un’ideologia e una prassi neoliberista l’avvento dell’estrema destra al potere non scuoterà lo status quo e, dal canto loro, le forze neoliberiste, non sentendosi minacciate, daranno il via a un nuovo equilibrio rispetto a quello creato in passato con i partiti social-liberali della tradizione democratica europea. Più che un patto di circostanza, si tratta qui di un inveramento dell’ideologia neoliberista da parte dei nuovi fascismi. Solo loro possono portare a compiersi pienamente gli auspici del blocco sociale ed economico che prospera sull’organizzazione neoliberista.
Andrea, direi che stanotte possiamo essere contenti. Vive la République!
Evviva Davide! Il fronte repubblicano, che poi è un fronte antifascista, ha funzionato, e ha funzionato grazie all’unione delle sinistre e alla sua iniziativa. Ma diamo atto che la maggioranza uscente ha giocato in accordo con la sinistra. Non farlo sarebbe stata una responsabilità enorme, ma comunque l’ha fatto. Oggi gioiamo. Anche perché Meloni avrà dormito male.
Concordo pienamente con l’articolo di Andrea e anche con le puntualizzazioni del commento sopra. Il neoliberismo vede nella destra estrema di questo momento storico, una destra fascista con “la faccia buona”, lo strumento politico adatto per perseguire i suoi obiettivi. Aggiungo soltanto che in Italia, purtroppo, vedo una pericolosissima sottovalutazione di Meloni: innanzitutto è ormai chiaro che non si possa parlare né di post-fascismo né di neo-fascismo (etichette impiegate più per tranquillizzare che per raccontare un’atroce verità), ma piuttosto di fascismo e nazismo, gli stessi di cento anni fa, a giudicare dai riti e dalla propaganda che portano avanti, in circoli occulti e semiclandestini, gli elettori e i militanti di FdI; inoltre, sia la sinistra che in genere tutti gli oppositori a Meloni si rifiutano di definire apertamente fascista la sua azione politica nonostante l’evidenza dei fatti, né considerano plausibile l’instaurazione di un regime fascista. Il loro equivoco nasce dal fatto di considerare come regime fascista solo quel tipo di totalitarismo realizzato cento anni fa in Italia, ma oggi si sta formando a tappe (come dice bene Andrea) un regime fascista di nuovo stampo ma grandemente alimentato dal fascismo-nazismo di vecchio stampo. A quanto pare, non molti si stanno accorgendo di questi piccoli inesorabili passi verso la concretizzazione di questo tipo di tirannia
…”vedo una pericolosissima sottovalutazione di Meloni”
Ecco, allora non è una mia impressione. Già i due esempi che ho ricordato fanna accapponare la pelle: esternalizzazione della gestione migranti in Albania e il reato di blocco stradale con il solo corpo.
Ieri sera ho sentito alla tv francese Bardella: la retorica era di tipo gollista (il partito che unisce, il disordine degli immigrati e di Melanchon, la difesa della gente tranquilla, un governo di tutti i francesi rispettoso dell’opposizione, l’alternanza e non l’alternativa) in linea con il maquillage recente che ricorda quello di Fratelli d’Italia. Chi si è speso molto in questa operazione e ha spinto Ciotti a rompere i repubblicani e a cercare l’alleanza violando la solidarietà repubblicana è Vincent Bolloré, che conosce molto bene l’Italia. Ora personaggi del livello di Bollorè non s’impegnano in un’operazione del genere se non sanno che è gradita al mondo finanziario internazionale. La guerra ha cambiato le priorità e non solo è accetto chiunque sia contro la Russia e contro i palestinesi (se sulla seconda questione non c’è mai stato problema per Marine Le Pen, sulla prima inizio a notare quel cambiamento di toni che già si è visto due anni fa in Italia da Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia), ma in un certo senso è preferibile un partito fascista o reazionario che usa gli immigrati come capro espiatorio per le difficoltà che colpiranno le classi medie e popolari con l’avvio dell’economia di guerra. E’ la linea di Ursula Von Der Leyen e quindi della CDU tedesca, della Bundesbank e della NATO. Questo vuol dire che nei prossimi giorni Bardella riceverà qualche aiuto estero magari non esplicito, o una parte della stampa controllata dalla finanza attaccherà Melanchon che diventerà il nemico pubblico numero 1. La Francia è meno condizionabile dall’esterno dell’Italia, ma a un certo punto l’idea che un governo del RN non sarà isolato all’estero comincerà a circolare e questo è molto pericoloso.
Melanchon in Francia è già diventato da mesi il nemico pubblico numero uno. E anche i giornalisti delle televisioni di stato, quindi i più filogovernativi, non hanno cessato un attimo di bersagliare il Nuovo Fronte delle Sinistre. In Francia l’equazione è passata sul piano della comunicazione mainstream: La France Insoumise = Ressemblemant National. Ma naturalmente cio’ ha costituito l’alibi per molti a destra, per difendere un patto repubblicano rovesciato. Ultimo caso il Figaro, voce della destra conservatrice, ma mai davvero allineato sul Front Nationale. Ebbene, nell’editoriale di oggi, anche questa barriera è crollata: la raccomndazione è quella, tra La France Insoumise (e quindi il Fronte de Gauche) e l’RN di Bardella, di votare per quest’ultimo. Hai ragione: ora ci manca sola la benedizione internazionale.