Grido, non serenata. Poesie di lotta e di resistenza

Insistendo sull’urgenza di questo 25 aprile, ospito qui alcune poesie (Ángel González, Fayad Jamís,Bertolt Brecht), di lotta e di resistenza, scelte da Erri De Luca per la raccolta Grido, non serenata, pubblicata da Crocetti. Ospito anche la sua nota introduttiva.

 

***

Questa raccolta risponde all’insindacabile opera del caso che qui si è manifestato in forma di scaffali affastellati di libri di poeti accumulati da mio padre, poi da me. Li ho sfogliati in cerca delle pagine da offrire, non più di qualche poesia per ogni poeta. La parola per me comprende femminile e maschile. L’ho imparato da Anna Achmatova che si dichiarava poeta e non poetessa. In russo le due parole sono uguali alle nostre. Sono pagine da condividere leggendole alla tavola di una sera che si prolunga e che lubrifica col vino le corde vocali. Sono poesie da dire, pronunciare aggiungendo il proprio fiato. Evito il verbo recitare che in parte le falsifica. Tra i dischi di mio padre alcuni erano incisioni di versi letti da attori. Calcavano coi toni della voce impostata, appunto: recitavano. Chi dice un verso muove anche le labbra di chi lo ha scritto. La poesia permette questa coincidenza e quella di ispirazione politica accomuna i sentimenti di giustizia di chi ha scritto e di chi legge. Qualche poeta è stato un incontro e mi ha ribadito nelle convinzioni. Qui ne cito uno soltanto, a nome dell’insieme. Ante Zemljar partigiano jugoslavo, prigioniero prima dei fascisti italiani poi dei suoi stessi compagni dopo la guerra, a causa di divergenze. Questa prigionia fu la peggiore, a spaccare pietre sopra l’Isola Nuda, a subire percosse di guardiani. Anche lì di nascosto, su carta da imballaggio di cemento e con un carboncino, scriveva dei versi veloci che nascondeva sottoterra.  Ne sono stato amico. In questa raccolta manca per difficoltà varie, ma non manca a me. Con questa nota lo segnalo a chi vorrà cercarlo.

Ne sono stato amico. In questa raccolta manca per difficoltà varie, ma non manca a me. Con questa nota lo segnalo a chi vorrà cercarlo. Ho fatto parte di una gioventù politica che aveva dalla sua la quantità numerica e l’istruzione superiore, miscela che fu allora detonante. Ho fatto parte di una massa critica intransigente e perciò avversata con l’antico sistema delle prigioni. Cerco nei poeti il grido, non la serenata. Qui ci sono quelli che mi è capitato di raccogliere durante la mia già lunga durata. Mancano arbitrariamente tutti gli altri che chi legge potrebbe aspettarsi di trovare. La scelta è tanto occasionale quanto personale, lacunosa come si addice a chi, leggendo spesso, si è fatto un’idea di quanto ha tralasciato. Non mi sono permesso di includere alla collezione una mia poesia. Resto nelle retrovie di questo libro, da addetto al suo rifornimento.

Erri De Luca

 

***

 

Ángel González
(Oviedo 1925 – Madrid 2008)

Lo sconfitto

Dietro sono rimaste le macerie:
fumanti brandelli della tua casa,
estati incendiate, sangue disseccato,
su cui s’ingrassa – ultimo avvoltoio –
il vento.

Tu ti metti in viaggio, e vai avanti
verso il tempo detto a ragione futuro.
Perché nessuna terra
possiedi,
perché nessuna patria
è né sarà mai tua,
perché in nessun paese
può radicare il tuo cuore disabitato.

Mai – ed è così semplice –
potrai aprire un cancello
e dire solo questo: “Buongiorno,
mamma”.
Anche se effettivamente il giorno è buono,
c’è grano nelle aie,
e gli alberi
stendono verso di te i loro stanchi
rami, offrendoti
frutti e ombra per farti riposare.

Traduzione di Dario Puccini

 

*

 

Fayad Jamís
(Zacatecas, Messico 1930 – L’Avana 1988)
Per questa libertà

Per questa libertà di canto sotto la pioggia
bisognerà dar tutto
Per questa libertà di essere strettamente legati
alle salde e dolci viscere del popolo
bisognerà dar tutto
Per questa libertà di girasole aperto nell’alba di fabbriche
accese e di scuole illuminate
e di terra che scricchiola e di bambino che si sveglia
bisognerà dar tutto
Non c’è alternativa se non la libertà
Non c’è cammino che la libertà
Non c’è altra patria che la libertà
Non ci sarà poema senza la violenta musica della libertà
Per questa libertà che è il terrore
di quelli che sempre la violarono
in nome di fastose miserie
Per questa libertà che è la notte degli oppressori
e l’alba definitiva di tutto il popolo ormai invincibile
Per questa libertà che illumina le pupille infossate
i piedi scalzi
i tetti sforacchiati
e gli occhi dei bambini che vagavano nella polvere
Per questa libertà che è l’impero della gioventù
Per questa libertà

bella come la vita
bisognerà dar tutto
se fosse necessario
perfino l’ombra
e non sarà mai abbastanza.

Traduzione di Marcelo Ravoni e Antonio Porta

 

*

 

Bertolt Brecht
(Augusta, Germania 1898 – Berlino Est 1956)
Mio fratello aviatore

Avevo un fratello aviatore.
Un giorno, la cartolina.
Fece i bagagli, e via,
lungo la rotta del sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno
di spazio. E prendersi terre su terre,
da noi, è un vecchio sogno.
E lo spazio che s’è conquistato
è sui monti del Guadarrama.
È di lunghezza un metro e ottanta,
uno e cinquanta di profondità.

Traduzione di Ruth Leiser e Franco Fortini

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Sara Fruner: «come spieghi la lingua / quando tocca il mondo»

È uscito per Crocetti Editore la raccolta poetica La rossa goletta di Sara Fruner. Goletta, come leggiamo nel dizionario...

Lo Spazio dell’Immagine

di Gabriele Doria
Questa storia comincia, ovviamente, con un uovo. Per essere precisi, un uovo appeso ad una grande conchiglia. L’uovo fluttua sopra una scena affollata: vediamo vecchi dalle vesti lacere e sciancate, crani spaccati, piaghe in suppurazione

Solo in poesia coincidono così gli opposti

di Pietro Cagni
Quale movimento sospinge, cosa sostiene i versi della prima sezione dei Frammenti di nobili cose di Massimo Morasso. Il poeta ha affidato al libro un’esigenza duplice: compiere...

Roma e Treja hanno in comune il mistero del nome. Intervista a Jean-Paul Manganaro

Intervista di Elena Frontaloni a Jean-Paul Manganaro   È uscito il 4 ottobre per Verdier Rome, rien d’autre, raccolta di elzeviri su...

Tommaso Ariemma: “per capire il mondo devi abbassare lo sguardo”

    È da poco stato pubblicato, per Luiss University Press, I piedi del mondo Come le scarpe Nike hanno rivoluzionato...

Franny Choi: «ricorda / tutti gli umani / sono cyborg»

  È uscito per Timeo Soft Science (Scienza Molle) di Franny Choi. Scrivono gli editori: «Franny Choi segna un’inversione di...
Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio
Giorgiomaria Cornelio è nato a Macerata nel 1997. E’ poeta, regista, curatore del progetto “Edizioni volatili” e redattore di “Nazione indiana”. Ha co-diretto insieme a Lucamatteo Rossi la “Trilogia dei viandanti” (2016-2020), presentata in numerosi festival cinematografici e spazi espositivi. Suoi interventi sono apparsi su «L’indiscreto», «Doppiozero», «Antinomie», «Il Tascabile Treccani» e altri. Ha pubblicato "La consegna delle braci" (Luca Sossella editore, Premio Fondazione Primoli, Premio Bologna in Lettere) e "La specie storta" (Tlon edizioni, Premio Montano, Premio Gozzano Under 30). Ha preso parte al progetto “Civitonia” (NERO Editions). Per Argolibri, ha curato "La radice dell'inchiostro. Dialoghi sulla poesia". La traduzione di Moira Egan di alcune sue poesie scelte ha vinto la RaizissDe Palchi Fellowship della Academy of American Poets. È il direttore artistico della festa “I fumi della fornace”. È laureato al Trinity College di Dublino.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: