“Mimma” Cornelia Quarti, una vita antifascista

di Nadia Agustoni

A chi gli chiedeva, perché dopo qualche anno dalla vittoria sul nazi-fascismo e l’impegno partigiano in Giustizia e libertà, avesse lasciato l’Italia per l’Inghilterra, Luigi Meneghello, rispondeva che gli sembrava che qui non lo volessero più. Parole di profonda amarezza per chi aveva creduto in un paese migliore. “Mimma” Cornelia Quarti giovanissima antifascista e poi partigiana, nata ad Albino, paese vicino a Bergamo, per le stesse ragioni di Meneghello, vivrà dal 1948 in poi tutta la sua vita in Francia. Nel suo caso peseranno, oltre alla dispersione dei valori della resistenza, anche l’essere donna, medico e scienziata in una nazione chiusa alle istanze di libertà femminile.

In un’intervista rilasciata all’ISREC trent’anni dopo, nel 1978, Cornelia Quarti racconta la propria esperienza come partigiana e arriva a chiedersi se nell’Italia delle stragi fasciste e dei fascisti in parlamento, potrà mai cambiare qualcosa, perché dopo le grandi speranze dei movimenti antagonisti e particolarmente del movimento operaio degli anni ‘70, tutto sembrava tornare a una stasi, se non a un arretramento.

“Mimma”, nome di battaglia, veniva da una famiglia antifascista la cui casa fungeva da collegamento per il gruppo di Giustizia e libertà. Sia lei che il fratello Bruno furono nella resistenza e vicini a figure come Leo Valiani, Pertini, Parri, Del Pra. In particolare “Mimma” fu impegnata sia come staffetta che nel compito di far espatriare ebrei e militari stranieri verso la Svizzera e ricoprì anche un ruolo nella Special Force alleata.

All’inizio della sua militanza nel partito d’Azione, tradita da una spia, subirà l’arresto dalle SS italiane al comando di Gino Strohmenger. Liberata, ma solo dopo aver riportato serie lesioni e solo perché li convinse di essere una ragazza trascinata in qualcosa che non capiva del tutto dal fratello maggiore, che nel frattempo come lei ben sapeva si era messo al sicuro, si dà alla clandestinità ricoprendo ruoli sempre più impegnativi.

Nella clandestinità opererà tra Milano e la Svizzera. Questi anni, densi di pericolo e speranza, di paura e atti di coraggio quasi inimmaginabili anche per chi li compie, lasceranno su di lei un segno indelebile.

Nel primo dopoguerra, dopo una breve esperienza come giornalista, conseguita la laurea in medicina lavorerà da prima all’ospedale di Bergamo per poi emigrare a Parigi. In Francia diventerà una scienziata di rilievo e sperimenterà su di sé gli effetti di un farmaco come la Torazina.

Insignita della legione d’onore per meriti scientifici, un suo libro sui legami parentali avrà molta risonanza all’estero e porterà la dedica alla madre Maria Taino Quarti e alla compagna Anne Gruner Schlumberger.

Morirà nel 1984 e verrà, per sua espressa volontà, sepolta a Scanzorosciate vicino alla madre e ad Agnese Vitali che era stata a lungo governante in casa Quarti.

Durante la pandemia di Covid del 2020 è stato realizzato in video un monologo a due voci “La tredicesima ora” scritto da Mauro Lena e Michele Fiore e messo in scena la prima volta il 25 aprile 2013. Nel video a brani dell’intervista a “Mimma” Cornelia Quarti si alterna la voce dell’attrice Irene Martinelli.

Un breve cenno a Mimma Quarti è anche nella biografia che Benjamin Moser dedica a Susan Sontag, da cui sappiamo della sua amicizia con Nicole Stéfane Rothschild, altra figura singolare della resistenza francese e poi attrice di cinema e teatro, regista e produttrice di vari film. Si consolidava allora una solidarietà femminile in continuità con le idee di una liberazione per tutte e tutti che avvenne solo a metà.

A Scanzorosciate passo un pomeriggio a cercarne la tomba. Qualcuno ancora ne ha cura e alla memoria delle donne bergamasche nella resistenza è dedicata questa pagina:

Prospettive femminili sulla Resistenza bergamasca

Ad Albino, da anni, con l’iniziativa “impronte partigiane” si ricordano i combattenti del paese.

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,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
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