Mahmud Darwish: «un altro giorno verrà»
È in uscita per Crocetti Non scusarti per quel che hai fatto di Mahmud Darwish, spesso definito “il poeta nazionale della Palestina”, scomparso nel 2008.
Ospito qui alcune poesie in anteprima.
Ho la saggezza del condannato a morte
Ho la saggezza del condannato a morte:
non possiedo niente perché niente mi possieda,
scrissi il mio testamento con il mio sangue:
“Confidate nell’acqua, oh abitanti del mio canto”.
Poi mi addormentai imbrattato e coronato dal mio
domani…
Sognai che il cuore della terra è più grande
della sua mappa,
e più chiaro dei suoi specchi e della mia forca.
Sognai una nuvola bianca che mi portava più in alto
come fossi un’upupa, e il vento le mie ali.
E all’alba fui svegliato dal mio sogno e dalla mia lingua
dalla chiamata della guardia notturna: “Vivrai un’altra
morte,
cambia le tue ultime volontà,
l’esecuzione è stata rinviata una seconda volta”.
Domandai: “Fino a quando?”.
Disse: “Aspetta ancora per morire di più”.
Dissi: “Non possiedo niente perché niente mi possieda”.
Scrissi il mio testamento con il mio sangue:
“Confidate nell’acqua
oh abitanti del mio canto!”.
Un altro giorno verrà
Un altro giorno verrà, un giorno femmineo,
alla metafora trasparente,
compiuto, diamantino, di visita nuziale, soleggiato,
fluido, allegro. Nessuno sentirà
alcun bisogno di suicidio o di migrazione.
Poiché ogni cosa, fuori del passato, è naturale e vera,
sinonimo dei suoi attributi originari.
Come se il tempo oziasse in vacanza… “Prolunga il bel
tempo
della tua grazia. Illùminati nel sole dei tuoi seni di seta,
e aspetta l’arrivo della buona novella. Poi,
potremo crescere. Abbiamo ancora tempo
per crescere dopo questo giorno…”
Un altro giorno verrà,
un giorno femmineo,
dal cenno canterino e dal saluto e verbo azzurri.
Tutto è femmineo fuori del passato,
l’acqua scorre dalle mammelle della pietra.
Nessuna polvere, nessuna siccità, e nessuna sconfitta.
E le colombe dormono in un carro armato abbandonato
quando non trovano un piccolo nido
nel letto degli amanti.
Al nostro paese
Al nostro paese,
quello vicino alla parola di Dio
un soffitto di nuvole,
al nostro paese,
quello distante dagli attributi del nome
la mappa dell’assenza,
al nostro paese,
quello minuscolo come un seme di sesamo
un orizzonte celeste… e un abisso nascosto,
al nostro paese,
quello povero come le ali di un gallo cedrone
libri sacri… e una ferita nell’identità,
al nostro paese,
quello circondato da colline dilaniate
l’imboscata di un nuovo passato,
al nostro paese, bottino di guerra,
la libertà di morire di brama e di struggimento.
Il nostro paese, nella sua notte insanguinata,
è un gioiello che brilla per le distanze più lontane
e illumina ciò che è al di fuori di lui…
Quanto a noi, dentro, soffochiamo ogni giorno di più!