Massimo Palma: «c’è un figlio di figli / di figli di schiavi»
La conta di Massima Palma è il nuovo titolo dei Cervi Volanti, la collana di scritture poetiche che curo insieme a Giuditta Chiaraluce all’interno del progetto Edizioni Volatili.
«Libri come laboratori, primi confronti, materie pensanti, montaggi e scavi attraverso la carta; libri senza profitto, in tiratura limitata, consegnati interamente agli autori e alle autrici, che ne gestiscono liberamente il transito (esoeditoria); libri evidenti nella loro invisibilità, indirizzati a chi saprà ospitarne l’implicita consegna; libri col solo intento di essere vigilie per una geografia del dopo-diluvio.»
Pubblico qui alcune pagine in anteprima. Le partiture visive sono di Giuditta Chiaraluce.
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aritmetica
attaccato alla ruota di una macchina alle propaggini del lockdown quello durissimo
alle venti del venti di maggio duemilaventi è morto a minneapolis
un uomo nero soffocato dal ginocchio
di una forza dell’ordine che era un uomo bianco e che l’ha fatto
davanti a testimoni e videocamere accese per molti minuti
sul delitto perpetrato dal corpo di polizia di nome derek chauvin
abbiamo libri articoli approfondimenti e soprattutto
abbiamo da subito i video che non l’hanno evitato
un ginocchio tenuto a lungo su un collo lo spezza anche se ripreso
e questo è successo
prima del fatto però sono accadute cose che rendono l’omicidio
ovvio ma lo fanno anche lunghissimo
è ovvio ed è lunghissimo un omicidio in capo
non a una persona sola ma all’accumulo di ere diverse
ere che rendono una terra quella che è cioè divisa da una linea di colore
che fanno la legge divisa allo stesso modo
basta pensare ai secoli
agli anni di una vita
o alle lunghe settimane trascorse
prima
da george floyd
ii
tra quelli che fuori tremano c’è un figlio di figli
di figli di schiavi che ha perso il lavoro
è uscito di casa
le sue dita sanno di dovere fumare per forza
che inspirare serve a restare tranquillo perciò l’aria
è un bene primario
uscito dalla macchina nella luce di fuori
sconta occhi lucidi
come ogni giorno come
ogni volta che assume pasticche
a dire al tempo che è vuoto
che in ogni casa un vuoto poi appare
viii
per ventiquattro minuti
è ancora cittadino
e all’inizio della conta la voce chiede
che non sparino. L’agente
uno dei sei accorsi alla chiamata gli guarda
fisso le pupille
dilata io non sparo fino all’eco
che ci arriva anche anni dopo
ma non basta che non spari
per sottostare
a lingue bianche è opportuno
dare ogni conato e vita propria
xiii
dall’altro lato a quell’uomo la terra
da sotto spinge la nuca nel gozzo
e lo tinge di bianco nessuno lo vede
ma la terra si innesta e cresce
nera questa terra che è tua che è fatta per te
la testa interrata che canta
di potere prendere fiato
e maledice
Grazie, grazie. A Massimo, che scrive ciò di cui c’è urgenza immediata, alla potenza del suo verso minimale, mi sembra di respirare meglio, dopo aver letto. Grazie anche a Cornelio per la scelta.