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Il sommo revival di Tondelli – Gabriele Galligani

 

Il male della letteratura e gli altri libertini

Nel 1980 Tondelli pubblica con Feltrinelli il suo romanzo d’esordio, “Altri libertini”. Pochi mesi dopo, il libro viene sequestrato «per il suo contenuto luridamente blasfemo e osceno nella triviale presentazione di un esteso repertorio di bestemmie contro le divinità del Cristianesimo; nonché di irriferibili turpiloqui, […] onde il lettore viene costantemente stimolato verso la depravazione sessuale e il disprezzo della religione cattolica»1. Per come emerge dalla discussione processuale, tra le maggiori cause del sequestro2 è la scena del racconto “Postoristoro” nella quale Giusy, un piccolo consumatore e spacciatore di eroina, masturba il tossicodipendente Bibo nei bagni luridi della stazione di Reggio Emilia (sequenza da cui sono tratti i paragrafi che seguono):

Liza si copre la bocca, scappa indietro. Giusy regge il Bibo per i capelli, lo tira a sé, gli affonda il viso sul petto. “Non diventa duro, diocane, ehi Bibo fallo diventare duro, forza Bibo, fatti forza, stammi a sentire, guarda, è grosso, è grande, è il tuo cazzo Bibo, si gonfia, diventa duro…3

Nessun erotismo traspare nella scena. Il fine di Giusy è quasi medico: far defluire sangue al pene di Bibo per trovare una vena in cui iniettare la dose e trascinarlo fuori da una crisi d’astinenza che rischia di ucciderlo. Ma Bibo non reagisce, a segnalare la condizione di un’esistenza priva di stimoli e libido, e Giusy tenta il tutto per tutto e accompagna i movimenti della mano con racconti di immagini sessuali violente:

Ce l’ho in mano, lo sfrego cazzo, sei te questo, il tuo cazzo, hai chiavato tante fighe con il tuo cazzo, tutte le fighe del postoristoro, godevano come vacche quelle troie e sbrodavano, si contorcevano quando te glielo sbattevi dentro e le impalavi con questo cazzo forte e grande e duro, su e giù che le montavi come adesso Bibo avanti e indietro…

Dai, fallo rizzare Bibo, porcodio che succede alla tua pistola, ci hai sparato tante seghe, più seghe di tutti e come facevi coi vecchi, ehi Bibo cosa facevi coi vecchi, cazzo glielo facevi vedere ai giardini come si usa un cazzo, come facevi coi vecchi pidocchiosi? Eh, il tuo cazzo, gli sborravi davanti a quei vecchi lerci, davi spettacolo col tuo cazzo4.

Nelle interviste5, Tondelli racconta lo svolgimento del processo, di cui ricorda la linea difensiva del proprio avvocato, che convinse la Corte di come la scena in questione, lontana dal suscitare desiderio nel lettore, ottenesse lo scopo inverso, evidente dalla conclusione: anziché un orgasmo liberatorio, il dolore quasi punitivo dell’iniezione. «Dentro l’ago, zac»6.

Accusa e difesa si sono entrambe concentrate sull’atto sessuale tra i due tossicodipendenti senza soffermarsi sull’importanza, rilevata invece da Tondelli, delle parole che accompagnano la scena: racconti, immagini ed evocazioni erotiche finalizzate a risvegliare la libido necessaria per continuare a vivere.

Per delineare un’ipotesi sul ruolo di questa simulazione affabulatoria, risulta utile risalire alle ragioni di oscenità di un libro che, se oltraggioso è stato, non pare esserlo per la singola scena, quanto per qualcosa di più intangibile che aleggia in tutte le vicende narrate e che ne costituisce il nocciolo portante: una cifra che ne accomuna storie e personaggi e che si intreccia con la finzione sin dal titolo.

[…] A mio avviso, le vicende del libro richiamano i libertini e la figura del marchese De Sade anche per una ragione strettamente letteraria, che lega la loro opposizione con l’impulso a scrivere dell’autore. Non sono “libertini” perché ricercano un appagamento sfrenato del desiderio, e nemmeno soltanto perché mostrano un atteggiamento anticonformista, quanto invece perché trasudano di quel “male della letteratura” che Georges Batailles rileva (anche) negli scritti di De Sade, ossessionati dalla ricerca di una libertà inaccettabile per la società in cui vive. «Sade era uno degli uomini più ribelli e più furiosi che abbiano mai parlato di ribellione e di furia: in una parola, un uomo mostruoso, posseduto dalla passione di una libertà impossibile […] egli incarna una verità primordiale, quella del bambino che si rivolta contro il mondo del Bene, contro il mondo degli adulti e, con la sua rivolta senza riserve, si consacra al Male7». […] Questo anelito a una vita fuori dagli schemi e questa ricerca di una libertà impossibile nella società mi paiono la cifra che accomuna le storie di “Altri libertini”, nelle quali gli impulsi dei personaggi sono lontani dal configurarsi come fattori benefici e si avvicinano alla stessa rivolta del cosiddetto male che è, per Bataille, l’elemento costitutivo della letteratura: la rivolta «contro questo mondo reale, dominato dalla ragione, fondato dalla volontà di sopravvivere8».

Contro il mondo reale, della ragione e del calcolo per sopravvivere (anziché vivere), agiscono i personaggi dei sei racconti, concretizzando lo stesso rifiuto del reale che sta alla radice dello slancio creativo di chi inventa storie. Da questo punto di vista, libertini e Tondelli (personaggi e autore) trovano un punto di contatto proprio nell’oscenità di cui si “macchiano” entrambi, considerando però l’importanza cognitiva che l’autore attribuisce alla categoria dell’oscenità: «una categoria praticabile in quanto percorso di consapevolezza, come ricerca oltre i confini imposti dalle regole sociali e forse anche individuali per approdare a qualcosa di diverso»9.

Se gli altri libertini risultano osceni ed emarginati perché tentano di dare piena espressione alla loro libido (la stessa, forse, che guida la mano dello scrittore), tuttavia questo tentativo non raggiunge il suo scopo, visti gli esiti di magone, malinconia e vuoto a cui conduce nel libro in tutte le vicende narrate.

Nei sordidi bagni del postoristoro, del resto, Giusy ha bisogno di costruire una finzione per risvegliare in Bibo una libido non finalizzata a scopi liberatori (lo stesso avvocato aveva dimostrato che l’effetto della scena era l’opposto), ma indirizzata ad un consumo utile solo a prolungare la sopravvivenza ed evitare sofferenze. Il fatto che Giusy ricorra alla costruzione di una finzione narrativa per mettere in scena immagini pornografiche, può fungere da spia nel segnalare la dipendenza nei confronti di una seconda sostanza intossicante: la simulazione dello spettacolo cui si aggrappano tutti i personaggi di “Altri libertini” per comprendere e comunicare le proprie esperienze.

1O. Campofreda, Dalla generazione all’individuo. Giovinezza, identità, impegno nell’opera di Pier Vittorio Tondelli. Con due inediti tondelliani, Mimesis, Sesto San Giovanni (MI) 2020, p. 67.

2Tondelli afferma: «Le pagine che riguardano quella sequenza travolgente di parole sono quelle che hanno portato il libro in tribunale». In F. Panzeri (a cura di), Viaggiatore solitario. Interviste e conversazioni 1980 – 1991, cit., p. 71.

3P.V. Tondelli, Altri libertini, Feltrinelli, Milano 2015, p. 32.

4Ibidem

5In F. Panzeri (a cura di), Viaggiatore solitario. Interviste e conversazioni 1980 – 1991, cit., p. 71.

6P.V. Tondelli, Altri libertini, cit., p. 33.

7G. Bataille, La letteratura e il male, SE, Milano 1997, p. 20.

8G. Bataille, La letteratura e il male, SE, Milano 1997, p. 19.

9F. Panzeri (a cura di), Viaggiatore solitario. Interviste e conversazioni 1980 – 1991, cit., pp. 72-73.

 


Gabriele Galligani è insegnante di Lettere. “Transagonistica”, suo romanzo d’esordio, è pubblicato da Battaglia Edizioni.

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