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Lettera aperta

di Giovanni Anceschi e Davide Boriani

Chiusura delle sale dedicate al Gruppo T
e del quarto piano del Museo del Novecento a Milano

Dai primi giorni di gennaio il 4° piano del Museo del Novecento è chiuso al pubblico.  La sezione del Museo a cui si accedeva attraverso la passerella sospesa tra Arengario e Palazzo Reale è inaccessibile e totalmente disallestita. Non sono più visitabili le sale dedicate all’arte d’avanguardia del secondo Novecento.
Non è neppure possibile rintracciare informazioni sulla eventuale prossima riapertura e sul destino di quegli spazi. Un biglietto collocato all’entrata avvisa i visitatori che “per motivi tecnici alcune sale del percorso espositivo sono solo parzialmente visitabili”.

Le sale del museo dedicate al Gruppo T, gruppo storico di arte cinetica e programmata attivo a Milano dai primissimi anni ’60, formato da Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi e Grazia Varisco, sono state completamente smantellate. La Tricroma di Anceschi è stata restituita. I quattro “ambienti”, l’Ambiente a shock luminosi di Anceschi, l’Ambiente stroboscopico n. 4 di Boriani e l’Ambiente Strutturazione a parametri virtuali di Gabriele De Vecchi, smontati e, se non di proprietà del museo, restituiti anch’essi, come nel caso dello Spazio elastico ambiente di Gianni Colombo.
Strana è sembrata fin da subito la scelta del museo di privarsi di opere già acquisite, diminuendo di fatto il fondo che costituisce la sua ricchezza. Incomprensibile la tempistica e la fretta nel disfarsi a cavallo tra Natale e l’Epifania di quelle testimonianze preziose dell’arte cinetica e programmata. Assente qualsiasi rassicurazione rispetto ad una loro possibile nuova collocazione all’interno del museo.
Ma soprattutto è la decisione di smontare gli ambienti, allestimenti per loro natura fragili e difficilmente ripetibili, senza un progetto concreto di ricollocazione che desta le maggiori preoccupazioni.
La presenza degli ambienti del gruppo T nella Collezione Permanente costituiva un tassello fondamentale del percorso del Museo che dalla Struttura al neon di Lucio Fontana, posta alla fine dello scalone di accesso e visibile dall’esterno attraverso le vetrate dell’Arengario, portava alle sale del Gruppo T fino ad arrivare alla sala dedicata a Luciano Fabro.
Gli “ambienti” erano stati allestiti nel 2010 con l’attiva collaborazione e supervisione degli artisti, fatto che rendeva quell’allestimento irripetibile, rappresentando un’esperienza museale unica a livello internazionale.

L’arte cinetica e programmata è nata dall’impegno di artisti come Lucio Fontana e Bruno Munari in collaborazione con giovani artisti che lavoravano in gruppo (gruppo T, gruppo N, gruppo Mid, e altri). Le forme di arte nate dalla collaborazione tra artisti, sono state proposte come presa di coscienza collettiva di processi in continua evoluzione.
Critici e storici dell’arte come G.C. Argan e Umberto Eco ne hanno condiviso e difeso obiettivi e valori.

A quella che allora si configurava come evoluzione dell’arte nata in Europa, è stata contrapposta la Pop Art, importata dagli USA alla Biennale d’arte del 1964 con grande impegno di mezzi pubblici e privati allo scopo dichiarato di rendere predominanti nel sistema dell’arte modalità e interessi del mercato privato USA.
La prospettiva di facilitare lo scambio commerciale di opere ridotte a merce, ha prevalso sugli obbiettivi più complessi della ricerca interdisciplinare, dell’analisi e della risposta a bisogni emergenti sul piano collettivo, della nascita di forme di arte coerenti con lo sviluppo dei diversi saperi.
La difesa di questi valori non a caso si affianca alla difesa oggi necessaria di quei valori analoghi che qualificano l’assetto democratico della nostra società.
Le opere che vuole distruggere chi è preposto alla loro conservazione, sono realizzazioni essenziali del movimento che ha segnato l’evoluzione dell’arte italiana nel Novecento.
Ciò che è avvenuto al Museo del Novecento prefigura sostanzialmente l’affossamento dell’idea originaria da cui è nato il museo e, in generale, la rinuncia a ogni prospettiva che tenga conto dello svilupparsi dell’avanguardia artistica.

Chiediamo alla città, agli artisti, ai critici e agli intellettuali di mobilitarsi perché venga preservato un luogo amato dai milanesi, visitato dagli studenti, anche i più piccoli, e attrattivo per i turisti e gli studiosi di tutto il mondo.

Se vuoi rispondere all’appello scrivi a:
anceschi.boriani.gruppot@gmail.com

Raccoglieremo e pubblicheremo documenti e dichiarazioni di artisti, critici, intellettuali e cittadini che sono contrari o che giudicano negativa sul piano storico l’eliminazione della sezione del Museo del 900 dedicata all’arte programmata e cinetica e la distruzione degli ambienti che questa sezione raccoglie.

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2 Commenti

  1. Per ora dico subito: – intanto vogliamo il mea culpa, chi è il “mandante”, e poi chiedere scusa agli artisti – tra i protagonisti più significativi della scena artistica d’avanguardia del Novecento – per l’inettitudine. Qui saltano tutti i protocolli conquistati in anni di Storia dell’arte. Infine riparare al danno con una prospettiva degna, all’altezza di un Museo vero.

  2. Speriamo che si arrivi a sapere chi è risponsabile per questo infelice intervento di spostamenti di opere importanti e chiusura delle sale, e la motivazione per tutto questo.

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Giorgio Mascitelli ha pubblicato due romanzi Nel silenzio delle merci (1996) e L’arte della capriola (1999), e le raccolte di racconti Catastrofi d’assestamento (2011) e Notturno buffo ( 2017) oltre a numerosi articoli e racconti su varie riviste letterarie e culturali. Un racconto è apparso su volume autonomo con il titolo Piove sempre sul bagnato (2008). Nel 2006 ha vinto al Napoli Comicon il premio Micheluzzi per la migliore sceneggiatura per il libro a fumetti Una lacrima sul viso con disegni di Lorenzo Sartori. E’ stato redattore di alfapiù, supplemento in rete di Alfabeta2, e attualmente del blog letterario nazioneindiana.
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